CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 aprile 2019, n. 11247
Società in liquidazione – Fideiussione in favore di altra società – Decreto ingiuntivo per il pagamento all’Inps di contributi previdenziali – Disciplina del rito del lavoro invece di quella del rito civile ordinario – Ricorso inammissibile
Rilevato in fatto
che, con sentenza depositata il 14.12.2016, la Corte d’appello di Milano, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta da C.F. s.p.a. in liquidazione avverso il decreto ingiuntivo con cui il locale Tribunale le aveva ingiunto di pagare all’INPS somme per contributi previdenziali dovuti da P.S. s.r.l., giusta fideiussione in suo favore;
che avverso tale pronuncia C.F. s.p.a. (ora F. s.c.p.a. in liquidazione) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;
che l’INPS ha resistito con controricorso;
che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
Considerato in diritto
che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 427 c.p.c. per avere la Corte di merito ritenuto che, in virtù dell’identità tra l’obbligazione principale e quella del fideiussore, la controversia andasse assoggettata alla disciplina del rito del lavoro, invece che a quella del rito civile ordinario;
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1439 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto che la malafede della debitrice principale P.S. s.r.l. fosse inopponibile all’INPS per estraneità di quest’ultimo al raggiro, laddove, non vertendosi in materia di fideiussione ma di contratto autonomo di garanzia, dovevano reputarsi opponibili all’Istituto le eccezioni attinenti alla validità ed efficacia del contratto di garanzia, nella specie frutto di truffa ai suoi danni;
che il primo motivo è inammissibile ex art. 360-bis, n. 2, c.p.c. non precisandosi in ricorso in che modo la censura concernente la violazione di uno dei «principi regolatori del giusto processo» (ossia delle regole processuali la cui violazione è astrattamente denunciabile ex art. 360 n. 4 c.p.c., quali nella specie l’art. 427 c.p.c. e, per suo tramite, delle norme regolative del processo civile ordinario) avrebbe avuto carattere decisivo, cioè incidente sul contenuto sostanziale della decisione e tale da arrecare un effettivo pregiudizio alla parte denunciante (Cass. n. 22341 del 2017);
che il secondo motivo è parimenti inammissibile, proponendosi di veicolare, ancorché dissimulato sub specie di violazione e falsa applicazione dell’art. 1439 c.c., un riesame dell’interpretazione e della conseguente qualificazione giuridica che la Corte di merito ha dato del contratto già stipulato tra l’odierna ricorrente e P.S. s.p.a. senza trascriverne il contenuto e senza precisare in quale luogo del fascicolo processuale e/o di parte esso in atto si troverebbe (Cass. nn. 14107 del 2017, 14784 del 2015, 8569 del 2013), disattendendo altresì il consolidato principio secondo cui è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con cui si deduca una violazione di disposizioni di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, atteso che in tal modo si consentirebbe la surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, grado di merito (Cass. n. 8758 del 2017);
che il ricorso, conclusivamente, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 15.200,00, di cui € 15.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
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