CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 agosto 2018, n. 21120
Tributi – Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento – Credito d’imposta – Incentivi fiscali per il commercio – art. 11 della I. n. 449 del 1997
Ritenuto che
la controversia ha ad oggetto l’impugnazione di una cartella di pagamento relativa all’iscrizione a ruolo della somma di € 8686,00 riguardante il recupero di un credito d’imposta ritenuto indebitamente compensato e relativo all’incentivo fiscale al commercio di cui all’art. 11 della I. n. 449 del 1997;
è stata contestata all’odierna ricorrente la decadenza dal beneficio, in quanto il credito, benché indicato regolarmente nel quadro determinativo del reddito di impresa, non era stato poi annotato per riepilogo nel quadro RU del modello unico 2003 per il periodo di imposta 2002;
la Commissione tributaria regionale di Milano, in riforma della commissione tributaria provinciale, ha accolto il ricorso della contribuente ritenendo: la natura meramente formale della violazione, in quanto non incidente sulla base imponibile; la legittimità della sanatoria effettuata mediante dichiarazione telematica integrativa del 13 luglio 2005 nel rispetto del termine del quarto anno successivo alla dichiarazione, di cui all’art. 43 d.p.r. del 1973 e dell’art. 2 comma 8 del d.p.r. n. 322 del 1998; l’inapplicabilità dell’art. 8 bis, riguardante, invece, errori che hanno determinato l’indicazione di un maggior reddito;
l’Agenzia delle entrate con due motivi lamenta la violazione degli artt. 11, comma 3, della I. n. 449 del 1997, in combinato disposto con l’art. 11, comma 3, della I. n. 317 del 1991 e con l’art. 6, comma 5 bis, del d.lgs. n. 472 del 1997 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., laddove la sentenza ha ritenuto che la violazione abbia carattere formale trattandosi, invece, di violazione sostanziale, posto che il credito d’imposta in oggetto presuppone investimenti produttivi incidenti sul reddito d’impresa; censura, inoltre, la sentenza nella parte in cui ha ritenuto possibile la rettifica della dichiarazione in ogni tempo, ai sensi dell’art. 43 del d.p.r. n. 600 del 1973; ritiene, viceversa, che fosse applicabile l’art. 2, comma 8 bis, del d.p.r. 322 del 1998 non trattandosi di dichiarazione di scienza, ma di dichiarazione opzionale, dunque negoziale, di volersi avvalere del credito; la suddetta dichiarazione avrebbe, pertanto, dovuto essere effettuata nell’anno successivo a quello della dichiarazione errata; in quanto il regime dell’integrazione dei redditi è diverso a seconda che la rettifica si presenti a favore o contro il contribuente.
Considerato che
1. Il ricorso è fondato, per le ragioni di seguito esposte. Occorre premettere che questa Corte condivide il consolidato orientamento, secondo cui “sebbene le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza, e possano quindi essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti, nondimeno, quando il legislatore subordina la concessione di un beneficio fiscale ad una precisa manifestazione di volontà del contribuente, da compiersi direttamente nella dichiarazione attraverso la compilazione di un modulo predisposto dall’erario, la dichiarazione assume per questa parte il valore di un atto negoziale, come tale irretrattabile, anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri che questo fosse conosciuto o conoscibile dall’amministrazione” (Cass. n. 7294 del 2012; Cass. n. 1427 del 2013; Cass. 22673 del 2014, Cass. n. 18180 del 2015; Cass. n. 883 del 2016; Cass. n. 10239 del 2017).
2. Tale principio è stato ribadito anche da Cass. n. 20208 del 2015, la quale ha ulteriormente precisato che l’irretrattabilità della dichiarazione, anche in caso di errore, può essere superata solo qualora il contribuente “non ne dimostri, secondo la disciplina generale dei vizi della volontà di cui agli artt. 1427 e ss. c.c., l’essenzialità ed obiettiva riconoscibilità da parte dell’Amministrazione finanziaria.” In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C., da ultimo richiamata, ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto emendabile in corso di giudizio l’omessa tempestiva indicazione, nel quadro RU della dichiarazione di competenza, di un credito d’imposta ex art. 11 della legge n. 449 del 1997, benché il contribuente non avesse fornito alcuna prova della essenzialità ed obbiettiva riconoscibilità dell’errore commesso.
3. Analogamente alla fattispecie presa in considerazione dalla pronuncia sopra indicata, nella presente controversia la CTR non ha dato applicazione ai principi ora enunciati.
4. L’affermazione della natura negoziale della dichiarazione determina l’accoglimento della censura relativa all’intervenuta decadenza. A tale proposito, infatti, si osserva che il credito fiscale in oggetto è assistito da un regime speciale connotato, per scelta discrezionale del legislatore, dalla decadenza in caso di omessa dichiarazione. La S.C. ha di recente sul punto avuto modo di precisare più volte che “Il credito d’imposta concesso, al fine di incentivare il commercio, dall’art. 11 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta nel corso del quale il beneficio è accordato. Poiché esso è riconosciuto a titolo di agevolazione fiscale, l’indicazione ha valore di atto negoziale, integrando una dichiarazione di volontà e non di scienza, con la conseguenza che la decadenza prevista in caso di omessa tempestiva indicazione è connaturata alla struttura e alla ratio dell’istituto e determina l’irretrattabilità della dichiarazione, alla quale, pertanto, è inapplicabile il principio della generale emendabilità delle dichiarazioni fiscali (salvo che il contribuente non dimostri l’essenzialità e obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi degli artt. 1427 e ss. cod. civ.)”. omissis…. “La decadenza è dunque connaturata alla struttura dell’istituto, in quanto è coerente con la scelta di accordare il beneficio in relazione all’esercizio fiscale nel corso del quale si sia proceduto all’acquisto dei beni strumentali idonei a rispondere all’obiettivo della riqualificazione della rete distributiva. La mancata indicazione del credito, nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta nel corso del quale è concesso, ne impedisce il riconoscimento in diminuzione dell’imposta altrimenti dovuta; laddove l’allegazione alla dichiarazione della comunicazione ministeriale di concessione del credito d’imposta è strumentale all’espletamento delle verifiche da parte dell’amministrazione finanziaria. Il credito in questione non deriva dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo, ma da un beneficio appositamente accordato a fronte di precise scelte politiche, finalizzate a incentivare un determinato settore: in un contesto di tal genere il legislatore è libero di orientare la propria scelta stabilendo altresì le condizioni per la fruizione del beneficio, in rapporto alla correlata ratio di definire entro un tempo egualmente determinato l’onere finanziario inerente, altrimenti suscettibile di rimanere sospeso a tempo indefinito (Cass. n. 610 del 2018; esattamente in termini, sia pure con riguardo ad altri crediti d’imposta, soggetti, peraltro, ad analoga disciplina, Cass. n. 30172 del 2017; Cass. n. 389 del 2016; Cass. n. 22673 del 2014; in linea Cass. n. 23572 del 2014; evoca la decadenza stabilita per legge anche Cass. n. 2935 del 2017; in un caso analogo all’ipotesi di specie anche n. 12782 del 2018).
5. Le pronunce richiamate danno atto dell’arresto delle Sezioni Unite (Cass. n. 13378 del 2016), secondo cui “In caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria”. Esse sostengono, tuttavia, con argomentazione condivisa da questa Corte, che tale principio non sarebbe di ostacolo, in quanto “Le stesse sezioni unite, con la pronuncia indicata, hanno difatti preso atto del fatto che ‘il principio della generale e illimitata emendabilità della dichiarazione fiscale incontra il limite delle dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire di decadenze, come nell’ipotesi prevista nel Decreto Ministeriale 22 luglio 1998, n. 275, il quale, all’articolo 6, stabilisce che il credito di imposta è indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel corso del quale il beneficio è concesso (Cass. 19868/2012) (in termini, valorizzando questa statuizione, Cass. n. 21242 del 2017 e n. 30172/17 sopra citata).
6. Né a diversa conclusione può condurre l’introduzione del d.l. n. 244 del 2016, conv. con modificazioni dalla I. n. 19 del 2017, che ha modificato l’art. 2, comma 8 e 8 bis del d.p.r. n. 322 del 1998. Tale nuova normativa, in particolare, ha unificato il termine per le dichiarazioni integrative, dunque, sia quelle a favore, sia quelle a sfavore del contribuente e previsto l’applicazione del termine generale di accertamento di cui all’art. 43 d.p.r. 600 del 1973 ovvero nel quarto anno successivo alla dichiarazione. In quanto innovativa, perché introdotta a seguito della richiamata pronuncia delle Sezioni Unite, essa opera solo per il futuro.
7. Nel caso di specie, inoltre, la decadenza conseguente ad un’omessa indicazione nella dichiarazione è specificamente prevista dalla norma di favore e, pertanto, non suscettibile di deroga per effetto di una nuova disciplina generale successiva.
8. Ne consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della società contribuente.
9. Sussistono i presupposti per la compensazione delle spese dell’intero giudizio, stante il consolidarsi soltanto in corso di causa del su riportato indirizzo interpretativo.
P.Q.M.
– accoglie il ricorso;
– cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto da C.R.;
– compensa le spese dell’intero giudizio.
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