CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 aprile 2018, n. 10006
Imposte indirette – IVA – Accertamento – Fatturazione – Contenzioso tributario
Rilevato che
La D.O. s.a.s. impugnò un avviso d’accertamento che recuperò a tassazione maggiore Iva in ordine ad alcune fatture relative ad operazioni inesistenti in quanto riferite ad imprese risultate non operanti; l’ufficio si costituì resistendo al ricorso.
La Ctp accolse il ricorso; l’ufficio propose appello rigettato dalla Ctr in quanto, premesso che l’avviso impugnato era scarsamente motivato, era stato dimostrato che le imprese che avevano emesso le fatture contestate erano esistenti ed operanti, come desumibile dalla documentazione acquisita.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Resiste la società e i due soci, con controricorso, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.
Considerato che
Con il primo motivo è stata denunziata insufficiente e omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo afferente alla ritenuta esistenza delle operazioni, oggetto delle fatture contestate emesse dalla ditta F.P.P. di P.G., avendo la Ctr affermato che le stesse operazioni erano da considerare effettive sulla base della documentata iscrizione nel registro delle imprese che, di per sé, non aveva efficacia probatoria della dedotta omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali.
Con il secondo motivo è stata denunziata la violazione dell’art. 2697 c.c., non avendo la Ctr applicato correttamente le norme sull’onere probatorio.
Con il terzo motivo è stato denunziato il vizio di motivazione in ordine alla ratio decidendi relativa alla cessione intracomunitaria dell’impresa spagnola N., poiché i documenti esaminati dalla Ctr non dimostravano l’effettività della stessa cessione.
Con il quarto motivo è stata ancora dedotta la violazione dell’art. 2697 c.c. e la falsa applicazione delle norme in tema di disconoscimento delle visure camerali e dei presupposti della querela di falso.
Il ricorso è fondato.
Preliminarmente, vanno disattese le eccezioni d’inammissibilità poiché il ricorso è autosufficiente, indicando con sufficiente chiarezza i fatti di causa e i vizi lamentati.
I primi due motivi, da trattare congiuntamente poiché tra loro connessi, sono da accogliere. La Ctr non ha adeguatamente motivato circa la prova dell’effettiva esistenza ed operatività delle due imprese che hanno emesso le fatture, rispettivamente, per le operazioni relative ai lavori eseguiti dalla ditta F.P.P. di P.G., ed alle cessioni alla N. Europea.
La sentenza impugnata non è correttamente motivata, sulla base della sola iscrizione delle D.O. s.a.s nel registro delle imprese, se si considera la mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali e l’insussistenza di attività commerciali a suo nome, come desumibile dall’avviso d’accertamento.
Sussiste altresì la violazione dell’art. 2697 c.c., in quanto l’ufficio aveva dimostrato, attraverso le informazioni acquisite dal comune di Soverato e sulla base della mancanza delle dichiarazioni dei redditi, il carattere di mera “cartiera” della D.O. s.a.s., mentre gravava sul contribuente l’onere di provare la reale esecuzione delle operazioni.
Al riguardo, occorre richiamare la costante giurisprudenza della Corte secondo cui, in tema di contenzioso tributario, l’Amministrazione finanziaria, ove contesti l’inesistenza di operazioni assunte a presupposto della deducibilità dei relativi costi e di detraibilità della relativa imposta, ha l’onere di provare, anche mediante presunzioni semplici, che dette operazioni, in realtà, non sono state effettuate, mentre, in presenza di siffatta prova, spetta al contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili. (Cass., n. 25775/14).
Il terzo motivo è parimenti fondato. Sussiste il vizio di motivazione in quanto la Ctr ha indicato genericamente l’ulteriore documentazione rilasciata dall’Agenzia tributaria spagnola che avrebbe dimostrato l’effettiva operazione intracomunitaria, senza specificare i documenti prodotti.
Infine, il quarto motivo è infondato. Al riguardo, l’Agenzia ricorrente aveva contestato l’effettività dell’operazione intracomunitaria poiché l’impresa spagnola non era iscritta nel registro Vies. Ora, va richiamata la recente giurisprudenza unionale, secondo cu la mancata iscrizione al Vies non costituisce un ostacolo per l’applicazione del regime di non imponibilità Iva nell’ambito delle cessioni intracomunitarie, salvo si tratti di casi di frode (Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 9 febbraio 2017, causa C-21/16).
Al riguardo, la Corte unionale considera necessarie, ai fini della realizzazione di una cessione intracomunitaria, esclusivamente le condizioni sostanziali (previste dall’art. 138, par. 1, della direttiva 2006/112/CE; in riferimento all’art. 41, co. 1 del d.l. n.331/93 a livello nazionale) relegando alla posizione di requisito “formale” non rilevante l’iscrizione al Vies del soggetto passivo Iva comunitario.
Secondo l’orientamento della giurisprudenza comunitaria, in presenza dei requisiti sostanziali contemplati elencati, la detassazione di un’operazione intracomunitaria può essere messa in discussione nei soli casi previsti (se il cedente abbia partecipato intenzionalmente ad una frode fiscale, e nel caso in cui la violazione del requisito formale dell’iscrizione al Vies abbia l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa della sussistenza dei requisiti sostanziali).
Nel caso concreto, dunque, la mancata iscrizione dell’impresa spagnola cessionaria in tale registro Vies non poteva costituire indizio dell’inesistenza dell’operazione di cessione, non essendo stata allegata l’insussistenza delle suddette condizioni sostanziali richieste dalla normativa unionale. Per quanto esposto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Ctr, anche per le spese.
P.Q.M.
Accoglie i primi tre motivi del ricorso e rigetta il quarto. Rinvia alla Ctr della Campania, in diversa composizione, anche per le spese.
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