CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 aprile 2020, n. 8151

Pignoramento della pensione – Ordinanza di assegnazione, potenzialmente satisfattiva, nei confronti di uno dei due debitori – Prosecuzione dell’azione esecutiva intrapresa nei confronti dell’altro debitore

Ritenuto

La G.B. s.p.a. creditrice dei coniugi V.S. e G.F., debitori solidali, sottoponeva a pignoramento la pensione dovuta al primo dall’I.N.P.S. Successivamente, in data 22 marzo 2013, notificava un analogo atto di pignoramento a carico della F..

In data 19 giugno 2013, stante la dichiarazione positiva del terzo pignorato, il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Grosseto assegnava in pagamento alla G.B. s.p.a., nei limiti di legge, la pensione del S..

Ciò nonostante, la G.B. s.p.a. non desisteva dal pignoramento a carico della F., sicché l’I.N.P.S. continuava ad accantonare le somme pignorate.

La F. proponeva, quindi, opposizione all’esecuzione, sostenendone l’illegittimità. Respinta, anche in esito a reclamo cautelare, la richiesta di sospensione del processo esecutivo, l’opposizione veniva proseguita nel merito.

Il Tribunale di Grosseto rigettava l’opposizione, con sentenza confermata in grado d’appello.

Avverso tale decisione ricorre il S., erede della F., nel frattempo deceduta, per due motivi. La G.B. s.p.a. resiste con controricorso.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ. (come modificato dal comma 1, lett. e, dell’art. 1 – bis d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con modif. dalla I. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive ex art. 380 – bis, primo comma, cod. proc. civ.

Considerato

1. Con il primo motivo il ricorrente si duole della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in quanto la Corte d’appello non avrebbe esaminato il motivo di impugnazione relativo alla inapplicabilità dell’art. 483 cod. proc. civ. ai condebitori solidali.

Il motivo è inammissibile per difetto di specificità (art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ.), non essendo stato indicato come e quando sarebbe stato dedotto il motivo di appello che il ricorrente sostiene non essere stato esaminato.

In ogni caso, si tratterebbe anche di una censura manifestamente infondata. La Corte d’appello, infatti, esaminando una questione subordinata rispetto alla falsa applicazione dell’art. 483 cod. proc. civ., ha comunque inteso disattendere implicitamente questa censura, se effettivamente proposta. Del resto, l’art. 483 cod. proc. civ. è certamente richiamato a sproposito dall’opponente. Tale disposizione si riferisce al cumulo dei mezzi di espropriazione nei confronti del medesimo debitore, mentre la questione che viene qui in rilievo è se, in base alla disciplina generale delle obbligazioni solidali, sia possibile per il creditore proseguire l’azione esecutiva intrapresa nei confronti di uno dei due debitori, dopo aver ottenuto un’ordinanza di assegnazione, potenzialmente satisfattiva, nei confronti dell’altro.

2. Con il secondo motivo si affronta più specificatamente il profilo testé illustrato.

Il ricorrente sostiene che la G.B. s.p.a. avrebbe agito in violazione dei princìpi di correttezza e buona fede ed invoca il principio affermato da questa Corte secondo cui, in materia di espropriazione forzata, la necessità di coordinare il principio della cumulabilità dei mezzi di esecuzione con il divieto di abuso degli strumenti processuali – ricavabile dalla previsione dell’art. 111, primo comma, Cost., nonché dall’operatività degli obblighi di correttezza e buona fede anche nell’eventuale fase patologica di una relazione contrattuale – comporta che l’emissione di un’ordinanza di assegnazione, sebbene di regola non precluda la possibilità di ottenerne altre in relazione allo stesso titolo e fino alla soddisfazione effettiva del credito, rende illegittima la scelta del creditore di intraprendere una nuova esecuzione, allorché egli sia stato integralmente soddisfatto in forza di detto provvedimento e non deduca la mancata ottemperanza all’ordine di assegnazione da parte del suo destinatario (Sez. 3, Sentenza n. 7078 del 09/04/2015, Rv. 635106 – 01).

Il motivo è inammissibile a causa della eccessiva genericità delle censure.

Il requisito di specificità e completezza del motivo di ricorso per cassazione è diretta espressione dei principi sulle nullità degli atti processuali e segnatamente di quello secondo cui un atto processuale è nullo, ancorché la legge non lo preveda, allorquando manchi dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento del suo scopo (art. 156, secondo comma, cod. proc. civ.). Tali principi, applicati ad un atto di esercizio dell’impugnazione a motivi tipizzati, come il ricorso per cassazione, e posti in relazione con la particolare struttura del giudizio di legittimità cassazione, nel quale la trattazione si esaurisce – quando prevista – nell’udienza di discussione e non è consentita alcuna attività di allegazione ulteriore (giacché le memorie di cui agli artt. 378, 380-bis o 380-bis-1 cod. proc. civ. sono finalizzate esclusivamente ad argomentare sui motivi fatti valere e sulle difese della parte resistente), comportano che il motivo di ricorso per cassazione, ancorché la legge non esiga espressamente la sua specificità (come invece per l’atto di appello), debba necessariamente essere specifico, cioè articolarsi nella enunciazione di tutti i fatti e di tutte le circostanze idonee ad evidenziarlo (Sez. 3, Sentenza n. 4741 del 04/03/2005, Rv. 581594 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 6184 del 13/03/2009, Rv. 60729 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 24211 del 14/11/2006, Rv. 593552 – 01). E ora Cass., Sez. un. n. 7074 del 2017, in motivazione)

In particolare, il ricorso nulla chiarisce in ordine allo svolgimento delle vicende espropriative: solo dalla lettura della memoria della banca controricorrente si apprende che nella procedura esecutiva a carico della F. vennero assegnate solo le spese della procedura esecutiva. Sicché, l’ordinanza di assegnazione a carico della F. non risulta aver avuto ad oggetto somme imputabili, salva esazione, al soddisfacimento del medesimo credito in relazione al quale era stata emessa l’ordinanza di assegnazione a carico del S..

3. Sebbene tale rilievo sia assorbente, è utile esaminare – anche ai sensi dell’art. 363, terzo comma, cod. proc. civ. – la questione di diritto prospettata. Il principio invocato dal ricorrente (peraltro recentemente ripreso e ribadito, in materia di esecuzione forzata tributaria, anche da Sez. 5, Sentenza n. 10668 del 17/04/2019, Rv. 653657 – 02, secondo cui la clausola generale di buona fede viene in rilievo, addirittura, anche nella fase anteriore all’inizio dell’esecuzione) non è applicabile nel caso di specie. Quell’affermazione, infatti, si riferisce al caso in cui un creditore agisca intraprenda una seconda azione espropriativa nei confronti del medesimo debitore e lo stesso titolo, allorquando abbia già conseguito un provvedimento potenzialmente satisfattivo del credito. Nel caso in esame, invece, la G.B. s.p.a. ha separatamente agito nei confronti di due debitori solidali, il S. e la F.. Sussiste, quindi, il presupposto dell’unicità del titolo, ma difetta quello della identità soggettiva dell’esecutato.

Seguendo la tesi del ricorrente, si finirebbe con l’introdurre un beneficium excussionis in favore del secondo debitore solidale, non previsto dalla legge e che si pone in insanabile contrasto con la natura stessa dell’obbligazione solidale dal lato passivo, la quale comporta che soltanto il pagamento effettivamente conseguito da un condebitore estingue la pretesa creditoria nei confronti degli altri.

Tale effetto limitativo della responsabilità solidale non può essere attribuito all’assegnazione dei crediti pignorati presso terzi, in quanto la stessa non è immediatamente satisfattiva. Al contrario, essa è pronunciata “salvo esazione” (art. 553 cod. proc. civ.), sicché l’estinzione del diritto del creditore ha luogo solo con l’effettivo integrale pagamento, da parte del terzo pignorato, di tutte le somme assegnate. Nel caso particolare del pignoramento di quota del trattamento pensionistico, tale evento estintivo non è immediato, perfezionandosi solo all’esito dell’accantonamento, mese dopo mese, di tutte le somme effettivamente necessarie per la soddisfazione delle ragioni del creditore. Quindi, a maggior ragione si giustifica la facoltà, per il creditore di due o più debitori solidali, la possibilità di instaurare una pluralità di procedure esecutive “parallele” a carico di ciascuno dei condebitori, fintanto che non abbia ottenuta l’integrale soddisfazione del credito.

Ovviamente, al creditore è preclusa la possibilità di ottenere più dell’ammontare del suo credito, ma tale limite opera, in sede esecutiva, solo al momento del materiale soddisfacimento del credito, ossia dell’assegnazione delle somme rivenienti dall’espropriazione forzata. Non è, quindi, preclusa al creditore la possibilità di munirsi di due distinte ordinanze di assegnazione, ciascuna nei confronti di un diverso condebitore solidale, fermo restando che potrà incassare in forza della seconda solo quanto sopravanzi, in quel momento, alla prima.

6. Deve essere quindi affermato il seguente principio di diritto:

In tema di esecuzione forzata, non viola gli obblighi di correttezza e buona fede e non contravviene al divieto di abuso degli strumenti processuali l’iniziativa del creditore di due o più debitori solidali che, in forza del medesimo titolo, intraprenda un’azione esecutiva nei confronti di uno di essi dopo aver ottenuto, nei confronti di un altro condebitore, un’ordinanza di assegnazione ex art. 553 cod. proc. civ., fintanto che la stessa non sia stata interamente eseguita dal terzo pignorato sino all’integrale concorrenza del credito per cui si agisce, fermo restando il divieto di ottenere più dell’ammontare del credito medesimo, la cui violazione deve essere fatta eventualmente valere in sede esecutiva mediante apposita opposizione“.

5. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385, comma primo, cod. proc. civ., nella misura indicata nel dispositivo.

Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sicché va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da lui proposta.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 – quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis, dello stesso art. 13.