CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 ottobre 2018, n. 26734
Dichiarazioni reddituali – Accertamento – Credito IVA – Notificazione – Omessa/tardiva presentazione della dichiarazione – Termini
Ragioni della decisione
La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del di. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016, osserva quanto segue;
Con sentenza n. 2570/1/2016, depositata il 3 maggio 2016, notificata il 13 maggio 2016, la CTR della Lombardia rigettò l’appello dell’Agenzia delle Entrate nei confronti della società G.I.D. Italia S.r.l. avverso la sentenza della CTP di Milano, che aveva accolto il ricorso della contribuente avverso cartella di pagamento con la quale, in sede di controllo automatizzato ex artt. 36 bis del d.P.R. n. 600/1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633/1972 sulla dichiarazione dei redditi di cui al modello Unico /2009, l’Amministrazione aveva disconosciuto un credito IVA, pur inserito nella dichiarazione 2008, perché tardivamente presentata e da ritenersi dunque, secondo l’Amministrazione, omessa.
Avverso la sentenza della CTR l’Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, cui la contribuente resiste con controricorso.
1. Con l’unico motivo la ricorrente Agenzia delle Entrate denuncia «Violazione e falsa applicazione dell’articolo 54 bis del d.P.R. n. 633/1972 (in material di controllo formale automatizzato delle dichiarazioni), nonché degli articoli 30 e 55 del d.P.R. n. 633/1972, in relazione all’articolo 360, n. 3, cod. proc. civ.», nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto legittimo il computo in detrazione dell’imposta dovuta per l’anno successivo del credito IVA riferito all’anno 2007, sebbene la dichiarazione per l’anno 2008 (presentata il 30 dicembre 2008) fosse stata tardiva e dunque da ritenersi omessa.
1.1. Il motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 360 bis, n. 1, c.p.c. (cfr. Cass. sez. unite 21 marzo 2017, n. 7155).
Le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. 8 settembre 2016, n. 17757; in senso conforme, più di recente, tra le altre, Cass. sez. 5, 23 febbraio 2018, n. 4392; Cass. sez. 6-5, ord. 3 aprile 2018, n. 4392), hanno affermato il principio secondo il quale «La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili».
1.2. Nella fattispecie in esame la CTR ha accertato, con statuizione non censurata dall’Ufficio, che sono stati osservati dalla contribuente gli obblighi sostanziali per la detrazione, detta circostanza non essendo stata oggetto di contestazione da parte dell’Ufficio.
1.3. Avendo dunque la sentenza impugnata pronunciato in conformità al summenzionato principio di diritto e non essendo stati esposti nuovi argomenti idonei a determinarne il superamento, il ricorso, basato sull’unico motivo dinanzi esaminato, deve essere dichiarato inammissibile.
2. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
3. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1- quater del d.P.R. 30 maggio 2012, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti.