CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 settembre 2022, n. 27899
Professionista – Avvocato – Obbligo di iscrizione alla Gestione separata – Insussistenza – Requisito dell’abitualità – Onere della prova – Omessa allegazione
Rilevato che
1. La Corte d’appello di L’Aquila con la sentenza n.76/2020 ha respinto l’appello dell’INPS, confermando la pronuncia di primo grado con cui era stata accolta la domanda di V. F. e dichiarata l’insussistenza dell’obbligo di iscrizione alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, 1. n. 335/1995, in relazione all’attività libero professionale dalla medesima svolta negli anni 2009 quale avvocato iscritto all’Albo Forense ma non alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense, in ragione del mancato conseguimento del reddito nella misura utile per l’insorgenza del relativo obbligo.
2. La Corte territoriale ha ritenuto che il dato contabile della percezione, negli anni oggetto di causa, di redditi di importo inferiore ai 5.000,00 euro costituisse un chiaro indice della natura occasionale (rectius, non abituale) dell’attività, anche in assenza di prova, gravante sull’Inps, circa l’abitualità dell’attività..
3. Avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso per cassazione; l’avv.V. è rimasto intimato.
4. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto dì fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
Considerato che
5. Con unico motivo di ricorso l’INPS ha dedotto violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, commi 26 -31, della legge n. 335/1995, dell’art. 18, commi 1 e 2, d.l. n. 98/2011, conv. con mod. dalla legge n. 111/2011, dell’art. 21, comma 8, della legge n. 247/2012, dell’art. 44, comma 2, dl. 269/2003, conv. con mod. dalla I. 326/2003, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c..
6. Ha ribadito l’obbligo di iscrizione alla gestione separata per gli avvocati (per i quali non sorga l’obbligo di iscrizione alla cassa forense) che svolgono in modo abituale l’attività professionale, in base al disposto dell’art. 2, comma 26, I. 335 del 1995 cit., come interpretato autenticamente dall’art. 18, comma 12, d.l. 98 del 2011 cit., non venendo in considerazione l’art. 44, comma 2, d.l. 269 del 2003 cit., che disciplina la diversa ipotesi del lavoro occasionale.
7. Ha sostenuto che nel caso di specie, in base al dato pacifico secondo cui l’attuale controricorrente svolgeva la professione di avvocato e in mancanza di contestazione sul requisito di abitualità, la Corte di merito avrebbe dovuto affermare il diritto dell’Istituto alla contribuzione pretesa.
8. Il ricorso è infondato.
9. Questa Corte ha affermato che l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Gestione separata da parte di un professionista iscritto ad albo o elenco è collegata all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento; la produzione di un reddito superiore alla soglia di euro 5.000,00 costituisce invece il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità (Cass. n. 4419 del 2021; n. 12419 del 2021; n. 12358 del 2021).
10. Dirimente, ai fini dell’obbligo di iscrizione alla Gestione separata, deve considerarsi, secondo le sentenze richiamate, il modo in cui è svolta l’attività libero-professionale, se in forma abituale o meno; con la precisazione che nell’accertamento in fatto del requisito di abitualità possono rilevare “le presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività” oppure, in senso contrario, “la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore ad euro 5.000,00”, senza che nessuno di tali elementi possa di per sé imporsi all’interprete come univocamente significativo.
11. Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha valorizzato, quale indice negativo di abitualità, la sola percezione da parte dell’avvocato nell’anno in esame di un reddito inferiore al limite dei 5.000,00 euro, ma ha altresì statuito l’assenza di elementi di prova, il cui onere di allegazione è a carico dell’Inps, circa l’abitualità eventuale dell’attività in questione. Si tratta di valutazione di merito non confliggente con le disposizioni richiamate e quindi estranee al vizio di violazione di legge invocato. Il motivo deve essere disatteso ed il ricorso dichiarato inammissibile.
Nulla per le spese.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228, ove dovuto.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
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