CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 aprile 2020, n. 8169
Dirigenti Avvocati – Comparto Sanità – Onorari professionali – Retribuzione di risultato – Condizione che la parte avversa soccombente si stata oggetto di condanna alle spese e le somme liquidate acquisite al patrimonio dell’Azienda
Rilevato
1. il Tribunale di Palermo aveva accolto l’opposizione proposta dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo avverso il decreto con il quale F.L., avvocato di ruolo presso l’Azienda, aveva ingiunto il pagamento degli onorari professionali maturati in relazione alla difesa dell’Ente in giudizi che si erano conclusi con la vittoria dell’Ente stesso e con la dichiarazione di compensazione delle spese del giudizio;
2. il Tribunale ha rigettato l’eccezione di nullità del ricorso in opposizione per difetto di procura al difensore costituito e, richiamati i principi affermati da questa Corte (Cass. n. 2266 del 2012 e n. 13963 del 2006 e n. 18454/2014), ha rilevato che la procura era stata conferita in forma scritta ed ha ritenuto che gli incarichi agli Avvocati devono essere qualificati come prestazioni d’opera professionale e non come appalti, con conseguente non sussumbilità entro la fattispecie dei “servizi legali” di cui alla voce 21 dell’allegato II B del d. Igs. n. 236 del 2006, che postula l’esistenza di una struttura idonea ad offrire non il patrocinio legale per cause determinate ma servizi legali in senso ampio;
3. nel merito, il Tribunale ha ritenuto che: il CCNL Area della Dirigenza Sanitaria, Professionale, Tecnica Ed Amministrativa del Comparto Sanità, nel disciplinare, con gli artt. Da 61 a 64, la retribuzione di risultato spettante ai dirigenti, all’art. 64 detta una disciplina generale ed esaustiva disponendo che i compensi di natura professionale spettano ai dirigenti Avvocati solo a condizione che la parte avversa soccombente si stata oggetto di statuizione di condanna alle spese e che le somme a tal titolo liquidate siano state acquisite al patrimonio dell’ Azienda; le risorse finanziarie derivanti dalla condanna alle spese della parte soccombente sono le uniche destinate ad incentivare le prestazioni dei dirigenti Avvocati; il riferimento fatto dall’art. 64 alle risorse previste dall’art. 61 c. 2 , punto b) deve intendersi effettuato solo al fondo costituito dalle somme espressamente indicate da tale norma, la quale non richiama gli onorari e le competenze degli Avvocati nelle ipotesi in cui sia stata disposta la compensazione delle spese del giudizio, ma soltanto i compensi di cui all’art. 64 c. 1 (competenze ed onorari relativi ai casi di condanna della parte avversa alle spese di giudizio);
4. il giudice di primo grado, inoltre, ha ritenuto che: la delibera della Amministrazione n. 63 del 2000, che aveva riconosciuto la spettanza di ulteriori compensi in caso di definizione dei giudizi conclusi con compensazione delle spese del i giudizio, era illegittima perché, in contrasto con l’art. 45 del D. Lgs. n. 165 del 2001, aveva introdotto compensi non previsti dalla contrattazione collettiva di livello nazionale, la quale non era derogabile dalla contrattazione decentrata; in danno dei dirigenti Avvocati non era configurabile un trattamento discriminatorio in quanto essi percepivano i compensi previsti dall’art. 64 del CCNL; la scelta dell’Azienda di regolare in via transattiva pretese analoghe a quelle dedotte in giudizio era irrilevante in quanto correlata a periodi temporali diversi da quelli dedotti in giudizio e in quanto l’Azienda non aveva riconosciuto la fondatezza delle domande azionate nel giudizio;
5. la Corte di Appello di Palermo, con ordinanza in data 7.11.2013, pronunziata ai sensi degli artt.348 bis e 348 ter cod.proc.civ, ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello sul rilievo che non aveva una ragionevole probabilità di essere accolto alla luce delle precedenti decisioni pronunciate sulle medesime questioni oggetto del giudizio di appello;
6. avverso la sentenza di primo grado L.F. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, articolati in più profili di censura, illustrati da successiva memoria; l’Azienda Sanitaria Provinciale – A.S.P. di Palermo è rimasta intimata;
Considerato
sintesi dei motivi
la ricorrente denuncia:
1. con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 e n. 5 cod.proc.civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 20 e 27 e dell’Allegato II B del D.Lgs. n. 163 del 2006, e dell’art. 1418 c.c., dell’art. 111 c. 7 della Costituzione e dell’art. 132 cod.proc.civ. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ( delibere n. 574 del 28.5.2009 e n. 678 del 17.9.2010); imputa alla Corte territoriale di non avere valutato adeguatamente la peculiarità e la specificità che caratterizzava il conferimento dell’incarico all’Avvocato G. (che aveva proposto l’ opposizione avverso il decreto ingiuntivo azionato dall’odierna ricorrente), desumibile dalle delibere del Direttore Generale n. 574 del 28.5.2009 e n.678 del 17.9.2010; deduce che all’Avvocato G. era stata affidata la gestione legale di tutta la complessa controversia avente ad oggetto il contenzioso con gli Avvocati Dirigenti e non la singola opposizione a decreto ingiuntivo.
2. con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 5 della L. 2248 del 1965 (“recte” 1865);
imputa alla Corte territoriale di avere disapplicato il provvedimento che aveva riconosciuto ai Dirigenti Avvocati il diritto alla corresponsione, quale premio di produttività, della metà delle competenze e onorari ai minimi tariffari nei giudizi favorevoli all’Amministrazione nei casi di disposta compensazione delle spese del giudizio;
3. con il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 11 preleggi e degli artt. 40 c. 3 quinquiese 45 del d. Igs. n. 165; sostiene che il d.lgs. n. 165 del 2001, art. 45, non vigeva alla data di adozione della delibera n. 63 del 2000; deduce che la delibera n. 63 del 2000 non aveva fatto altro che stabilire un criterio generale sulle modalità di attribuzione ai Dirigenti della retribuzione collegata ai risultati, nel rispetto degli artt. 5 e 45 del d. Igs. n. 165 del 2001
4. con il quarto motivo ( erroneamente rubricato come n. 3) , ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 cod.proc.civ., violazione e falsa applicazione degli artt. violazione e falsa applicazione dell’art. 11 preleggi e degli artt. 5, 61, 62 e 64 del CCNL personale non medico con qualifica dirigenziale quadriennio normativo 1994-1997 ed economico 1994-1995); assume che la disciplina dei compensi spettanti ai dirigenti Avvocati è contenuta non solo nell’art. 64 del CCNL ma anche nell’art. 61, comma 2 punto b);
deduce che la delibera n. 63 del 2000 era stata adottata all’esito della informativa data alle OSS le quali non avevano formulato alcuna osservazione;
5. con il quinto motivo (erroneamente rubricato come n. 4), ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 e n. 5 cod.proc.civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 11 c. 7 Cost e 132 cod.proc.civ. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (transazione del 29.1.2004, deliberazione n. 393 del 29.1.2004);
esame dei motivi
6. il primo motivo è inammissibile perché la ricorrente in violazione degli oneri di specificazione e di allegazione di cui agli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., nella lettura datane da questa Corte (Cass. SSUU 8077/2012; Cass. 5696/2018, 24883/2017, 13713/2015, 19157/2012, 6937/2010), ha trascritto nel ricorso brani parziali e insufficienti a ricostruire l’intero contenuto delle delibere del Direttore Generale n. 574 del 28.5.2009 e n. 678 del 17.9.2010, atti che non deposita unitamente al ricorso per cassazione e di cui non fornisce indicazioni utili per il loro facile rinvenimento nel presente giudizio; l’omessa allegazione di tali atti non consente lo scrutinio della dedotta violazione degli artt. 20 e 27 all. II b del d. Igs. n. 163 del 2006, denuncia che è fondata sulle delibere innanzi richiamate;
7. il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, da trattarsi congiuntamente per l’intima connessione che correla le diverse censure, presentano profili di infondatezza e di inammissibilità;
8. questa Corte (Cass. n. 6553 del 2019; nn. 12332 e 12333 del 2018), in fattispecie del tutto sovrapponibili a quella in esame, ha già affermato che, in tema di retribuzione di risultato, ai dirigenti avvocati e procuratori appartenenti al ruolo professionale non spetta il premio per la prestazione individuale di cui all’art. 61 del C.C.N.L. area dirigenza sanitaria 1996, atteso il chiaro tenore letterale del successivo art. 64 che riconosce loro, quale incentivo, il compenso di cui al r.d. n. 1578 del 1933 recuperato a seguito di condanna della parte avversa soccombente;
9. il Collegio ritiene di dare continuità ai principi affermati nelle sentenze sopra richiamate, condividendone le ragioni esposte, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. cod.proc.civ., atteso che la ricorrente nel ricorso e nella memoria non apporta argomenti decisivi che impongano la rimeditazione dell’orientamento giurisprudenziale innanzi richiamato;
10. le censure (terzo motivo) che imputano al Tribunale di avere omesso di esaminare il contenuto della delibera n. 63 del 2000 che, nella prospettazione difensiva della ricorrente, costituirebbe prova dell’esistenza di un accordo negoziale in sede decentrata, oltre a scontare il difetto della sua allegazione (l’atto non è riprodotto nel ricorso , non è a questo allegato e soltanto nella memoria ne è specificata la sede di produzione, cfr. punto n. 6 di questa sentenza) è inammissibile perché: a) senza la specifica denuncia della violazione dei criteri di ermeneutica negoziale, sollecita il riesame della portata di tale delibera, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 14449/2017, 17716/2016, 7671/2016, 6748/2010); b) non si confronta con la corretta (Cass. 12332/2018, 12333/2018) affermazione della Corte territoriale secondo cui la indennità rivendicata era comunque estranea alla delega conferita dall’art. 5 del CCNL alla contrattazione collettiva decentrata;
11. il quarto motivo è inammissibile perché: a) le censure sono correlate ad atti (transazione del 29.1.2004, deliberazione n. 393 del 29.1.2004) che non sono riprodotti nel ricorso e non sono a questo allegate ( cfr. punto 6 di questa sentenza);
b) il Tribunale con ampia ed esaustiva motivazione, ha ricostruito la portata dell’atto di transazione, evidenziando che erano rimaste estranee le pretese azionate nel giudizio, con accertamento che, in mancanza della specifica deduzione della violazione dei criteri di ermeneutica negoziale, non può essere oggetto di riesame in sede di legittimità ( cfr. punto 10 lett. a) di questa sentenza);
12. conclusivamente, il ricorso va rigettato;
13. non v’è spazio per pronunzia sulle spese in quanto la parte intimata non ha svolto attività difensiva;
14. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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