CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 dicembre 2020, n. 29499
Tributi – Tasse ipotecarie – Elenchi soggetti presenti nelle formalità di un dato giorno – Aumento importo tassa – Legittimità
Rilevato che
L’Agenzia delle Entrate, articolando quattro motivi, ricorre per la cassazione della sentenza della CTR del Veneto, n. 83/22/13 che ha accolto l’appello proposto da I.T.C. S.r.l. avverso la sentenza della CTP di Padova, relativa al rigetto dell’istanza di rimborso dei tributi speciali, ipotecari e tasse ipotecarie, versate per il rilascio di “elenchi soggetti presenti nelle formalità di un dato giorno”, nel periodo dal 04.10.2006 al 10.04.2007, secondo quanto previsto dal numero d’ordine 7.1 della tabella delle tasse ipotecarie allegata al D.Lgs n.347/1990. La CTP di Padova, con la sentenza n. n.43/04/2012, aveva rigettato il ricorso della società che lamentava l’illegittimità dell’aumento dell’importo della tassa, da € 0.70 a € 4 a persona dell’elenco giornaliero, previsto dal D.L. n. 262 del 2006, lamentando il contrasto della disposizione normativa nazionale alla direttiva 2003/98/CE. La CTR, invece, accoglieva lo stesso motivo, riproposto con l’appello ritenendo.
Resiste con controricorso ed appello incidentale la società .
Considerato che
Con il primo motivo del ricorso principale la ricorrente lamenta, in relazione all’art.360, primo comma nn.3 e 4 cod.proc.civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 2969 c.c. e 21 comma 2 D. Lgs. 546/1992 e del loro combinato disposto.
La sentenza ed il procedimento risultano affetti da nullità per non essere stata rilevata una preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso per intervenuta decadenza della società dal diritto al rimborso. Ed infatti nel caso di specie il rimborso attiene a tributi speciali catastali e tassa ipotecaria corrisposti secondo la tabella allegata al D. Lgs 347/1990. Quest’ultimo non prevede alcuna specifica disposizione in ordine alla eventuale richiesta di rimborso, sicché ,a parere del ricorrente, deve trovare applicazione la disposizione suppletiva contenuta nell’art. 21 comma 2 del D.lgs 546/1992 a tenore del quale “La domanda di restituzione in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto della restituzione”. Nel caso in esame è pacifico che l’istanza di rimborso ha riguardato i pagamenti effettuati per il rilascio dell’elenco soggetti dal 4.10.2006 (giorno successivo all’entrata in vigore del D.L. 262/2006) al 10.4.2007. Ed è altresì pacifico che la richiesta è stata notificata all’Agenzia in data 1.10.2009 ,quando già era scaduto il termine di decadenza biennale del 10.4.2009.
Con il secondo motivo, in relazione all’art.360 comma 1 n.4 cod.proc.civ. la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod.proc.civ. La sentenza è nulla nel punto in cui fa riferimento ad eccezioni ed argomentazioni mai sollevate dall’Agenzia che, in nessuna parte degli scritti difensivi, aveva fatto riferimento alla materia doganale o alla traslazione della tassa sui destinatari finali del servizio, al fine di designarli come titolari del diritto al rimborso.
Con il terzo motivo, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 cod.proc.civ. la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 82, 86 del Trattato CE, dell’art. 8 Legge 287/1990 e della direttiva 17.11.2003 n. 2003/98/CE. Violazione e falsa applicazione dell’art. 23 Costituzione . La CTR ha accolto l’istanza di rimborso, sostanzialmente aderendo alla prospettazione “comunitaria” della pretesa azionata e dichiarando la prevalenza delle relativa normativa su quella nazionale, senza considerare « che la prima è del tutto estranea alla materia tributaria, di cui si controverte.
Con il quarto la ricorrente lamenta, in relazione all’art.360 primo comma n. 5 cod.proc.civ. I’omesso esame di un punto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e conseguente vizio motivazionale, ove mai non si riconosca la natura tributaria al rimborso richiesto e lo si collochi nella categoria del costo di un servizio. Era fatto decisivo per il giudizio, dipendendone il richiesto rimborso, accertare se e quali fossero per l’Agenzia i costi di raccolta, produzione, riproduzione e diffusione; sottesi all’elenco soggetti di cui al numero d’ordine 7.1 della Tabella delle Tasse ipotecarie allegata al D.Lgs. 347/1990.
La società ha proposto ricorso incidentale articolando due motivi: con il primo, in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ., lamenta la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto contemplate nella direttiva 2003/98/CE; con il secondo motivo, in relazione all’art.360 comma 1 n.5 lamenta l’omesso esame del motivo concernente il corretto ammontare, ai sensi della direttiva comunitaria citata, del costo del servizio di messa a disposizione dei dati relativi agli elenchi soggetti e agli investimenti ed ,in relazione all’art.360 commi n.3, per altro verso il mancato adempimento dell’onere probatorio gravante sull’ufficio e relativo alla determinazione dell’importo del servizio.
Va preliminarmente esaminata l’eccezione di decadenza, per tardività, della richiesta di rimborso.
Il motivo è manifestamente infondato.
L’art. 17, comma 5, del d.lgs. n. 347 del 1990, in tema di imposte ipotecarie e catastali, letteralmente dispone che “la restituzione delle imposte e sanzioni amministrative indebitamente pagate deve essere richiesta, a pena di decadenza, entro tre anni dal giorno del pagamento ovvero, se posteriore, da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione”. Orbene, al momento della proposizione dell’istanza di rimborso (1/10/2009) non erano ancora trascorsi tre anni, a decorrere dal 4.10.2006, data di entrata in vigore del D.L. 262 del 2006 , nella quale sono iniziati i pagamenti delle somme di cui la società resistente ha chiesto la restituzione. Ne consegue che la società non è decaduta dal diritto al rimborso azionato in questa sede.
E’, invece, manifestamente fondato il motivo di ricorso n.3 relativo alla falsa applicazione della direttiva comunitaria n.2003/98/CE, rimanendo in esso assorbiti i restanti due motivi, per evidenti motivi di connessione logica.
La CTR ha accolto l’impugnazione della società contro il silenzio rifiuto di rimborso della somma versata , somma che i giudici hanno inteso essere stata conferita a titolo di tariffa per il rilascio di elenchi dei soggetti presenti nelle formalità di un dato giorno, ritenuta eccessiva nell’ammontare rispetto al principio di tariffazione dettato dalla direttiva comunitaria n. 2003/98/CE , sul riutilizzo dell’informazione del settore pubblico.
La direttiva comunitaria richiamata dalla sentenza impugnata, secondo quanto chiarito nel prologo dell’articolato , procede dalla considerazione che il settore pubblico produce, riproduce e diffonde un’ampia gamma di informazioni in molti settori di attività produttive, mentre le normative e le prassi seguite negli Stati membri ,in relazione allo sfruttamento delle risorse di informazione del settore pubblico, sono caratterizzate da notevoli differenze costituenti barriere che impediscono a queste risorse essenziali di esprimere appieno il proprio potenziale economico.(par.4)
La direttiva si prefigge, pertanto, l’obbiettivo di avviare un’armonizzazione minima delle normative e delle prassi nazionali relative al riutilizzo dei documenti del settore pubblico, nei casi in cui le differenze tra dette normative e prassi nazionali o la mancanza di chiarezza ostacolano il buon funzionamento del mercato interno e l’adeguato sviluppo della società dell’informazione nella Comunità, trattandosi, dichiaratamente, di un obbiettivo di ordine anticoncorrenziale. Oggetto della direttiva è, pertanto, il riutilizzo dei documenti del settore pubblico e scopo delle disposizioni è la creazione di una disciplina generale che regoli le modalità di tale riutilizzo dei documenti del settore pubblico in condizioni eque, adeguate e non discriminatorie. Gli enti pubblici raccolgono, producono, riproducono e diffondono documenti in adempimento dei loro compiti di servizio pubblico l’uso di tali documenti per motivi diversi da quelli istituzionali costituisce “riutilizzo” ai sensi delle disposizioni contenute nella direttiva in esame.
La direttiva 2003/98/CE è stata attuata, nell’ordinamento italiano, con il d.lgs.n. 36/2006 (applicabile ratione temporis alla fattispecie di causa) che all’art. 4, rubricato “Norma di salvaguardia”, comma I, lett. d), così disponeva: “sono fatte salve le disposizioni in materia di riutilizzazione commerciale dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali e ipotecarie, anche con riferimento all’art. 1, commi da 367 a 373, della legge 30 dicembre 2004 n. 311 “l’art. 1, comma 367, della legge n.- 311 del 2004, disponeva che “ai fini di contrasto di fenomeni di elusione fiscale e di tutela della fede pubblica, salvo quanto previsto nel comma 371, è vietata la riutilizzazione commerciale dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali ed ipotecarie, che risultino acquisiti, anche per via telematica in via diretta o mediata, dagli archivi catastali o da pubblici registri immobiliari, tenuti dagli uffici dell’Agenzia del territorio”. La facoltà di riutilizzazione commerciale dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali ed ipotecari, acquisiti dagli archivi catastali o da pubblici registri immobiliari, tenuti dall’Agenzia del territorio, poteva essere concessa solo eccezionalmente (art. 1, comma 371), fermo restando che rimanevano,in ogni caso, dovuti «…i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie, nella misura prevista per l’acquisizione, anche telematica, dei documenti, dei dati o delle informazioni catastali o ipotecari direttamente dagli uffici dell’Agenzia del territorio» (art. 1, commi 370 e 371 ). La normativa nazionale, pertanto, nel rispetto della normativa comunitaria ( vedi direttiva par.9-11), ha fatto salvo l’accesso ai documenti o acquisizione diretta dall’Agenzia del territorio , quale entità funzionale alla mera conoscenza del dato; attività quest’ultima distinta da quella di riutilizzo commerciale dei dati e delle informazioni catastali e ipotecarie, ribadendo, per la prima, la soggezione tributaria. Solo in ordine alla attività di “riutilizzo” la direttiva ha, inoltre, richiamato al p.14 e previsto all’art.6 un puntuale principio di tariffazione, che prevede « Quando viene chiesto il pagamento di un corrispettivo in denaro, il totale delle entrate provenienti dalla fornitura e dalla autorizzazione al riutilizzo dei documenti non supera i costi di raccolta, produzione, riproduzione e diffusione, maggiorati di un congruo utile sugli investimenti. L’entità delle tariffe dovrebbe essere determinata dai costi in un periodo contabile adeguato e calcolata conformemente ai principi contabili applicabili agli enti pubblici interessati.»
L’errore di diritto in cui incorre la sentenza impugnata è quello di aver applicato alla imposizione tributaria, derivante dall’aver ottenuto , la società contribuente, nel periodo di tempo di sei mesi , gli elenchi soggetti presenti nelle formalità di un dato giorno, detenuti dalla banca dati dell’Agenzia del territorio, la disposizione comunitaria prevista per la fattispecie, affatto diversa, del “riutilizzo” delle informazioni del settore pubblico. Fattispecie che in realtà non è stata dedotta né provata dalla contribuente. La società contribuente, infatti, non ha provato di essere stata nelle condizioni di legge per effettuare ovvero -di aver effettuato il -riutilizzo delle informazioni ottenute dall’ente pubblico, a tenore della norma comunitaria, per averne richiesto l’autorizzazione di legge. Ne consegue che la CTR ha errato nell’applicare il principio comunitario alla fattispecie in esame, che rimane circoscritta alla semplice acquisizione dei dati ed ha, inoltre, natura di tributo.
La CTR ha, infatti, ritenuto applicabile alla vertenza in discussione il disposto della direttiva europea 2003/98/CE del 17 novembre 2003 che ha indicato un limite al prezzo da pagare per l’autorizzazione al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico da parte dei soggetti che intendevano utilizzarli per fini diversi da quelli istituzionali. Nella predetta direttiva il termine “riutilizzo” ha un valore semantico ben preciso identificando, a tenore del paragrafo n.8, in una attività di rielaborazione del mero dato acquisito . Recita, infatti, il predetto paragrafo :<<Affinché il riutilizzo dei documenti del settore pubblico avvenga in condizioni eque, adeguate e non discriminatorie, le modalità di tale riutilizzo devono essere soggette ad una disciplina generale. Gli enti pubblici raccolgono, producono, riproducono e diffondono documenti in adempimento dei loro compiti di servizio pubblico. L’uso di tali documenti per altri motivi costituisce riutilizzo. Le politiche degli Stati membri possono spingersi oltre le norme minime stabilite dalla presente direttiva, consentendo un più ampio riutilizzo. Gli enti pubblici raccolgono, producono, riproducono e diffondono documenti in adempimento dei loro compiti di servizio pubblico. L’uso di tali documenti per altri motivi costituisce riutilizzo. Le politiche degli Stati membri possono spingersi oltre le norme minime stabilite dalla presente direttiva, consentendo un più ampio riutilizzo.».
Questo collegio ritiene, diversamente da quanto affermato nell’unico precedente giurisprudenziale specifico (n. 22139/2017) che la direttiva 2003/98/CE , invocata dall’originario ricorrente, attenga e regoli materia della concorrenza, più ampia e circostanziata di quella tributaria, pur potendo, l’eventuale tributo rappresentarne un aspetto di costo, al pari degli altri , che concorrono a determinare la tariffazione.
Quest’ultima pertanto, non è direttamente applicabile alla fattispecie in esame, attinente al rilascio di “elenchi soggetti presenti nelle formalità di un dato giorno”. In conclusione il ricorso principale deve essere accolto e rigettato l’incidentale.
La sentenza della Commissione Tributaria Regionale va,pertanto, cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, sussistendo i presupposti per la decisione nel merito, ex articolo 384 cod.proc.civ., va rigettato l’originario ricorso.
La giurisprudenza in via di consolidamento induce a compensare le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale e rigetta l’incidentale; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso. Compensa le spese dell’intero giudizio.
– Ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’articolo 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’appellante incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
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