CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 agosto 2021, n. 23408
Tributi – Contenzioso tributario – Ricorso in cassazione – Rinuncia – Mancata accettazione – Irrilevanza – Effetti – Estinzione del giudizio
Ritenuto che
1. con sentenza n. 3869/9/17, depositata il 26 giugno 2017, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, aveva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 9966/59/16 della CTP di Roma, con compensazione delle spese di lite;
2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di liquidazione dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale, relativa all’acquisto di un terreno edificabile, notificato al notaio rogante quale obbligato in solido con le parti in conseguenza del disconoscimento dell’agevolazione di cui all’art. 1, comma 1, XI periodo, della Tariffa allegata al TU n. 131 del 1986;
3. la CTP aveva accolto il ricorso riconoscendo alla contribuente il diritto all’applicazione dell’aliquota agevolata; la CTR, in riforma della sentenza di primo grado, aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso rilevando che l’avviso impugnato era stato notificato solo al notaio rogante sicché sussisteva un difetto di legittimazione ad impugnare della società acquirente, a cui era stato notificato autonomo avviso a sua volta oggetto di impugnazione;
4. avverso la sentenza di appello la NCC Costruzioni C. s.r.l. proponeva ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 25-1-2018, affidato ad un unico motivo; l’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso,
Considerato che
1. In prossimità dell’udienza la parte ricorrente ha depositato atto di rinuncia agli atti del giudizio, ritualmente sottoscritto dalla parte personalmente e dal difensore, ai sensi dell’art. 390 c.p.c., notificato a mezzo PEC all’Agenzia delle Entrate in data 4 maggio 2021;
Osserva che
1. La rinuncia è rituale, poiché formulata in atto univoco in tal senso, sottoscritto dal legale rappresentante della società ricorrente e comunque dal difensore in questa sede, da qualificarsi munito dei relativi poteri; devono trovare pertanto applicazione gli artt. 390 e ss. c.p.c.
La rinuncia, sebbene notificata, non risulta accettata, ma tale circostanza, non applicandosi l’art. 306 c.p.c., al giudizio di cassazione, non rileva ai fini dell’estinzione del processo.
La rinunzia al ricorso per cassazione infatti non ha carattere c.d. accettizio (che richiede, cioè, l’accettazione della controparte per essere produttivo di effetti processuali) (Vedi Cass. n. 28675 del 2005) ed inoltre, determinando il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, comporta il conseguente venir meno dell’interesse a contrastare l’impugnazione; rimane comunque salva la condanna del rinunciante alle spese del giudizio (Vedi Cass. n. 23840 del 2008 e n. 3971 del 2015; n. 10140 del 2020).
2. Quando alla rinuncia al ricorso per cassazione non abbia fatto seguito l’accettazione dell’altra parte, pur estinguendosi il processo, non opera, infatti, l’art. 391, comma 4, c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 40 del 2006, che esclude la condanna alle spese in danno del rinunciante, spettando al giudice il potere discrezionale di negarla solo in presenza di specifiche circostanze meritevoli di apprezzamento, idonee a giustificare la deroga alla regola generale della condanna del rinunciante al rimborso delle spese sostenute dalle altre parti (Vedi Cass. n. 9474 del 2020).
2.1 Nella specie, in assenza di una richiesta di condanna alle spese da parte della controricorrente, a cui la rinuncia è stata regolarmente notificata, sussistono giusti motivi per disporne la compensazione.
3. Quanto al contributo unificato va data continuità al principio secondo cui: “In tema di impugnazioni, l’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non trova applicazione in caso di rinuncia al ricorso per cassazione in quanto tale misura si applica ai soli casi – tipici – del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, “lato sensu” sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica. (Vedi Cass. n. 23175 del 2015 e n. 190871 del 2018).
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio; compensa le spese.
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