CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 agosto 2018, n. 21136
Imposte dirette – IRPEF – Istanza di rimborso – Riscatto di una pensione integrativa aziendale
Ritenuto in fatto
T.F., già dirigente della società E. s.p.a., optava, nell’anno 2000, per il riscatto di una pensione integrativa aziendale e su tale somma, erogata il 23.11.00 ed il 27/12/2000, l’E. s.p.a. effettuava la trattenuta Irpef applicando l’aliquota del 31,75%.
A seguito di presentazione di istanza ex art. 38 d.P.R. 602/73, con la quale chiedeva il rimborso della maggiore imposta trattenuta dal datore di lavoro sulla somma erogata alla cessazione del rapporto, si formava il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione, avverso il quale il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria provinciale di Venezia, deducendo che i redditi percepiti non erano imponibili e che l’erogazione in questione andava assimilata ad un reddito di capitale assoggettato all’aliquota del 12,5%.
La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso, ritenendo che gli emolumenti percepiti non avevano natura assicurativa ed erano soggetti a tassazione separata.
In esito all’appello proposto dal contribuente, la Commissione tributaria regionale, in riforma della sentenza impugnata, accoglieva l’appello del contribuente.
Motivava, in particolare, che, essendo la somma erogata frutto di una forma di previdenza complementare, essa aveva sicuramente natura previdenziale e doveva essere tassata secondo il regime tributario di cui all’art. 6 I. 482/85, poi trasfuso nell’art. 42, comma 4, t.u.i.r., ossia con l’imposta sostitutiva del 12,5%.
Avverso la suddetta decisione ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate, con due motivi, cui resiste T.F. mediante controricorso.
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo di ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 9, del d.lgs. n. 124/93, dell’art. 1, comma 5, d.l. n. 669/1996, convertito in legge n. 30/97, degli artt. 16, comma 1, lett. a), 17, comma 2 e 42 (ora 45), comma 4, d.P.R. n. 917/86, dell’art. 6 I. n. 482 del 1985 e dell’art. 14 d.lgs. n. 47/00, la Agenzia delle Entrate, richiamando i principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 13642/2011, censura la sentenza impugnata nella parte in cui la C.T.R., pur ritenendo la natura pensionistica (e non assicurativa) del trattamento oggetto di istanza di rimborso, ha comunque reputato assoggettabile tale reddito alla disciplina di cui all’art. 6 I. 482/1985, sulla base di una equiparazione delle prestazioni assicurative e di quelle previdenziali, in quanto entrambe volte alla costituzione di una forma di previdenza integrativa, senza considerare che, trattandosi di un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti ed a causa previdenziale prevalente, occorreva verificare se ed in quale misura la prestazione erogata in forma di capitale costituisse rendimento netto da investimento per effetto della gestione sul mercato del capitale accantonato da parte del Fondo.
1.1. La censura è fondata.
La questione relativa alla disciplina impositiva applicabile in materia di prestazioni erogate in forma di capitale da fondi previdenziali integrativi (nella specie da P.I.A. e Fondenel) è stata affrontata e definita da questa Corte a Sezioni Unite con la sentenza n. 13642 del 22/6/2011, che ha affermato il seguente principio di diritto: “in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a) e 17 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,5% prevista dall’art. 6 della legge 26 settembre 1985, n. 482; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a) e 17 d.P.R. n. 917/86. Pertanto: la ritenuta fiscale più favorevole del 12,5%, propria dei redditi da capitale, è applicabile ai soli iscritti al fondo previdenziale in data antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del 1993; è valevole per gli importi maturati sino e non oltre il 31.12.2000; riguarda esclusivamente la quota dell’importo erogato corrispondente al “rendimento netto imputabile alla gestione del mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato”.
Con la sentenza appena citata le Sezioni Unite hanno in primo luogo evidenziato che occorre distinguere la situazione dei soggetti già iscritti a forme pensionistiche complementari prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124 (28 aprile 1993) da quella dei soggetti che si siano iscritti a forme analoghe in epoca successiva all’entrata in vigore del predetto provvedimento legislativo, distinzione che discende dalla norma interpretativa di cui all’art. 1, comma 5, d.l. 31 dicembre 1996, n. 669 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30), la quale prevede che «la disposizione contenuta nell’art. 13, comma 9, d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, e quella contenuta nell’art. 42, comma 4, ultimo periodo del t.u.i.r., introdotta dall’art. 11, comma 3, legge 8 agosto 1995, n. 335… devono intendersi riferite esclusivamente ai destinatari iscritti alle forme pensionistiche complementari successivamente alla data di entrata in vigore del citato d.lgs. n. 124 del 1993 ». Da tale premessa discende che sono soggetti a tassazione separata, ai sensi degli artt. 16, comma 1, lett. a) e 17 t.u.i.r., senza distinzione circa la loro interna composizione, sia i capitali maturati dai soggetti iscritti a forme pensionistiche complementari dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, sia i capitali maturati successivamente al 1° gennaio 2001 dai soggetti iscritti a forme pensionistiche complementari anteriormente all’entrata in vigore di quest’ultimo provvedimento.
Con riferimento, invece, ai capitali maturati anteriormente alla predetta data dai soggetti iscritti a forme pensionistiche complementari anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del 1993 – in relazione ai quali occorre applicare «le disposizioni vigenti anteriormente» – le Sezioni Unite hanno evidenziato che « il trattamento tributario delle prestazioni erogate non è, e non può essere, indipendente dalla composizione strutturale delle prestazioni stesse », le quali << nel caso concreto, trattandosi di un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono composte da una “sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (e in notevole minor misura dal lavoratore), e da un “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato, da parte del fondo, del capitale accantonato », con la conseguenza che, secondo la Corte, « possono essere tassate in modo analogo al TFR esclusivamente le somme liquidate a titolo di capitale, mentre alle somme corrispondenti al rendimento di polizza (nella fattispecie P.I.A.), si applica la tassazione nella misura del 12,50 per cento ai sensi dell’art. 6 legge 26 settembre 1985, n. 482».
1.2. Poiché il principio enunciato dalle Sezioni Unite con la sentenza sopra richiamata non ha risolto le contrapposte interpretazioni circa il concetto di “rendimento netto” cui applicare la ritenuta del 12,5%, questa Corte ha successivamente chiarito la nozione di “rendimento netto”, ammesso alla tassazione con aliquota del 12,5%, specificando che deve escludersi che la redditività degli accantonamenti, nel bilancio E., delle somme imputate al fondo P.I.A., considerata pari alla redditività dell’intero patrimonio della società E. s.p.a., possa essere equiparato al “rendimento netto” rinveniente dalla gestione delle somme accantonate mediante investimento sul libero mercato, attesa la evidente eterogeneità delle due fonti reddituali (Cass. 29/12/2011 n. 29583; Cass. n. 289 del 12/1/12; n. 5376 del 4/4/2012; n. 8320 del 25/5/2012; n. 10604 del 22/5/2015; n. 720 del 13/1/2017).
1.3. Con la sentenza n. 10285 del 26/4/2017 è stato, quindi, affermato il principio secondo cui, per somme provenienti dal cd. “rendimento netto”, devono intendersi «le somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato – non necessariamente finanziario – e non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate».
Si è altresì precisato che << l’applicazione del più favorevole meccanismo impositivo ex art. 6 legge n. 482 del 1985 si giustifica in ragione della “equiparazione” tra i capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e (quelli corrisposti in dipendenza di contratti) di capitalizzazione posta dagli artt. 41 (ora 44), comma 1, lett. gquater) e 42 (ora 45), comma 4, t.u.i.r.. Non già dunque, per effetto di una diretta riconduzione della fattispecie alla previsione di cui all’art. 6 legge n. 482 del 1985 (invero espressamente riferita solo ai capitali corrisposti da «imprese di assicurazione» in dipendenza di «contratti di assicurazione sulla vita, esclusi quelli corrisposti a seguito di decesso dell’assicurato»), ma solo in via di applicazione analogica di tale disposizione ai capitali corrisposti in dipendenza di contratti di capitalizzazione, analogia a sua volta giustificata dalla comune considerazione delle due fattispecie nel t.u.i.r., quali ipotesi omogenee di redditi di capitale…».
Il requisito dell’essere il rendimento imputabile alla << gestione sul mercato>> del capitale accantonato identifica, dunque, la ragione stessa della più favorevole tassazione di tale reddito rappresentata dall’essere questo il risultato degli investimenti effettuati dall’ente di gestione della somma versata, investimenti che, se certamente saranno per lo più indirizzati verso i vari prodotti del mercato finanziario, nulla esclude possano esserlo anche verso altri tipi di mercato (Cass. n. 10285 del 26/4/2017).
Deve, però, escludersi che tale requisito possa considerarsi soddisfatto dall’essere il rendimento ottenuto corrispondente alla redditività sul mercato dell’intero patrimonio dell’E., poiché tale coerenza (del rendimento ottenuto dal capitale accantonato con quello ottenuto dal patrimonio dell’E.) costituisce un dato estrinseco e non causale, nel senso che il primo non può comunque considerarsi frutto dell’investimento di quegli accantonamenti nel libero mercato, come richiesto perché abbia a configurarsi il reddito da capitale della specie richiesta, essendo al contrario esso stesso dipeso da un predeterminato calcolo di matematica attuariale (Cass. n. 10285 del 26/4/2017).
1.4. Va, pertanto, confermato tale ultimo orientamento, ormai prevalente e deve, quindi, ritenersi che sono tassabili con l’aliquota del 12,5%, ai sensi dell’art. 6 della legge 482 del 1985, i capitali maturati anteriormente al 1 gennaio 2001 dai soggetti iscritti al fondo di previdenza integrativa (P.I.A., poi Fondenel) prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 124/93, limitatamente a quella parte di essi costituita dal rendimento netto, derivante dalla gestione sul mercato, da parte del fondo, del capitale accantonato.
Se da un lato, per quanto detto, detto requisito andrà ricercato anche per i capitali maturati e gli accantonamenti effettuati anteriormente alla trasformazione del fondo da P.I.A. a Fondenel, dall’altro, però, non vi è ragione di ulteriormente circoscrivere tale requisito ai soli investimenti nel mercato finanziario.
1.5. Nel caso di specie, la sentenza impugnata non si è uniformata ai principi sopra richiamati, in quanto, dopo avere accertato che il controricorrente si è iscritto ad una forma pensionistica complementare in data antecedente alla entrata in vigore del d.lgs. n. 124/93 e che, pertanto, non si applicano le modalità impositive stabilite da tale normativa, ha affermato che la intera prestazione erogata a T.F. è assoggettabile all’aliquota del 12,5%, omettendo di verificare, ai fini impositivi, se vi sia stata una gestione separata del Fondo e se una parte delle somme erogate provengano dalla liquidazione del cd. “rendimento netto” imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo rendimento la tassazione al 12,5%.
2. Con il secondo motivo, censurando la sentenza per insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio concernente la natura del rendimento da investimenti sul mercato delle somme percepite dal contribuente, la ricorrente pone in evidenza che la C.T.R. non indica alcun elemento probatorio o alcuna circostanza di fatto da cui possa avere dedotto che Fondenel abbia investito sul mercato le somme che sono affluite al fondo, producendo il rendimento percepito dal contribuente al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
2.1. L’accoglimento del primo mezzo di ricorso consente di ritenere assorbito il secondo motivo.
3. In conclusione, va accolto il primo motivo e dichiarato assorbito il secondo motivo del ricorso e la sentenza va cassata con conseguente rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, per il riesame in relazione alla censura accolta, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo motivo del ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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