CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 agosto 2021, n. 23327
Credito di lavoro – Opposizione – Valutazione sulla corrispondenza delle mansioni alla qualifica in relazione alle somme rivendicate
Rilevato che
1. La Corte di appello di Ancona ha rigettato il gravame proposto da E.C.C. ed ha confermato la sentenza del Tribunale di Pesaro che aveva accolto l’opposizione di terzo proposta da I.H.
– a cui con decreto ingiuntivo divenuto esecutivo era stato riconosciuto un credito di lavoro di € 13.239,63 nei confronti della T. s.r.l. – avverso il decreto con il quale la C. aveva ingiunto alla stessa società T. il pagamento della somma di € 150.000,00 con dolosa preordinazione tesa ad impedire la soddisfazione del credito del terzo.
2. La Corte territoriale ha ritenuto inammissibile il giuramento decisorio deferito dalla T. a I.H. avente ad oggetto la natura del rapporto intercorso tra la C. e la società T. e di quelli esistenti tra la stessa C. e il signor H. Ha ritenuto che quest’ultimo era legittimato a proporre l’opposizione di terzo in relazione alla sua qualità di creditore. Ha accertato che l’opposizione era tempestiva ed infine ha ritenuto provato il dolo e la collusione tra la C. e la società T.
3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso E.C.C. affidato a sei motivi. Né I.H. né T. s.r.l. hanno opposto difese restando intimati: Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta ed ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato che
4. Con il primo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 233 e 237 cod. proc.civ. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
4.1. Deduce la ricorrente che la formula del giuramento de ventate, contrariamente a quanto ritenuto sia in primo grado che in appello, era idonea a risolvere la controversia e non necessitava di integrazioni istruttorie.
5. Il motivo è inammissibile sotto vari profili.
5.1. Premesso che la censura, formulata in termini di violazione di legge, trascura di riprodurre i capitoli del giuramento la cui mancata ammissione violerebbe le norme ricordate va tuttavia rilevato che la sentenza della Corte di appello riporta la formula del giuramento e fonda il suo diniego sul rilievo che le circostanze di fatto sulle quali il giuramento era deferito erano prive del carattere della decisorietà sia perché non vi era alcun riferimento all’ammontare del credito, che pure era oggetto del contendere, sia perché l’affermazione o la negazione del possesso da parte della C. della qualifica di “preposto-direttore dei trasporti” avrebbe richiesto una valutazione sulla corrispondenza delle mansioni alla qualifica in relazione alla quale le somme erano rivendicate.
5.2. Orbene, premesso che la formula del giuramento decisorio – per la finalità di questo speciale mezzo di prova – deve essere tale che, a seguito della prestazione del giuramento stesso, altro non resta al giudice che verificare l’ “an iuratum sit”, onde accogliere o respingere la domanda sul punto che ne ha formato oggetto, va qui ribadito che la valutazione (positiva o negativa) della decisorietà della formula del giuramento è rimessa all’apprezzamento del giudice del merito, il cui giudizio circa l’idoneità della formula a definire la lite è sindacabile in sede di legittimità con esclusivo riferimento alla sussistenza di vizi logici o giuridici attinenti all’apprezzamento espresso dal predetto giudice (cfr. Cass. 07/05/2014 n. 9831, 25/06/2012 n. 10574 e 13/11/2009 n. 24025).
5.3. Nella specie non solo non è denunciato un vizio della motivazione sul punto ma inoltre è condivisibile la declaratoria di inammissibilità del giuramento – introdotto in un giudizio avente ad oggetto l’opposizione revocatoria a d.i. con il quale si deduceva l’insussistenza del credito azionato con il decreto per essere insussistente il rapporto di preposizione affianco a quello di lavoro part time – poiché per decidere dell’esistenza di un rapporto di preposizione era necessario procedere ad un giudizio ricostruttivo delle attività svolte per sussumerle nella qualifica denunciata. Né può essere censurato il mancato esercizio da parte del giudice del potere di modificare la formula (cfr. Cass. 02/09/2003 n. 12779, 22/11/2006 n. 24855 e 25/06/2012 n. 10574) facoltà peraltro consentita solo per quanto attiene ad aspetti formali della formula stessa, al fine di renderne più chiaro il contenuto e non anche per rendere ammissibile capitoli su circostanze che implicano valutazioni e giudizi.
6 Anche il secondo motivo di ricorso, con il quale è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 404 comma 2 cod.proc.civ. con riguardo alla legittimazione passiva dell’opponente, è infondato.
6.1. La sentenza che accoglie l’opposizione di terzo revocatoria proposta avverso sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva, ovvero avverso decreto ingiuntivo divenuto esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c., non comporta soltanto l’inefficacia di quel provvedimento nei confronti del terzo opponente, mantenendolo invece fermo nel rapporto tra le parti originarie, ma la sua totale eliminazione nei confronti delle parti del processo originario, con effetto riflesso e consequenziale nei confronti del terzo opponente (cfr. Cass. 03/12/2015 n. 24631). In tema di opposizione di terzo revocatoria, la legittimazione attiva compete al creditore titolare di un credito certo come era quello del ricorrente H. che aveva ottenuto un decreto ingiuntivo divenuto esecutivo, essendo stata rigettata l’opposizione proposta dalla società sia in primo che secondo grado e non risultando né essendo stata dedotta la pendenza di un ricorso in cassazione.
7. Il terzo motivo di ricorso, con il quale è denunciato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, è inammissibile trovando applicazione al procedimento l’art. 348 ter cod.proc.civ. e non essendo stato dedotto, come si sarebbe dovuto, che la sentenza di appello era fondata su ragioni di fatto diverse rispetto a quelle accertate dal primo giudice. Nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter, comma 5, c.p.c. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla I. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione
– per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. Cass. 22/12/2016 n. 26774).
8. Anche il quarto motivo – con il quale si deduce l’avvenuta violazione degli artt. 115, 116 e 421 cod.proc.civ. per avere il giudice di appello avvalorato la decisione del Tribunale di non ammettere le prove dedotte dalle parti e di avere avvalorato una fuorviante lettura del carteggio processuale con una tecnica investigativa avulsa da quanto disposto dalle citate norme che regolano le prove e gli approfondimenti officiosi
– non può essere accolta.
8.1. La censura, infatti, prima ancora che infondata, è inammissibile. Premesso che la Corte procede ad un esame critico del materiale probatorio acquisito nel giudizio di primo grado e chiarisce le ragioni per le quali la ricostruzione di tutti gli elementi acquisiti dimostrava la fondatezza dell’opposizione proposta, va qui rilevato che la censura è generica poiché non riproduce in maniera autosufficiente il contenuto dei mezzi di prova non ammessi limitandosi, in maniera del tutto astratta, a dolersi di un’ illegittima compressione dell’attività istruttoria e di un abusivo esercizio di poteri officiosi che tuttavia in nessun modo circostanzia. Ne consegue che il Collegio non è posto in condizione di apprezzare la fondatezza o meno della censura e di verificare la decisività delle circostanze non ammesse (cfr. Cass. 17/06/2019 n. 16214).
9. Il quinto motivo di ricorso, che denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del regolamento 1071/2009/CE e del d.m. 30.10.2007, è anch’esso inammissibile. La censura infatti si risolve nel denunciare un errata ricostruzione dei fatti dei quali viene proposta una lettura diversa e alternativa che si contrappone a quella della Corte di merito che vi era addivenuta sulla base delle acquisizioni istruttorie ed aveva ritenuto provata, con una ricostruzione plausibile ed indenne da vizi di motivazione, l’esistenza di una collusione tra la C. e la T. in danno del lavoratore opponente.
10. Da ultimo il sesto motivo di ricorso, con il quale è denunciata la violazione dell’art. 404 cod. proc.civ. per non avere la Corte pronunciato sull’eccezione di tardività dell’opposizione, deve essere rigettato.
10.1. Il termine per la proposizione dell’impugnazione straordinaria di cui all’art. 404, capoverso, cod. proc. civ. decorre dal giorno in cui la parte interessata realmente e concretamente viene a conoscenza del dolo o della collusione.
Ne consegue che, quando il dolo o la collusione sono desumibili da un atto notificato al procuratore costituito dell’interessato in un diverso processo, detto termine decorre non già dalla data della notificazione dell’atto al procuratore, bensì dal momento in cui la parte acquisti effettiva conoscenza del contenuto del predetto atto processuale.” (cfr. Cass. n. 2156 del 2001 e già 12340 del 1992). Tale scoperta deve essere “effettiva e completa e, ove avvenga per gradi, può dirsi completata solo quando il creditore abbia acquisito la ragionevole certezza (non essendo sufficiente il mero sospetto) del fatto che detto dolo e/o collusione vi sono stati e hanno ingannato il giudice, determinando statuizioni diverse da quelle che sarebbero state adottate a conclusione di un dibattito corretto (cfr. Cass. n. 4008 del 2004).
10.2. La Corte di appello si è attenuta a tali principi e con accertamento in fatto incensurabile in questa sede, ha motivatamente rigettato l’eccezione di tardività sul rilievo che, ai fini del decorso del termine per proporre l’opposizione, ciò che rileva è l’udienza del procedimento di esecuzione nella quale sono stati depositati gli atti di intervento della C. in base ai decreti ingiuntivi non opposti ottenuti nei confronti della società.
11. In conclusione per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato. La mancata costituzione della società T. e del signor H., rimasti intimati, esime il collegio dal provvedere sulle spese del giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
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