CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 novembre 2022, n. 34445
Licenziamento collettivo – Lavoratori con mansione di guardia giurata – Licenziamento di addetto alla reception – Insussistenza del fatto posto a base del recesso – Tutela reintegratoria
Rilevato che
1. La Corte di appello di Messina, con la sentenza n. 76/2020, in riforma della pronuncia emessa dal Tribunale della stessa sede l’8.10.2019, ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento irrogato a C.M., con lettera ricevuta in data 24.11.2017 dalla K. spa all’esito della procedura di mobilità, per manifesta insussistenza delle ragioni addotte e, per l’effetto, ha ordinato alla società di reintegrare il lavoratore in servizio e a versargli una indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal licenziamento sino alla effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, oltre alla regolarizzazione dei contributi previdenziali ed assistenziali.
2. Per quello che interessa in questa sede i giudici di seconde cure, dopo avere riportato tutto l’iter della procedura di mobilità, hanno evidenziato che con formale comunicazione, ai sensi dell’art. 4 co. 9 legge n 223/91, era stata indicata la graduatoria dei lavoratori da licenziare, aventi tutti la mansione di guardia particolare giurata e con esclusione di quelli in possesso della speciale abilitazione di addetto alla vigilanza aeroportuale rilasciata dall’ENAC; che con atto del 20.10.2017, l’azienda aveva comunicato una rettifica della suddetta graduatoria in cui risultava inserito, per la prima volta, anche il C. che rivestiva la qualifica di addetto alla reception; che tale nuova rettifica di graduatoria, eseguita dopo la chiusura del procedimento, era al di fuori della procedura di licenziamento collettivo anche perché coinvolgente qualifiche in relazione alle quali non vi era stato alcun confronto sindacale; che la tutela da accordare, stante la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento da considerare per giustificato motivo oggettivo, era quella reintegratoria di cui all’art. 18 co. 4 legge n. 300/70.
3. Avverso la decisione di secondo grado proponeva ricorso per cassazione la K. spa affidato a due motivi cui ha resistito con controricorso M.C. che ha depositato anche memoria.
Considerato che
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 4 e 5 della legge n 223/91, in relazione agli artt. 2697 e 2103 cc, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per avere la Corte di appello ritenuto che i criteri di scelta dovessero essere applicati soltanto ai lavoratori per le cui qualifiche era stato dichiarato l’esubero e non anche ai lavoratori svolgenti mansioni alle quali i lavoratori impiegati nei profili eccedenti avrebbero potuto essere adibiti.
3. Con il secondo motivo si censura la violazione dell’art. 4 co. 3, dell’art. 5 co. 3 e dell’art. 24 della legge n. 223/1991 dell’art. 18 co. 4 e 7 della legge n. 300/1970, nonché degli artt. 3 e 11 della legge n. 604/1966, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per avere la Corte di appello applicato la tutela di cui all’art. 18 co. 4 (e non dell’art. 18 co. 7 che richiama il precedente co. 5), pur avendo ritenuto sussistente un vizio della comunicazione (e non un’errata applicazione dei criteri di scelta), nonché per avere applicato il concetto di “manifesta insussistenza delle ragioni addotte” per reintegrare controparte, pur trovandosi in presenza di un licenziamento collettivo, e non di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
4. Il ricorso è inammissibile, così come già statuito con la ordinanza di questa Corte (n. 6666/2022) relativa ad una vicenda analoga a quella del presente procedimento e alla quale il Collego si riporta.
5. Entrambi i motivi, infatti, non colgono il segno della ratio decidendi della gravata sentenza che ha ritenuto illegittimo il licenziamento del C. perché era stato incluso, nella graduatoria, personale con qualifica diversa da quella di guardia giurata (che era stato oggetto della procedura di licenziamento collettivo) e perché il recesso, da considerare per giustificato motivo oggettivo, si fondava su di un fatto manifestamente insussistente, con il riconoscimento della conseguente tutela ex art. 18 co. 4 legge n. 300 del 1970.
6. A fronte di tale impianto decisorio, le doglianze della ricorrente si manifestano non pertinenti perché la Corte territoriale, a differenza di quanto ritenuto con il ricorso ha specificato che nella procedura di mobilità non si era provveduto ad includere tra i lavoratori in comparazione anche i dipendenti addetti al front-office o ai servizi di portierato e, quindi, non essendo stato espletato all’interno della procedura stessa un confronto con le organizzazioni sindacali e con gli organi a ciò deputati, la questione della fungibilità di tali profili professionali, con quelli delle guardie particolari giurate, non poteva assumere alcun rilievo.
7. Con riguardo a tale assunto, è chiaro che la censura, con la quale si lamenta che i criteri di scelta avrebbero dovuto riguardare anche i lavoratori svolgenti mansioni alle quali i lavoratori impiegati nei profili eccedenti potevano essere inclusi, non è conferente perché non affronta la problematica circa la omissione della fase del preliminare confronto sindacale sulla estensione del personale che non rivestiva la qualifica di guardia giurata.
8. Analogamente, con riguardo alla tutela applicata, il motivo non si confronta con l’impianto motivazionale basato sul ragionamento secondo cui, vedendosi in ipotesi, in sostanza, di un licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, non si poneva un problema di vizio della comunicazione finale, ma di manifesta insussistenza del fatto posto a base del recesso.
9. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
10. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che si liquidano come da dispositivo, con distrazione.
11. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del difensore del controricorrente dichiaratosi anticipatario. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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