CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 agosto 2022, n. 25286
Licenziamento disciplinare – Assenza dal servizio – Certificazione medica – Invio – Disservizi del sistema informatico -Violazione procedurale attinente alla omessa affissione del CCNL – Inclusione nel codice disciplinare
Rilevato che
1. La Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 19/3/2015, in riforma della decisione di primo grado, dichiarò l’inefficacia ai sensi dell’art. 18 c. VI dello Statuto dei lavoratori del licenziamento disciplinare intimato a D. C. da G. Group s.r.I., per violazione procedurale attinente alla omessa affissione del CCNL;
2. la Corte di Cassazione, adita a seguito di ricorso della società, cassò la sentenza, osservando che la violazione procedurale posta a base della declaratoria di inefficacia del licenziamento (mancata affissione della disposizione del CCNL Commercio che equiparava l’assenza ingiustificata al caso in cui il lavoratore non avesse dato tempestiva comunicazione dell’assenza) riguardava un obbligo che non necessitava l’inclusione nel codice disciplinare, contenuto in una norma volta a sanzionare un comportamento integrante doveri fondamentali dei lavoratore, dallo stesso conoscibili senza necessità di specifica previsione;
3. in sede di rinvio, con sentenza del 17/5/2019, la Corte d’appello rilevò che il lavoratore, assente dal servizio dal 15/4/2014, aveva dato notizia dell’assenza mediante SMS inviato a un collega, affinché costui avvisasse la direzione, senza sincerarsi che il messaggio fosse pervenuto a destinazione, e il successivo 17 aprile aveva inviato mail contenente certificazione medica per giustificare l’assenza del 16 e del 17, inviando soltanto il 24 aprile certificazione medica idonea a giustificare le successive assenze intervenute dal 18 in poi; che nelle giustificazioni formali il lavoratore aveva ascritto il ritardo a disservizi del sistema informatico di diretto collegamento con l’Inps in dotazione del medico curante; che sulla base del descritto compendio probatorio era stato irrogato licenziamento disciplinare per assenza ingiustificata protrattasi per tre giorni (artt. 225 e 229 CCNL, norme ritenute in sede rescindente come non richiedenti obbligo di pubblicità);
4. la Corte, quindi, aveva proceduto al giudizio di proporzionalità della sanzione, rilevando che la condotta del lavoratore, pur improntata a superficialità, avendo affidato la comunicazione a un messaggio inoltrato a un terzo, non era di gravità tale da giustificare il licenziamento, posto che lo stesso medico curante aveva confermato che di aver dovuto inoltrare la certificazione in forma cartacea per problemi nel sistema di collegamento;
5. dichiarava, pertanto illegittimo il licenziamento con applicazione della tutela indennitaria, commisurata a 12 mensilità della retribuzione globale di fatto;
6. avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società sulla base di due motivi;
7. si è costituito D. C. con controricorso;
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso la società deduce, ex art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c. 1 c.p.c., rilevando che la Corte d’appello non si era uniformata alla decisione rescindente, poiché nel giudizio di rinvio avrebbe dovuto solo uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione senza modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti;
2. il motivo è privo di fondamento, poiché la Corte territoriale si è attenuta agli accertamenti già compiuti nelle fasi processuali antecedenti e in base ai quali la Corte di Cassazione ha emesso la sentenza rescindente, limitandosi a valutare i dati processuali già emersi ai fini della valutazione in ordine alla proporzionalità della sanzione, né la stessa ricorrente indica, nel rispetto della richiesta specificità della censura, quali punti della sentenza di rinvio abbiano esorbitato dai limiti del decisum di cassazione;
3. con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 173, 222 e 225 CCNL Commercio per i dipendenti da aziende del terziario della distribuzione e dei servizi, rilevando che il comportamento del lavoratore è esistente e di particolare gravità, né è suscettibile di attenuazione in base al principio di proporzionalità, codificato nell’art. 2106 c.c., risiedendo la ratio della disciplina collettiva nella esigenza di evitare che impedimenti nell’esecuzione della prestazione lavorativa possano cagionare pregiudizio alla controparte;
4. il motivo è inammissibile poiché il giudice del merito ha dato conto delle ragioni in forza delle quali la condotta del ricorrente non è meritevole della sanzione espulsiva, anche mediante riferimento ai concomitanti disservizi del sistema di comunicazione del sistema sanitario, e il giudizio in ordine alla gravità e proporzione della sanzione espulsiva adottata sono demandati all’apprezzamento del giudice di merito, che – anche qualora riscontri l’astratta corrispondenza dell’infrazione contestata alla fattispecie tipizzata contrattualmente – è tenuto a valutare la legittimità e congruità della sanzione inflitta, tenendo conto di ogni aspetto concreto della vicenda, con giudizio che, se sorretto, come nella specie, da adeguata e logica motivazione, è incensurabile in sede di legittimità (Cass. n. 26010 del 17/10/2018);
5. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato, con liquidazione delle spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 5.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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