CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 aprile 2020, n. 8182
Tributi – Agevolazioni fiscali – Associazione Sportiva Dilettantistica – Insussistenza della natura commerciale – Prova
Rilevato che
– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 22 marzo 2012, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della Associazione Sportiva Dilettantistica Nuoto V. per l’annullamento degli avvisi di accertamento emessi con riferimento ai periodi di imposta dal 2003 al 2007;
– dall’esame della sentenza impugnata si evince che con tali atti impositivi l’Ufficio aveva contestato che l’Associazione aveva operato quale ente commerciale e aveva recuperato le imposte non versate;
– il giudice di appello ha disatteso il gravame erariale evidenziando che l’Associazione aveva offerto prova sufficiente del fatto che l’attività dalla stessa esercitata non aveva natura commerciale;
– il ricorso è affidato a cinque motivi;
– resiste con controricorso l’Associazione Sportiva Dilettantistica N.V.;
Considerato che
– con il primo motivo di ricorso l’Agenzia denuncia l’omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso, per aver la Commissione regionale ha escluso la contestata natura commerciale dell’Associazione con argomentazione apodittica, essendosi limitata ad affermare che «l’associazione ha potuto dimostrare sulla base di esauriente documentazione prodotta che l’attività da lei svolta è assente la natura commerciale»;
– siffatta argomentazione, per quanto succinta, è idonea a rendere percepibile l’iter logico seguito dal giudice, integrando il «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., a nulla rilevando gli allegati profili di sufficienza nell’esplicitazione dei singoli passaggi di interconnessione tra la conclusione (l’insussistenza della natura commerciale) e il fondamento di esse (il contenuto della documentazione richiamata);
– con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 148 e 149, T.U. 22 dicembre 1986, n. 917, e 4, quarto comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per aver la sentenza impugnata riconosciuto il trattamento fiscale agevolato previsto da tali norme per le attività commerciali svolte dalle associazioni sportive dilettantistiche in ragione dell’appartenenza dell’Associazione alla Federazione Italiana Nuoto e al C.O.N.I, nonché della partecipazione dei suoi atleti a gare ufficiali;
– il motivo è inammissibile;
– può evidenziarsi che l’art. 73, d.P.R. n. 917 del 1986 (già, 87), nell’annoverare tra i soggetti passivi i.re.s. (anche) gli enti non societari, opera una distinzione tra enti commerciali e enti non commerciali, in relazione al fatto che abbiano o meno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
– qualora si è in presenza di un ente non commerciale trova applicazione il regime di favore previsto dall’art. 143 (già, 108), in base al quale non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell’art. 2195 c.c. rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione;
– l’art. 148 (già, 111), poi, prevede una «decommercializzazione» specifica per alcune categorie di associazioni (tra cui le associazioni sportive dilettantistiche), estendendo il regime agevolativo alle attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, qualora tali associazioni si conformino ad una serie di clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti, tra cui quelle aventi ad oggetto il divieto di distribuzione di utili durante la vita dell’associazione (salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge), la disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, l’obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie e la partecipazione effettiva degli associati alla vita dell’ente (commi 3 e 4-quinquies) (cfr., in tema, Cass. 26 settembre 2018, n. 22939; Cass. 9 maggio 2018, n. 11050);
– deve, pertanto, distinguersi la questione relativa alla individuazione della qualità dell’ente da quella relativa alla qualificazione delle attività poste in essere dall’ente, ai fini fiscali, quali commerciali o non commerciali;
– conseguentemente, le questione prospettata dall’Amministrazione può assumere rilevanza ai fini dell’esclusione dell’applicazione della richiamata norma agevolativa di cui all’art. 148, terzo comma, d.P.R. n. 917 del 1986, ostando alla qualifica delle attività svolte dall’ente quali attività non commerciali, ma non anche del contestato mancato riconoscimento della qualità di ente non commerciale dell’Associazione, la quale richiede che l’attività dell’ente abbia avuto per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
– tale questione, pertanto, si presenta, ai fini che qui interessano, irrilevante, in quanto priva di decisività ai fini dell’accertamento della sussistenza o meno della qualità di ente commerciale dell’ente;
– con il terzo motivo la ricorrente si duole dell’insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso decisivo, nella parte in cui ha affermato che il signor L.F. aveva rivestito contemporaneamente la carica di presidente dell’associazione contribuente e amministratore unico della Centro Sportivo L. s.r.l. solo a far data dal 23 maggio 2009 e, dunque, in data successiva al periodo di imposta in oggetto, benché le evidenze documentali dimostrassero che tale duplicità di carica era riscontrabile anche per il periodo 29 maggio 2006 – 11 luglio 2008;
– il motivo è inammissibile, in quanto si risolve in una contestazione della valutazione delle risultanze probatorie effettuata dal giudice di merito;
– una siffatta censura non può trovare ingresso in questa sede in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale e non può riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa (cfr. Cass. 28 novembre 2014, n. 25332; Cass., ord., 22 settembre 2014, n. 19959);
– con il quarto motivo la ricorrente lamenta l’insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo nella parte in cui la sentenza ha attribuito rilevanza, ai fini dell’accertamento della natura non commerciale dell’Associazione, alla circostanza che quest’ultima fosse appartenente alla Federazione Italiana Nuoto e al C.O.N.I, nonché che i suoi atleti partecipassero a gare ufficiali;
– con l’ultimo motivo di ricorso censura la sentenza impugnata per insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso decisivo, nella parte in cui ha argomentato dal fatto che nell’anno 2005 era stato emesso avviso di accertamento nei confronti della Centro Sportivo L. s.r.l., proprietaria degli impianti, la separazione dell’attività commerciale, da quest’ultimo gestita, da quella non commerciale, propria dell’Associazione;
– i motivi, esaminabili congiuntamente, sono infondati, in quanto le contestate argomentazioni della Commissione regionale, così come correttamente riferite dall’Agenzia, rendono palese l’iter seguito dal giudice e consentono di apprezzarne la sufficienza sotto il profilo logico giuridico;
– pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto;
– le spese del giudizio di legittimità seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione dell’intero giudizio, liquidate in euro 8.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15% e accessori di legge.
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