CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 dicembre 2020, n. 29534
Tributi – Imposta di registro e INVIM – Riscossione – Prescrizione – Termine – Decorrenza
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 6343/17/14, depositata il 20/06/2014, la CTR della Campania, riformando la pronuncia di primo grado, ha rigettato il ricorso proposto dal contribuente contro la cartella esattoriale, ricevuta il 28/02/2012, con la quale l’E.S. s.p.a., per conto dell’Agenzia delle entrate, aveva chiesto il pagamento dell’INVIM e dell’imposta di registro, con sanzioni e interessi, per complessivi € 1.695,78. In relazione ad un atto registrato l’08/04/1989.
In particolare, la CTR ha ritenuto che la CTP avesse erroneamente considerato prescritto il credito portato dalla cartella, perché l’art. 78 d.P.R. n. 131 del 1986 prevede che il credito tributario si prescrive, per l’imposta definitivamente accertata, in dieci anni, sicché, nella specie, essendo stato l’avviso di liquidazione delle imposte, notificato il 22/02/2002, quest’ultimo era divenuto definitivo il 23/04/2002, a seguito del decorso del termine per la sua impugnazione, con la conseguenza che la cartella, ricevuta dal contribuente il 28/02/2012, doveva ritenersi notificata prima del decorso del termine di prescrizione decennale.
Avverso la sentenza di appello, il contribuente ha proposte ricorso per cassazione, formulando un solo motivo di impugnazione.
Nessuna delle due intimate si è difesa con controricorso, ma l’Agenzia delle entrate ha depositato un atto di costituzione al solo fine di poter partecipare all’eventuale udienza di discussione.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 17, comma 1, d.lgs. n. 46 del 1999, 14 d.P.R. n. 602 del 1973, nonché degli artt. 76, comma 2, lett. b) e 78 d.P.R. n. 131 del 1986, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per avere la CTR erroneamente escluso l’intervenuta prescrizione del credito portato dalla cartella impugnata (notificata il 28/02/2012), senza avere considerato che, nella specie, tale credito era divenuto definitivo a seguito del passaggio in giudicato della decisione che aveva rigettato il ricorso del contribuente contro un primo avviso di liquidazione (CTP di Napoli n. 404/16/1999) e, pertanto, non era necessario alcun atto di rideterminazione dell’imposta, né alcuna ulteriore richiesta di pagamento da parte dell’Amministrazione, che non avrebbe potuto far altro che riprodurre la liquidazione già effettuata, e non più contestabile, assumendo il successivo atto di liquidazione (notificato il 22/02/2002) il valore di un mero atto interruttivo della prescrizione.
In via gradata, si deduce che, qualora all’avviso di liquidazione da ultimo notificato fosse riconosciuta la natura di atto impositivo, avrebbe comunque dovuto accertarsi l’intervenuta decadenza dal diritto alla riscossione, in applicazione dell’art. 17 d.P.R. n. 602 del 1973.
2. Il motivo è fondato.
Questa Corte, in tema di imposta di registro e di INVIM, è oramai consolidata nel ritenere che il credito tributario possa essere riscosso, ai sensi dell’art. 78 d.P.R. n. 131 del 1986, nel termine di prescrizione decennale, decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza quando, a seguito della statuizione giudiziale, non è necessaria alcuna ulteriore attività di determinazione dell’imposta, per avere il giudice rigettato integralmente il ricorso del contribuente, o accolto solo in parte lo stesso, provvedendo alla quantificazione dell’importo dovuto.
In particolare, la Corte di legittimità ha ritenuto che, in questi casi, non opera il più breve termine di decadenza di cui all’art. 17 d.P.R. n. 602 del 1973 (applicabile a anche a tali imposte fino all’entrata in vigore del d.lgs. n. 46 del 1999), che si riferisce ai soli crediti derivanti da atti divenuti definitivi per omessa impugnazione, e neppure quello di cui all’art. 76 d.P.R. n. 131 del 1986, che attiene all’attività di determinazione dell’imposta e pertanto riguarda le ipotesi, diverse da quella in esame, in cui l’Amministrazione, a seguito della statuizione giudiziale, deve procedere ad un ulteriore accertamento (così, da ultimo Cass., Sez. 5, n. 15184 del 16/07/2020, Rv. 658360-01; conf. Cass., Sez. 6-5, n. 20153 del 24/09/2014, Rv. 632343-01; v. anche Cass. Sez. 5, n. 8380 del 05/04/2013, Rv. 626164-01).
Alle stesse conclusioni si deve pervenire con riguardo alle imposte ipotecarie e catastali, a cui, in materia di prescrizione, come per l’INVIM (art. 31 d.P.R. n. 643 del 1972), si estende la disciplina prevista per l’imposta di registro, mancando diverse disposizioni (art. 13 d.lgs. n. 347 del 1990).
Si tratta peraltro di un principio che, per le imposte appena menzionate, trova un espressa previsione normativa (il menzionato art. 78 d.lgs. n. 131 del 1986), ma che ha comunque applicazione generale, essendo oramai consolidata l’opinione secondo la quale la riscossione di un credito tributario, fondato su una sentenza passata in giudicato, non soggiace più ai termini di decadenza per l’esecuzione degli atti amministrativi, ma al termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2953 c.c., in quanto il titolo della pretesa tributaria cessa di essere l’atto e diventa la sentenza che, pronunciando sul rapporto, ne ha valutato la legittimità (così Sez. 6-5, n. 12074 del 13/06/2016, Rv. 640070-01; Cass., Sez. 5, n. 21623 del 23/10/2015, Rv. 636993-01; Cass., Sez. 5, n. 842 del 17/01/2014, Rv. 629226-01; Cass., Sez. 5, n. 5837 del 11/03/2011, Rv. 617262-01).
Anche nel caso in esame, dunque, l’Amministrazione aveva dieci anni di tempo per procedere alla riscossione del credito tributario in questione, decorrenti dal passaggio in giudicato della decisione che ha rigettato definitivamente l’impugnazione del primo avviso di liquidazione.
La particolarità della fattispecie è, tuttavia, data dal fatto che lo stesso contribuente ha allegato di avere ricevuto, in data 22/02/2002, dopo il passaggio in giudicato della sentenza che ha respinto il ricorso da lui proposto contro il primo atto di liquidazione, la notifica di un secondo avviso di liquidazione, avente ad oggetto lo stesso credito, da lui non impugnato.
È evidente che, in base a quanto appena esposto, quest’ultimo avviso, non porta alla conoscenza del contribuente un atto impositivo diverso e ulteriore rispetto a quello che il contribuente aveva già ricevuto e (infondatamente) impugnato, divenuto non più contestabile a seguito della menzionata pronuncia passata in giudicato.
Com’è noto, l’avviso di liquidazione è l’atto con cui l’Amministrazione comunica al contribuente la pretesa tributaria, intimandone il pagamento (cfr. Cass., Sez. U, n. 16293 del 24/07/2007, Rv. 598266-01 e, poi, Cass., Sez. 5, n. 14373 del 15/06/2010, Rv. 613642-01).
In questo caso, però, tale pretesa non deriva dall’esercizio di un potere di accertamento e di rettifica, conferito all’Amministrazione, ma da un giudicato che “fa stato” tra le parti (v., in motivazione, Cass., Sez. 5, n. 13179 dell’11/06/2014, Rv. 631203-01).
L’ultimo avviso contiene, in sostanza, un atto di mera liquidazione delle somme dovute, a seguito della sentenza che ha confermato l’imposta in precedenza determinata, il quale non ha valore di atto impositivo e, dunque, non può essere impugnato come tale (v. in motivazione Cass., Sez. 5, n. 23250 del 13/11/2015, Rv. 637417-01).
E pertanto decorso il termine di prescrizione decennale, previsto dall’art. 78 d.P.R. n. 131 del 1986 e il credito tributario azionato deve ritenersi prescritto, tenuto conto che la cartella di pagamento risulta notificata il 28/02/2012, più di dieci anni dopo la notifica di tale avviso di liquidazione, effettuata il 22/02/2002, atto interruttivo della prescrizione (Cass., Sez. 5, n. 2227 del 30/01/2018, Rv. 646703-01).
3. Il ricorso va dunque accolto e l’impugnata sentenza cassata.
4. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2, c.p.c., e il ricorso originario del contribuente deve essere accolto.
5. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti, tenuto conto della particolarità della vertenza, mentre quelle di questo giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
6. Tenuto conto dell’esito del giudizio, non sussistono i presupposti per le statuizioni di cui all’articolo 1, comma 1 quater, dell’articolo 13 d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente;
– compensa interamente tra le parti le spese dei gradi di merito;
– condanna le parti intimate, in solido tra loro, al pagamento delle spese di questo grado di giudizio, che liquida in € 1.100,00 per compenso, oltre rimborso forfettario e accessori di legge.