CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 aprile 2019, n. 11235
Contratto dei consorzi agrari – Contratto collettivo di lavoro applicabile – Trasferimento d’azienda
Rilevato
che la Corte di Appello di Roma, con sentenza depositata in data 16.11.2012, accogliendo il gravame interposto da M.O.F. S.p.A., nei confronti di G. A., avverso la sentenza n. 2067/2006 del Tribunale di Latina, ha revocato il decreto ingiuntivo n. 284/2003, con il quale era stato ingiunto alla società di corrispondere al lavoratore la somma complessiva di Euro 26.059,31 a titolo di differenze retributive relative al periodo aprile 1998-novembre 2002; che per la cassazione della sentenza ricorre il lavoratore sulla base di due motivi; che la società è rimasta intimata; che il P.G. non ha formulato richieste
Considerato
che, con il ricorso, si censura: 1) in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, nonché, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 2909 c.c. per avere la Corte territoriale “ritenuto che nei confronti del ricorrente non fosse applicabile il contratto dei consorzi agrari, pronunciandosi, quindi, nuovamente su una controversia già insorta tra le parti e decisa in senso opposto dalla stessa Corte di Appello di Roma in diversa composizione, ignorando completamente quanto dedotto sul punto sia nelle difese di primo grado che nel giudizio di appello da parte dell’odierno ricorrente”; si lamenta, altresì, che la questione relativa al contratto collettivo di lavoro applicabile al rapporto di cui si tratta era stata già decisa dal Tribunale di Latina, con la sentenza n. 1308/2001, posta a fondamento della pretesa creditoria – che ha stabilito che <<non sussistendo, nella specie, una alternatività fra contratti collettivi, non essendoci alcuna contrattazione collettiva applicata dalla MOF S.p.A. prima del trasferimento d’azienda e non potendo allora che prevalere per ragioni di ordine logico-sistematico, la garanzia posta dalla prima parte del terzo comma dell’art. 2112 c.c. con la conseguente applicabilità del contratto collettivo già precedentemente in azienda applicato…>> – e che la Corte distrettuale avrebbe ignorato il giudicato contenuto della predetta sentenza, posta a base della pretesa monitoria, che fa stato tra le parti ai sensi dell’art. 2909 c.c., ed altresì i precedenti giurisprudenziali specifici che avevano escluso l’applicazione del CCNL Commercio; 2) in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 2112, 2070 e 2077 c.c., e si lamenta che la difesa del ricorrente avrebbe dedotto anche in appello che il contratto collettivo dei Consorzi Agrari deve essere applicato in azienda, atteso che si è tacitamente rinnovato, non essendo stato disdettato, né avendo stipulato le parti un nuovo contratto, e che l’unica prova che la MOF S.p.A. avrebbe potuto dare a sostegno della sua opposizione è quella della disdetta e del raggiungimento di un diverso accordo tra le parti, mai fornita nel corso del giudizio; si deduce, ancora, che su tali circostanze e deduzioni in fatto è omesso ogni esame nella sentenza impugnata, nella quale non si è tenuto conto della sentenza del Tribunale di Latina n. 1308/2001, In cui si afferma che <<Tra le parti non è intervenuta alcuna nuova pattuizione collettiva, ma il datore di lavoro, in violazione di espliciti accordi sindacali e di una prassi pluriennale, ha unilateralmente deciso di applicare il diverso CCNL, senza che risulti siano state consultate le organizzazioni sindacali e senza disdettare i precedenti contratti collettivi aziendali, che espressamente sanciscono l’applicazione in azienda del CCNL per i dipendenti dei Consorzi Agrari.
che il primo motivo non è meritevole di accoglimento, in quanto Il ricorrente non ha documentato le censure in ordine alla pretesa <<nuova pronunzia della Corte di merito in ordine ad una questione già insorta tra le parti e decisa in senso diametralmente opposta dalla stessa Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, ignorando quanto dedotto sul punto nelle difese svolte dal ricorrente sia in primo che in secondo grado>>; innanzitutto, infatti, la parte ricorrente non ha indicato analiticamente quali sarebbero le deduzioni ignorate dai giudici di seconda istanza; non ha riportato le difese di primo e di secondo grado ed ha citato due sentenze della Corte di Appello di Roma in cui sarebbero contenute affermazioni contrarie alle argomentazioni poste a fondamento della decisione oggetto di questo giudizio, senza considerare che la Corte territoriale ha deciso in conformità con consolidati arresti giurisprudenziali di legittimità nella materia (cfr., tra le molte, Cass. nn. 17364/2013; 15931/2013; 16470/2012; 16469/2012; 20784/2010; 11325/2005): e ciò, in spregio alla prescrizione di specificità dell’art. 366, primo comma, n. 4, c.p.c., che esige che il vizio della sentenza previsto dall’art. 360, primo comma, n. 3, del codice di rito, debba essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle disposizioni asseritamente violate, ma anche con specifiche argomentazioni intese motivatamente a dimostrare in quale modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbano ritenersi in contrasto con le disposizioni regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla prevalente giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le molte, Cass., Sez. VI, orci. nn. 187/2014; 635/2015; Cass. nn. 19959/2014; 18421/2009), ed altresì dell’art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c.; inoltre, nel corso dello stesso motivo, si fa riferimento al CCNL Consorzi Agrari ed al CCNL Commercio, che non sono stati prodotti (e neppure indicati nell’elenco dei documenti offerti in comunicazione elencati nel ricorso per cassazione), né trascritti, in violazione del principio, più volte ribadito da questa Corte, che definisce quale onere della parte ricorrente quello di indicare lo specifico atto precedente cui si riferisce, in modo tale da consentire alla Corte di legittimità di controllare ex actis la veridicità delle proprie asserzioni prima di esaminare il merito della questione (Cass. n. 14541/2014, cit.). Il ricorso per cassazione deve, infatti, contenere tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed a consentire la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza che sia necessario fare rinvio a fonti esterne al ricorso e, quindi, ad elementi o atti concernenti il pregresso grado di giudizio di merito (cfr., tra le molte, Cass. nn. 10551/2016; 23675/2013; 1435/2013). Per la qual cosa, questa Corte non è stata messa in grado di poter apprezzare la veridicità delle doglianze svolte dal ricorrente con il primo mezzo di impugnazione, neppure con riferimento alla sentenza n. 1308/2001 del Tribunale di Latina, con la quale era stato dichiarato il diritto dell’A. ad essere inquadrato nel quarto livello CCNL Consorzi Agrari, asseritamente passata in giudicato, non prodotta;
che il secondo motivo non è fondato, in quanto attiene a deduzioni proposte per la prima volta in questa sede e non oggetto dei motivi di gravame; in particolare, il ricorrente non ha prodotto l’atto di appello, né ha specificato come, dove e quando ha proposto, dinanzi alla Corte di merito, la censura relativa alla mancata applicazione, nella fattispecie, del CCNL dei Consorzi Agrari;
che per tutto quanto in precedenza esposto, il ricorso va respinto;
che nulla va disposto in ordine alle spese del presente giudizio, poiché la M.O.F.-Mercato Ortofrutticolo di Fondi S.p.A. non ha svolto attività difensiva;
che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
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