CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 agosto 2018, n. 21106
Accertamento – Imposte dirette – IRPEG – Società non operativa – Dichiarazione dei redditi
Rilevato che
1. Immobiliare B.P. s.r.l. impugnava l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato la dichiarazione IRPEG per l’anno 2003, sul presupposto che la società dovesse essere qualificata come non operativa, ai sensi dell’art. 30 della I. n. 724/1994. Nell’avviso si rilevava: che la s.r.I., pur avendo ad oggetto l’acquisto, la vendita, la permuta e le valorizzazione di beni immobili, aveva svolto esclusivamente attività di locazione dell’unico immobile di cui era proprietaria, acquistato dopo sette giorni dalla sua costituzione e mai posto in vendita; che pertanto il bene, che nel bilancio societario figurava quale voce dell’attivo circolante, avrebbe dovuto essere appostato fra le immobilizzazioni materiali; che, operata la riclassificazione, ricorrevano i presupposti in base ai quali Immobiliare B.P. doveva presumersi società di comodo, atteso che l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi, delle rimanenze e dei proventi risultanti dal conto economico risultava inferiore alla somma degli importi che si ottenevano applicando 1% del valore dei beni indicati nell’articolo 53 del Tuir, il 4% del valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e il 15% del valore delle altre immobilizzazioni, con conseguente rideterminazione del maggior reddito imponibile.
2. La commissione tributaria provinciale di Sondrio accoglieva il ricorso. L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la decisione era respinto dalla commissione tributaria regionale della Lombardia, la quale – premesso che il bilancio di una società di capitali fa fede fino a querela di falso della corrispondenza al vero di quanto in esso appostato e che, ai fini della sua riclassificazione, é necessario il preventivo esperimento di un’azione penale che ne accerti la falsità totale o parziale – riteneva che in assenza, nella specie, di tale accertamento, e posto che il bilancio di Immobiliare B.P. era stato redatto secondo i criteri dettati dal codice civile, l’Ufficio non potesse modificare le registrazioni contabili e considerare immobilizzazione ciò che per l’azienda era un bene.
3. Avverso la sentenza della CTR, depositata I’11 febbraio 2010, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo. La contribuente si è costituita in giudizio con controricorso.
Considerato che
1. Con l’unico motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione agli articoli 30 della I. n. 264/1994, 3, comma 45 della I. n. 662/1996, 39 del d.P.R. 600/1973, 54 del d.P.R. 633/1972, 2423, 2423 bis, 2621 e 2700 cod. civ.. Sostiene che la CTR ha fatto scorretta applicazione delle norme citate, in quanto il bilancio non proviene da pubblico ufficiale e non fa fede fino a querela di falso, cosicché la sua correttezza e veridicità può essere contestata dall’Agenzia delle entrate senza che ne sia previamente accertata la falsità in sede penale o civile.
2. Il motivo è fondato.
Gli amministratori della società, cui spetta di redigere il bilancio secondo le norme di cui agli artt. 2423-2426 cod. civ., non rivestono la qualità di pubblici ufficiali e tanto basta ad escludere che il bilancio sia annoverabile fra gli atti che, ai sensi dell’art. 2700 cod. civ., fanno piena prova, sino a querela di falso, della corrispondenza al vero delle attestazioni che vi sono contenute. Al contrario, l’art. 2379 c.c. consente a chiunque vi abbia interesse di impugnare la delibera di approvazione del bilancio, entro tre anni dalla sua iscrizione, per ottenerne l’annullamento, chiedendo al giudice di valutare se l’atto sia stato o meno redatto in conformità dei principi inderogabili di verità e chiarezza previsti dalla legge, senza alcuna necessità di esperire contestualmente querela incidentale di falso (né, tantomeno – non vigendo nel nostro sistema un principio di necessaria pregiudizialità dell’azione penale – di attendere l’esito dell’eventuale processo promosso a carico degli amministratori per il reato di false comunicazioni sociali). Ciò vale anche per l’azione, di mero accertamento, nella quale non si controverte della validità della delibera di approvazione ma solo della veridicità delle risultanze del bilancio, che non é soggetta al termine triennale di decadenza e che può essere proposta anche incidentalmente ed – a seconda degli strumenti processuali posti a disposizione delle parti dall’ordinamento – in via diretta dall’interessato o (come nel caso di specie, in cui spetta al contribuente di impugnare l’avviso notificatogli dall’amministrazione finanziaria) ad istanza del controinteressato.
La possibilità per l’Agenzia delle entrate di rettificare il bilancio, contestando i criteri utilizzati dal contribuente nella sua redazione, al fine di far emergere la sussistenza di un credito tributario evaso o l’insussistenza di quello chiesto a rimborso, è del resto implicitamente prevista da tutte le norme antielusive che consentono all’Ufficio non solo di procedere ad ispezioni e verifiche sulle scritture contabili, ma anche, in presenza di determinati presupposti (come nel caso degli art. 30 l. n. 724/94 e 3 co. 45 I. n. 662/68), di operare l’accertamento in via presuntiva. Ne consegue che il giudice tributario investito del ricorso del contribuente contro un avviso di accertamento che si fondi sulla riclassificazione delle poste del bilancio è tenuto a valutare, sulla scorta delle risultanze di causa, se detta riclassificazione debba o meno ritenersi corretta e sia idonea a giustificare la maggiore pretesa impositiva od il diniego di rimborso.
Si impone, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio della causa, per nuovo esame, alla CTR della Lombardia in diversa composizione che, in applicazione dei principi enunciati, procederà all’esame delle questioni di fatto dibattute fra le parti.
La CTR provvederà anche alla liquidazione delle spese processuali di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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