CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 agosto 2021, n. 23414
Imposta di registro – Avviso di liquidazione – Contenuto atto notarile – Più atti – art. 22, D.P.R. n. 131/1986
Rilevato che
1. A.M. propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia ha respinto l’appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Brescia in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di liquidazione; con detto atto impositivo era stato disposto il recupero dell’imposta suppletiva di registro, con riferimento ad atto stipulato in data 29.03.2011 per la costituzione di pegno a favore della società P.I. s.r., partecipata al 100% del capitale sociale dalla S. s.r.l., la quale, dopo aver finanziato, con atto del 15.09.2008, la società I., cedeva il residuo credito alla società P..
La CTR, in particolare, aveva confermato la sentenza di primo grado ritenendo che il contenuto dell’atto notarile evidenziasse la presenza di due atti enunciati assoggettati a imposta in quanto soggetti a registrazione in caso d’uso, affermando l’applicabilità dell’art. 22 d.P.R. n. 131/86 e rilevando l’identità di parti intervenuti negli atti enunciati e nell’atto registrato.
Respingeva inoltre il motivo relativo alla carenza di motivazione dell’avviso, ai sensi dell’art. 7 dello Statuto del contribuente.
L’Agenzia delle entrate si è costituita per partecipare all’udienza.
Considerato che
2. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia, in rubrica, «violazione dell’art. 7 dello statuto dei diritti del contribuente – in relazione all’art. 360, n. 3), c.p.c., censurando la decisione impugnata per aver respinto la domanda di accertamento della nullità del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate per omessa motivazione dell’atto impositivo, ancorché l’appellante avesse evidenziato la carenza dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione.
3. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia, in rubrica, la violazione dell’art. 22 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro – in relazione all’art. 360, comma primo n. 3), c.p.c. – avendo la Commissione tributaria regionale ritenuto sussistente il presupposto soggettivo, ovvero la perfetta coincidenza tra le parti che hanno stipulato l’atto enunciante e quelle che hanno concluso i due atti enunciati. Errando laddove il giudicante ha statuito che la norma citata non richieda la piena coincidenza delle parti contraenti, ma solo che alla formazione degli atti enunciati non siano intervenuti soggetti estranei, in quanto diversi da quelli che hanno partecipato all’atto effettivamente registrato.
4. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente denuncia, in rubrica, la violazione dell’art. 53 d.lgs. 546/93 nonché dell’art. 33 d.p.r. n. 131/86, in relazione all’art. 360, n. 3) c.p.c.; per avere il decidente ritenuto che il ricorrente non avesse proposto specifico motivo, che, invece, era stato formulato (come risulta dalla trascrizione a pagina 17 del ricorso); nonché per aver ritenuto l’ applicabilità dell’art. 22, comma 1, del d.P.R. n. 131/86 anche agli atti soggetti a registrazione per i quali il caso d’uso non si sia ancora verificato, atteso che i due atti enunciati non erano stati depositati presso le cancellerie giudiziarie. Ritenendo che la norma attrae a tassazione solo gli atti per i quali l’obbligo di tassazione sussiste ab origine e non anche per quelli che al momento della enunciazione non sia ancora emerso il presupposto impositivo.
5. La prima censura non supera il vaglio di ammissibilità.
E’ stato chiarito che nell’ipotesi in cui il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria sotto il profilo del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento, che non è atto processuale ma amministrativo (Cass. 3 dicembre 2001, n. 15234), è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio in proposito esclusivamente in base al ricorso medesimo (Cass. 13 febbraio 2014, n. 3289; n. 16147/2017; n. 28570/2019). In particolare, si è affermato (Cass. n. 5478/2018; Cass. n. 2331 del 29/01/2019) che qualora sia dedotta la omessa o viziata valutazione di documenti, deve procedersi ad un sintetico ma completo resoconto del loro contenuto, nonché alla specifica indicazione del luogo in cui ne è avvenuta la produzione, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza sulla base del solo ricorso, senza necessità di fare rinvio od accesso a fonti esterne ad esso.
In mancanza di trascrizione dell’atto opposto ovvero della sua localizzazione nel giudizio di merito, la censura non risulta dunque ammissibile.
6. Le ultime due doglianze vanno esaminate congiuntamente, in quanto strettamente connesse.
6.1 Va premesso che l’articolo 1, comma 1, lett. a), della Tariffa, Parte Seconda, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, dispone per tutta una serie di atti e contratti (i quali, di regola, dovrebbero essere soggetti a registrazione in «termine fisso») che, se formati «mediante corrispondenza», la registrazione avvenga solo «in caso d’uso» (con la medesima tassazione prevista per il caso in cui essi fossero soggetti a registrazione in «termine fisso»), evidentemente allo scopo di non intralciare, con inutili appesantimenti burocratici, la prassi commerciale sviluppatasi in tal senso.
6.2 Al riguardo questa Corte ha già avuto modo di affermare che «ai fini dell’imposta di registro, il contratto stipulato per corrispondenza si distingue dal contratto stipulato per scrittura privata non autenticata per il fatto che nel secondo caso vi è un solo documento nel quale risultano formalizzate le volontà di tutti i contraenti e le loro sottoscrizioni, mentre, se si tratta di “corrispondenza”, in ogni documento è raccolta la volontà unilaterale di un solo contraente» (cfr. Cass. n. 30179 del 2017, in motivazione), ed il cosiddetto ” scambio di corrispondenza commerciale” è soggetto, quindi, al pagamento dell’imposta proporzionale di registro solo in caso d’uso e non in termine fisso (entro venti giorni), scontando l’imposta proporzionale nella misura del 3%, in base all’art. 9, Tariffa, Parte Prima, allegato A, del d.P.R. n. 131 del 1986, riferito, a tutti gli «atti diversi da quelli altrove indicati aventi oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale» (cfr. Cass. n. 19799/2018, in motivazione).
Parimenti occorre evidenziare che il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, testualmente stabilisce quanto segue: «1. Se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate, se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 69. 2. L’enunciazione di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso non dà luogo all’applicazione dell’imposta quando gli effetti delle disposizioni enunciate sono già cessati o cessano In virtù dell’atto che contiene l’enunciazione. 3. Se l’enunciazione di un atto non soggetto a registrazione in termine fisso è contenuta in uno degli atti dell’autorità giudiziaria indicati nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, imposta si applica sulla parte dell’atto enunciato non ancora eseguita».
Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, comma 1, lett. a) della Tariffa parte seconda allegata sancisce, tra l’altro, che gli atti indicati: a) nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 2, comma 1, D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 3, 6, 9 e 10, prima parte, formati mediante corrispondenza, ad eccezione di quelli ecc., sono soggetti a registrazione solo in caso d’uso.
Ai sensi, poi, del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 6, dianzi indicato, si ha caso d’uso quando un atto si deposita, presso le cancellerie giudiziarie, nell’esplicazione di attività amministrative, o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, per essere acquisito agli atti, salvo che il deposito avvenga ai fini dell’adempimento di un’obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organi, ovvero sia obbligatorio per legge o regolamento.
6.3 Occorre, dunque, stabilire se un atto soggetto a registrazione solo in caso d’uso, quali sono gli atti in esame, sia assoggettabile ad imposizione solo ed esclusivamente in tale ipotesi ovvero anche quando sia enunciato in altro atto registrato, ovvero ancora se tale enunciazione configuri o meno un caso d’uso.
Rileva al riguardo la Corte che, alla stregua della stessa testuale dizione del richiamato D.P.R. n. 131 del 1986, art. 6, deve escludersi che il mero richiamo dell’atto non registrato in atto registrato possa configurare un’ipotesi d’uso (cfr. Cass. n. 5946/2007 in motivazione; n. 16662/2020).
È d’uopo allora verificare se il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, richiamato si riferisca anche all’enunciazione di atti soggetti a registrazione solo in caso d’uso.
Il tenore letterale della norma in esame impone una risposta positiva al quesito atteso che, se il legislatore ha specificato, nella parte finale del comma 1, che «se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 69», è evidente che ha inteso includere anche gli atti soggetti a registrazione in caso d’uso e poiché l’enunciazione da tali ultimi atti non configura, ai sensi dello stesso D.P.R. n. 131 del 1986, art. 6, come innanzi rilevato, un «uso», deve concludersi per l’assoggettamento di tali atti all’imposta a prescindere dall’«uso» di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 6, cit. dei medesimi e sulla base della sola enunciazione.
In caso contrario, invero, come già precisato da questa Corte (cfr. Cass. n. 5956/2007 cit.), sarebbe da considerare inutiliter data la specificazione che assoggetta a pena pecuniaria solo gli atti soggetti a registrazione in termine fisso, in quanto, non concretando l’enunciazione un «uso», sarebbero stati imponibili solo gli atti soggetti a registrazione a termine fisso enunciati nell’atto registrato e quindi sarebbe stato superfluo specificare che solo per tali atti è dovuta oltre all’imposta anche la pena pecuniaria.
Poste tali premesse, occorre altresì evidenziare come la norma richieda espressamente, quale presupposto di sua applicazione, la corrispondenza tra le parti intervenute nell’atto enunciato e in quello enunciante.
6.4 Con tale termine, la norma si riferisce non solo alle parti che hanno sottoscritto l’atto enunciante e quello enunciato, bensì anche a tutti i soggetti che, pur non essendo intervenuti in atto e non avendolo sottoscritto, risentono direttamente dei suoi effetti e si riferisce, quindi, alle parti sostanziali, non essendo esclusa la configurabilità dell’istituto dell’enunciazione dall’eventuale presenza nell’atto enunciante di soggetti ulteriori rispetto alle parti della disposizione enunciata.
Come posto in rilievo anche dalla dottrina, il concetto è da interpretarsi non nel senso omnicomprensivo di parti, ma piuttosto di essenzialità quale interrelazione tra quelle intervenute nei due atti, e ricorrerebbe enunciazione, ad esempio, quando venditore e acquirente si danno atto che l’immobile è detenuto dall’acquirente in qualità di inquilino, ma non quando il venditore renda noto all’acquirente che l’immobile vendutogli è condotto in locazione da terzi.
6.5 Sulla scorta di tali principi questa Corte (cfr. Cass. n. 1125/2000) ha già affermato dunque che il richiamo effettuato da un decreto ingiuntivo ad un ricorso giudiziale nel quale si fa riferimento ad una cessione di crediti effettuata tra soggetti diversi dal debitore ingiunto evidenzia un’enunciazione indiretta di atti, ma esclude l’identità tra le parti dei distinti atti non presentati alla registrazione, escludendo conseguentemente la tassazione dell’atto di cessione di crediti precedentemente non sottoposto a registrazione al momento della presentazione del decreto ingiuntivo, per carenza delle condizioni di identità soggettiva. Sul punto proprio con riferimento all’ipotesi di diversità tra i soggetti dell’atto enunciato costituito da cessione del credito e quelli del decreto ingiuntivo, questa Corte nella recente sentenza n. 16662 del 2020 ha affermato, sulla scorta dei principi già affermati da Cass. n. 1125 del 2000 che “il richiamo effettuato da un decreto ingiuntivo ad un ricorso giudiziale nel quale si fa riferimento ad una cessione di crediti effettuata tra soggetti diversi dal debitore ingiunto evidenzia un’enunciazione indiretta di atti, ma esclude l’identità tra le parti dei distinti atti non presentati alla registrazione, escludendo conseguentemente la tassazione dell’atto di cessione di crediti precedentemente non sottoposto a registrazione al momento della presentazione del decreto ingiuntivo, per carenza delle condizioni di identità soggettiva. Con la conseguenza che anche nel caso in esame, relativo a cessione di credito, effettuata mediante corrispondenza commerciale tra cedente e cessionario, ed enunciato nell’atto soggetto a registrazione la mancanza di identità delle parti intervenute nell’atto enunciante e in quello enunciato esclude la relativa tassazione“.
6.6. In altri termini, i contratti di cessione di credito e del finanziamento, mediante corrispondenza commerciale – il primo tra la società S.(cedente) e la società P. I. s.r.l., controllata dalla prima ex art. 2497 e ss c.c., (cessionaria) ed il secondo tra la società S. e la società I. s.r.l. (per un importo di euro 1.870.000,00) – enunciati nell’atto di costituzione di pegno, soggetto a registrazione, tra la società I. e la società P. I. (società cessionaria del credito) – dimostra l’infondatezza della pretesa dell’Ufficio, per la mancanza di identità delle parti intervenute nell’atto enunciante e in quello enunciato (v. Cass. n. 8669 del 29/03/2021).
La cessione di credito intervenuta tra due società diverse dalla I. esclude, pertanto, l’identità delle parti dei distinti atti e dunque la tassazione dell’atto enunciato.
Analogamente, l’atto di finanziamento intervenuto tra la società S. e la società I. non è assoggettabile a tassazione, non solo per la diversità delle parti, ma altresì per l’assenza di effetti, sia pure indiretti, che dalla costituzione di pegno possano derivare alla società cedente.
Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va pertanto accolto limitatamente al secondo ed al terzo motivo, respinto il primo.
7. Conseguentemente la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, decidendosi nel merito ex art. 384 c.p.c., va accolto il ricorso introduttivo del giudizio.
Nell’assenza di specifici precedenti in termini con riguardo alla fattispecie esaminata e nella parziale novità delle questioni esaminate debbono essere ravvisate le ragioni che inducono la Corte a compensare integralmente le spese di ogni fase e grado.
P.Q.M.
Accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, respinto il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del giudizio, compensando tra le parti le spese processuali dei gradi di merito e di legittimità.
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