CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 novembre 2021, n. 36213
Tributi – Accertamento – Studi di settore – Presunzioni – Legittimità – Gestione antieconomica dell’impresa – Reddito esiguo a fronte di notevoli costi
Ritenuto che
La CTR della Calabria, sezione distaccata di Reggio Calabria, con sentenza nr 2875/2018, rigettava l’appello dell’Amministrazione finanziaria avverso la pronuncia di Reggio Calabria che aveva accolto il ricorso della società B. Automobile Logistic Italy S.r.l. avente ad oggetto un avviso di accertamento emesso sulla base degli studi di settore ai sensi dell’art 62-bis del D.L. 1993 nr 331 convertito in legge 2003 nr 427 con cui erano stati determinati maggiori ricavi presunti ai fini Iva, Ires ed Irap, oltre sanzioni e interessi.
Il Giudice di appello rilevava che l’accertamento dell’Ufficio era basato unicamente sugli studi settore con una indicazione di studio specifico comunque non perfettamente attinente all’attività svolta dal contribuente.
Osservava che quantunque lo scostamento dei ricavi rispetto al risultato degli studi di settore possa essere posto a base dell’accertamento , era necessario tenere nel debito conto le considerazioni del contribuente in grado di mettere in dubbio l’affidabilità dello strumento di indagine utilizzato.
La CTR riteneva che le perdite subite dalla società potevano essere attribuite alle difficoltà iniziali incontrate dalla contribuente ed alla limitatezza degli spazi accordati rispetto a quelli da quest’ultima richiesti in previsione dell’esercizio ottimale nella propria attività.
Inoltre sottolineava che l’attività del contribuente era soggetta a controllo dell’Ufficio doganale e che nessun rilievo era stato mosso in merito alla regolarità delle scritture contabili.
Avverso tale pronuncia l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resiste con controricorso la contribuente illustrato da memoria .
Considerato che
Con il primo motivo si denuncia la motivazione apparente , della violazione dell’art. 132. nr 4, secondo comma c.p.c in relazione all’art. 360 primo comma nr 4 c.p.c. per non avere la CTR spiegato gli analitici rilievi evidenziati dall’Ufficio nel proprio atto d’appello relativamente alle notevoli perdite reiterate negli anni e alla complessiva gestione antieconomica dell’impresa.
Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli art. 2729 e dell’art 2697 c.c. in relazione all’art. 39 del D.P.R. nr 600/1973 e all’art. 62/bis e dell’art. 62/sexies, comma terzo del D.L. 1993 nr 331 e con riferimento all’art. 360 comma primo nr 3 c.p.c. per avere ritenuto il giudice di appello lo studio di settore applicato dall’Ufficio non del tutto aderente all’attività svolta dalla contribuente e per avere affermato che l’Amministrazione avrebbe dovuto tenere conto di tutte le affermazioni esposte dalla contribuente.
In buona sostanza, l’Amministrazione finanziaria si duole del fatto che la CTR non avrebbe tenuto conto dell’intero contenuto dell’avviso di accertamento, laddove emergono con chiarezza le ragioni per le quali, a fronte di una gestione palesemente antieconomica, sarebbero state disattese le osservazioni proposte dalla società contribuente.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
La sentenza impugnata, ha esposto, in modo sufficientemente intellegibile, gli argomenti che l’hanno portata a confermare l’illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato, sia sotto il profilo formale dell’inidoneità della motivazione in relazione alle giustificazioni offerte dal contribuente riguardo allo scostamento rilevato, sia in ordine al riparto dell’onere della prova, avendo chiarito che le risultanze degli studi di settore sono idonee ad integrare presunzioni semplici che la CTR ha ritenuto superate dalle argomentazioni difensive svolte dalla società e non tenute nel debito conto dall’Amministrazione finanziaria.
Si esula, pertanto, dall’ambito del difetto assoluto di motivazione, ovvero della motivazione apparente, nei termini chiariti più volte della giurisprudenza di questa Corte in materia (tra le molte, Cass. SU 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. SU 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053).
Il secondo motivo è fondato.
Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la procedura di accertamento attraverso gli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni che si forma procedimentalmente all’esito del contraddittorio, che è finalizzato, appunto, a verificare l’applicabilità dello specifico standard dello studio di settore al caso concreto oggetto di accertamento.
In particolare, i c.d. studi di settore introdotti dal D.L. n. 331 del 1993, artt. 62-bis e 62-sexies, direttamente derivanti dai “redditometri” o “coefficienti di reddito e di ricavi” previsti dal D.L. 2 marzo 1989, n. 69, convertito in L. 27 aprile 1989, n. 154, idonei a fondare semplici presunzioni, sono da ritenere supporti razionali offerti dall’Amministrazione al giudice, paragonabili ai bollettini di quotazioni di mercato ai notiziari Istat, nei quali è possibile reperire dati medi presuntivamente esatti. Pertanto, i dati in tal modo presunti possono essere utilizzati dall’ufficio anche in contrasto con le risultanze di scritture contabili regolarmente tenute, finchè non ne sia dimostrata l’infondatezza mediante idonea prova contraria, il cui onere è a carico del contribuente (Cfr. n. 15344 del 2019; Cass. n. 18666 del 2016; n. 5977 del 2007, n. 26919 del 2006).
Invero, la circostanza che il ricorrente a fronte di notevoli costi, dichiari un reddito esiguo, costituisce una condotta commerciale anomala, di per sé sufficiente a giustificare da parte dell’erario una rettifica della dichiarazione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, a meno che il contribuente non dimostri concretamente la effettiva sussistenza di validi motivi per porre in essere un comportamento palesemente antieconomico.
Il che non si traduce in un sindacato sulle scelte imprenditoriali, ma consente di presumere l’esistenza di proventi non dichiarati, correttamente desunta dalla abnormità, ed irragionevolezza dei dati dichiarati, che lasciando presupporre una attività gestionale antieconomica, induce, logicamente, a ritenere complessivamente inattendibile la documentazione. In tali casi, pertanto, è consentito all’ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici -purchè gravi, precise e concordanti- un maggior reddito di impresa. Va, quindi, ribadito il principio per cui “un comportamento del contribuente palesemente antieconomico costituito da un rilevante rapporto deficitario tra valore complessivo dei costi sostenuti e i ricavi dichiarati integra le gravi incongruenze che legittimano l’applicazione degli studi di settore” (Cass. n. 18666 del 2016); a fronte di condotte aziendali che risultano in netto contrasto con le leggi del mercato, compete, infatti, all’imprenditore dimostrare, in modo specifico, che la differenza negativa tra costi di acquisto e prezzi di rivendita, emersa dalle scritture contabili, non è dovuta all’occultamento di corrispettivi, ma trova valide ragioni economiche che la giustificano (ex pluribus, Cass. n. 80681/2010; n. 11242/2011; Cass. n. 33279 del 2018).
Ciò posto nel caso di specie, il contraddittorio preventivo è stato attivato; la parte, ha avuto modo di rappresentare le proprie giustificazioni e l’ufficio, diversamente da quanto affermato dalla CTR ,ha puntualmente analizzato gli elementi giustificativi addotti dalla contribuente, come emerge dall’avviso di accertamento debitamente riportato nel corpo del ricorso in ossequio al principio dell’autosufficienza, ritenendoli inidonei a superare per la mancanza di elementi di prova concreti quella gestione antieconomica protrattasi per un lungo arco temporale ( 5 anni) .
Peraltro, il metodo di accertamento contemplato dal D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies convertito con L. n. 427 del 1993, è soltanto uno degli strumenti utilizzabili dall’amministrazione finanziaria per accertare in via presuntiva, al cospetto di una contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile, il reddito reale del contribuente. Quest’accertamento, infatti, ben può essere condotto anche sulla base del riscontro – nella specie operato in base agli elementi presuntivi indicati in narrativa – di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta. Sicchè, anche a prescindere dagli studi di settore, è ben possibile all’amministrazione far leva su tali incongruenze a fini accertativi, essendo le stesse di per sè idonee ad evidenziare che le condizioni economiche della società presentano caratteristiche di stranezza, o comunque di singolarità, tali da renderle immediatamente percepibili come inattendibili secondo la comune esperienza (tra varie, Cass. 24 settembre 2014, n. 20060; n. 6951 del 2017; 2021 nr 9614);
Così perimetrato l’alveo applicativo sulle regole di accertamento riconducibili agli studi di settore, ne caso di specie l’Ufficio ha criticato la decisione, perchè si è limitata a valorizzare come veri e propri elementi di prova delle semplici affermazioni della società contribuente ( le difficoltà iniziali dell’attività,la limitatezza degli spazi accordati e l’assoggettamento al controllo doganale).
Sulla base di quanto esposto l’Ufficio è pervenuto alla rideterminazione del reddito d’impresa (dipendente da un sottodimensionamento dei ricavi) all’esito della stima dei ricavi medesimi alla stregua degli studi di settore, con l’emersione, in definitiva, dell’antieconomicità della gestione dell’attività de qua (Cass. n. 22749 del 2020).
In questo quadro gravava sulla contribuente l’onere di dimostrare, attraverso informazioni ricavabili da fonti di prova acquisite al processo con qualsiasi mezzo, la sussistenza di circostanze di fatto tali da far discostare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento e giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale in virtù di detta procedura (v. Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 769 del 15/01/2019 Rv. 652188 – 01).
Ciò premesso la CTR non si è conformata a tali principi ed ha invece erroneamente ritenuto superato il quadro presuntivo dedotto dall’Ufficio a conforto della tipologia di accertamento applicata senza tuttavia rilevare le ragioni per le quali la società avrebbe sopportato per cinque anni costi inutili (assunzione di personale in eccesso) in attesa di un aumento di superficie utilizzabile per lo stoccaggio .
L’assunzione di personale in eccesso ( 5761 lavoratori a tempo parziale), come emerge dallo studio di settore presentato dalla società appare non giustificata in assenza di una dimostrazione da parte della società di utilizzare ulteriori aree in rapporto alla richiesta di supporto logistico.
La sentenza va cassata e rinviata alla CTR della Calabria,sez distaccata di Reggio Calabria, in diversa composizione per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il II motivo di ricorso, rigetta il primo ; cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR della Calabria, sez. distaccata di Reggio Calabria, in diversa composizione per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese di legittimità.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 25 maggio 2021, n. 14294 - Un comportamento del contribuente palesemente antieconomico costituito da un rilevante rapporto deficitario tra valore complessivo dei costi sostenuti e i ricavi dichiarati integra le gravi…
- CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE - Sentenza n. 932 sezione 4 del 21 novembre 2018 - Non viola la normativa europea l'istituto degli studi di settore che a fronte di gravi divergenze tra i redditi dichiarati ed i redditi stimati sulla base di studi di settore, di…
- COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Lazio sentenza n. 2467 sez. III depositata il 18 aprile 2019 - E' legittimo l'accertamento in presenza di un comportamento del contribuente manifestamente ed inspiegabilmente antieconomico, evidenziando come, in presenza…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 16 marzo 2021, n. 7382 - L'Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare ma intrinsecamente inattendibile per l'antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 ottobre 2020, n. 22185 - In materia di IVA, l'Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile per l'antieconomicità del comportamento del contribuente, può…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 ottobre 2018, n. 26086 - L'Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile per l'antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Antiriciclaggio: i nuovi 34 indicatori di anomalia
L’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) con il provvedimento del 12 maggio 202…
- La non vincolatività del precedente deve essere ar
La non vincolatività del precedente deve essere armonizzata con l’esigenza di ga…
- Decreto Lavoro: le principali novità
Il decreto lavoro (decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023 “Misure urgenti p…
- Contenuto dei contratti di lavoro dipendenti ed ob
L’articolo 26 del decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023 ha introdotti impo…
- Contratto di lavoro a tempo determinato e prestazi
L’articolo 24 del decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023 ha modificato la d…