CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 gennaio 2018, n. 1711
Tributi – Imposte sui redditi – Dichiarazione annuale – Cartella emessa in seguito a controllo automatizzato – Preventiva comunicazione dell’esito del controllo – Necessità – Meri errori materiali – Esclusione
Rilevato che
Con ricorso tempestivamente notificato l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza n. 125/32/2009, depositata il 2.10.2009 dalla CTR della Campania, sulla base di tre motivi;
riferiva che I.M. aveva impugnato la cartella di pagamento n. 11920060003181246, con la quale erano richiesti € 25.639,21 a titolo di recupero degli importi accertati con controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi, relativa all’anno d’imposta 2001, eccependone, per quello che qui interessa, la nullità ex artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 6, co. 5, della I. n. 212 del 2000. La CTP di Napoli, accogliendo l’eccezione di nullità del procedimento di riscossione, aveva annullato la cartella e la CTR campana, cui l’Agenzia era ricorsa, aveva rigettato l’appello con la sentenza ora gravata;
con il primo motivo l’Agenzia denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 bis e 36 ter del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 54 bis co. 3 del d.P.R. n. 633 del 1972, dell’art. 6 co. 5 della I. 212 del 2000, dell’art. 2 del D.lgs. n. 462 del 1997, anche in relazione all’art. 53 Cost., in riferimento all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c.;
con il secondo motivo la insufficienza della motivazione su un fatto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 co. 1, n. 5, c.p.c.;
con il terzo motivo, in subordine, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2-bis del d.l. n. 203 del 2005, convertito nella I. n. 248 del 2005, in combinato disposto degli artt. 6, co. 5, della I. n. 212 del 2000, 21 octies della I. n. 241 del 1990, e 36 bis citato, in riferimento all’art. 360 co. 1, n. 3, c.p.c.;
con tutti i motivi si contesta l’assunto della sentenza, ritenuto erroneo dalla Agenzia, secondo cui la comunicazione dell’esito della liquidazione ai sensi dell’art. 36 bis sia obbligatoria e prescritta a pena di nullità.
L’Imperato si è tempestivamente costituito con controricorso, contestando gli avversi motivi del ricorso, di cui ne ha chiesto il rigetto.
L’Agenzia ha anche depositato memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.
Considerato che
tutti i motivi possono trovare trattazione unitaria poiché funzionali alla contestazione del principio affermato nella sentenza impugnata, affrontando sotto vari profili l’interpretazione della disciplina applicabile pur quando ricondotti, come il secondo, nell’alveo della insufficiente motivazione.
Sintetizzando i punti salienti della lunga difesa dell’Ufficio, esso lamenta che la sentenza impugnata si sia affidata a ragionamenti metagiuridici e discorsivi, estranei alla lettera dell’art. 36 bis cit., che invece, da una lettura coordinata dell’impianto normativo riferibile ai controlli automatizzati delle dichiarazioni dei redditi: 1) non impone un obbligo di comunicazione al contribuente degli esiti del controllo eseguito ai sensi dell’art. 36 bis, tanto meno dalla sua omissione fa discendere la sanzione della nullità dell’atto di riscossione, perché si tratta di un mero riscontro cartolare, in cui è assente ogni valutazione giuridica; 2) nel caso di specie non esistevano incertezze sulle correzioni portate alla dichiarazione; 3) l’obbligo sussiste invece nelle ipotesi previste dall’art. 36 ter del d.P.R. n. 600 del 1973, la cui verifica, sostanziale, è mirata alla valutazione della correttezza dei dati inseriti nella dichiarazione, mediante anche un riscontro documentale sulla spettanza di oneri, detrazioni e crediti che hanno concorso a determinare l’imposta dovuta dal contribuente; 4) la comunicazione prevista dall’art. 36 bis ha il solo fine di evitare la reiterazione degli errori formali consentendone la regolarizzazione; 5) la comunicazione prevista dall’art. 36 ter invece, implicando una valutazione dell’Ufficio, è finalizzata a consentire che il contribuente segnali gli elementi non considerati o valutati erroneamente dalla Agenzia; 6) la sanzione della nullità prevista dall’art. 6, co. 5 della I. 212 del 2000 nel caso di omessa comunicazione, anche per il diverso tenore letterale delle due norme, è riferibile pertanto solo alle ipotesi di cui all’art. 36 ter, solo per il quale possono ipotizzarsi incertezze su dati rilevanti della dichiarazione; 7) comunicare al dichiarante i risultati del controllo automatico ex art. 36 bis, interloquendo quando essi già coincidono con il dichiarato, è invece inutile; 8) l’inosservanza dell’onere della comunicazione previsto dall’art. 36 bis cit. – come dall’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 in materia di IVA – può avere al più rilievo ai fini della applicazione della sanzione ridotta, ciò che comunque non sarebbe inibito al contribuente che provveda nel termine dei trenta giorni al pagamento di quanto liquidato con il procedimento di correzione; 9) riscontro alla ricostruzione offerta è dato dalla formulazione dell’art. 36 bis, nella versione in vigore tra il 20.03.2001 e il 3.10.2005 (disposta con d.lgs. n. 32 del 2001), applicabile ratione temporis al caso di specie, che, pur avendo già recepito il contenuto dell’art. 6 co. 5 dello statuto del contribuente, non ha previsto la sanzione della nullità per l’ipotesi di mancata comunicazione dell’esito del controllo, con questo manifestando una precisa scelta legislativa a ciò contraria; 10) in subordine, è solo con l’art. 2-bis del d.l. n. 203 del 2005, convertito con I. n. 248 del 2005, che, prescrivendosi l’incombente dell’invito previsto dall’art. 6 co. 5 dello statuto del contribuente con mezzi telematici o con raccomandata a.r., si è prevista una data certa per la comunicazione, che nel 2001, anno d’imposta del caso de quo, non esisteva; 11) infine, e ancora, l’impianto normativo della I. 241 del 1990, in particolare gli artt. 21 septies e 21 octies, pur non applicabile al procedimento tributario, esprime il principio secondo cui “non è possibile annullare un provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
A fronte della articolata difesa della ricorrente, il controricorrente, anche qui sintetizzando i punti essenziali della difesa, afferma che: 1) l’Agenzia non si è limitata alla riscossione di quanto dichiarato dal ricorrente, ma ha rettificato alcune voci della dichiarazione Unico 2001, ponendo in essere una vera e propria attività rettifico-accertativa; 2) ai fini dei controlli eseguiti ai sensi dell’art. 36 bis, possono distinguersi quelli di tipo formale – puro, da quelli cartolari – impuri – la cui diversa natura dà luogo a oneri informativi distinti nei confronti del contribuente, il secondo entrando nel merito della dichiarazione ed imponendo dunque un obbligo di previa notifica o comunicazione, come nel caso di specie; 3) si tratta di una ipotesi calzante con quanto previsto dall’art. 6 co. 5 cit., quando prescrive, a pena di nullità, l’interlocuzione con il contribuente per le ipotesi in cui sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione; 4) l’art. 6 co. 5 cit. ha una immediata applicabilità e a nulla rileva che nell’art. 36 bis non sia stata introdotta una espressa previsione in tal senso.
Queste le rispettive posizioni difensive, vanno del tutto marginalizzate, per la loro irrilevanza, le motivazioni del ricorso che rinviano alla disciplina della I. n. 241 del 1990, perché, pur prescindendo dalla applicabilità o meno, e in quali termini, della suddetta disciplina al procedimento tributario, il caso di specie esula dalle norme invocate perché il contribuente ha contestato proprio la vincolatività del provvedimento. Parimenti irrilevanti sono i riferimenti alle modifiche sulle modalità di comunicazione con data certa introdotte dall’art. 2 bis del d.l. n. 203 del 2005, convertito con I. n. 248 del 2005, perché non spostano la questione di cui si controverte.
Ciò di cui deve invece discutersi è se e quando l’art. 36 bis, co. 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 preveda un obbligo di comunicazione dell’esito della liquidazione al contribuente, a pena di nullità dei provvedimenti emessi, e se la sentenza impugnata sia immune da censure nella decisione sul punto.
Ebbene, la giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito che in tema di riscossione delle imposte, nel caso di liquidazione in esito a controllo di dichiarazioni secondo procedure automatizzate, l’emissione di cartella di pagamento con le modalità previste dagli artt. 36 bis, co. 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 – in materia di tributi diretti – e 54 bis, co. 3, del d.P.R. n. 633 del 1972 – in materia di Iva, non è condizionata dalla preventiva comunicazione dell’esito del controllo quando emergano solo meri errori materiali, non occorrendo pertanto in tali ipotesi l’instaurazione del contraddittorio prima dell’iscrizione a ruolo. Parimenti, quando dai controlli emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero una imposta o una maggiore imposta, si è affermato che l’invio della comunicazione di irregolarità al contribuente sussiste sebbene la sua omissione determina una mera irregolarità, non precludendo, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione (cfr. Cass., Sez. 5, sent. n. 13759/2016; sent. 15311/2014). L’obbligo invece sussiste quando dal controllo emergano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, in tal caso determinandosi la necessità di comunicare la liquidazione d’imposta, contributi, premi e rimborsi (Cass., Sez. 5, sent. n. 17829/2016; Cass., Sez. 6- 5, ord. n. 15740 del 2016; Cass., Sez. 6-5, ord. n. 3154 del 2015; Cass., Sez. 5, sent. n. 17396 del 2010).
Si individuano dunque due ipotesi nei controlli eseguiti ai sensi dell’art. 36 bis, co. 3, cit. (e dell’art. 54 bis per l’iva), quella collegabile al riscontro di meri errori materiali, primo tra tutti l’aver dichiarato un importo di imposta, cui poi non corrisponda il conseguente versamento, oppure l’erroneo calcolo aritmetico tra reddito percepito, oneri deducibili e detrazioni ai fini della determinazione dell’imposta, in questo caso con il controllo automatizzato dandosi luogo alla correzione di un mero errore che non richiede interlocuzione con il contribuente e dunque comunicazioni preventive alla emissione della cartella; quella invece, riconducibile a controlli automatizzati che, richiedendo non un mero ricalcolo, ma preventive rettifiche dei medesimi dati, va a sua volta distinta in due sottoipotesi, il cui discrimine è segnato dalla presenza di incertezze su aspetti qualificabili come rilevanti o meno della dichiarazione; in tali ipotesi la comunicazione è dovuta, ma la sua omissione può costituire una mera irregolarità, non incidente sulla validità della cartella di pagamento successivamente emessa, qualora le incertezze riguardino aspetti meno rilevanti della dichiarazione; oppure può incidere più radicalmente sulla validità della procedura automatizzata di liquidazione dei tributi e sulla successiva cartella, qualora il diverso risultato del controllo riveli incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione. Ciò è in linea con il tenore letterale della norma, che nell’ultima parte del terzo comma prevede che <<quando a seguito della comunicazione il contribuente o il sostituto d’imposta rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi lo stesso può fornire i chiarimenti necessari all’amministrazione finanziaria entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione>>, periodo aggiunto dall’art. 1, co. 1, lett. a), del d.lgs. n. 32 del 2001 – con cui si recepiva la disciplina prevista e prescritta dall’art. 6, co. 5 dello statuto della I. n. 212 del 2000.
Il senso del periodo sarebbe infatti del tutto incomprensibile qualora la comunicazione non fosse ritenuta obbligatoria; essa invece implica l’esigenza della instaurazione di un contraddittorio preventivo alla formazione del titolo esecutivo, finalizzato anche a correggere gli esiti dei controlli eseguiti dalla amministrazione, quando a loro volta erronei. Né la circostanza che la norma, adeguandosi allo statuto del contribuente, non abbia riprodotto la sanzione della nullità per violazione del procedimento, è indicativa di una scelta legislativa tesa a negare conseguenze alla mancata comunicazione, perché è principio affermato e condivisibile quello secondo cui l’art. 6, co 5 cit. – che obbliga all’interpello del contribuente per la liquidazione di tributi in base alla dichiarazione o per un rimborso d’imposta minore a quello richiesto, ove sussistano incertezze su aspetti rilevanti della stessa – ha natura procedimentale, sicché è applicabile immediatamente all’attività accertativa posta in essere successivamente alla sua entrata in vigore, pur se relativa ad anni d’imposta anteriori a tale momento (Cass., Sez. 5, sent. n. 17829 del 2016, cit.).
Infatti, al di là delle distanze interpretative segnalate da qualche voce della dottrina in ordine alla collocazione dello statuto del contribuente nella gerarchia delle fonti del diritto tributario (se cioè avente forza di legge ordinaria, come per C. Cost., sent. n. 13 del 2010, che ne nega il rango costituzionale, neppure come insieme di norme interposte, o se vincolante perché vincola l’interprete <<in forza del canone ermeneutico della interpretazione adeguatrice a Costituzione>>, come per Cass., Sez. 5, sent. n. 20085 del 2009; o per Cass., Sez. 5, sent. n. 17576 del 2002 – interpretazione quest’ultima che comunque non sovrordina la I. 212 del 2000 alle leggi ordinarie), è certo che la natura procedimentale della previsione contenuta nell’art. 6 co. 5 cit. per un verso la rende immediatamente applicabile, secondo il principio tempus regit actum, purché l’accertamento sia successivo alla sua entrata in vigore (ancorché relativamente ad anni d’imposta anteriori a tale momento), e per altro verso non si pone in contrasto con la formulazione dell’art. 36 bis, co. 3, il cui contenuto sostanziale è anzi integrato in ordine alle conseguenze sanzionatone per l’ipotesi di omessa comunicazione, purché nei limiti delle manifestazioni di incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione.
Perimetrato il contenuto e gli effetti della disciplina, nel caso che ci occupa il giudice d’appello, rigettando il ricorso della Amministrazione, ha affermato che <<in contrasto con quanto sostenuto dall’ufficio l’avviso di irregolarità e gli avvisi bonari non hanno soltanto la natura di atti d’informazione, ma sono anche lo strumento attraverso il quale gli interessati vengono a conoscenza dei risultati del controllo sulle dichiarazioni tributarie da loro rese, svolgendo una funzione simile a quella delle notifiche>>. Trattasi con evidenza di una motivazione che non lascia comprendere nulla del percorso argomentativo che sorregge la decisione, insufficiente anche a verificare se e cosa sia stato sottoposto a controllo e quali aspetti della dichiarazione siano stati corretti perché ritenuti erronei. Ciò a fronte di dati contrastanti che emergono dalle difese delle parti, atteso che la stessa Amministrazione genericamente riferisce che agli esiti del controllo della dichiarazione la maggiore liquidazione d’imposta trovava fonte in meri errori materiali, trattandosi di omessi o tardivi versamenti, ma poi, quando specifica di quali omessi versamenti si tratti, fa riferimento al “riporto di somme a credito non spettanti” (pag. 15 del ricorso), con ciò evidenziandosi un tipo di controllo con cui si è provveduto a modificare gli importi riportati in dichiarazione dal contribuente (è significativo sul punto, senza che l’amministrazione abbia negato la circostanza, che il controricorrente riferisca come nel corso del contenzioso l’amministrazione sia intervenuta in autotutela, con sgravio parziale di quanto liquidato, ritornando di fatto sia pur parzialmente sui suoi passi; cfr. pag. 7 del controricorso).
Considerato che
La sentenza va dunque cassata, con rinvio alla CTR della Campania, che deciderà in altra composizione, tenendo conto del seguente principio di diritto <<l’emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dall’art. 36 bis, co. 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, e dall’art. 54 bis, co. 3, d.P.R. n. 633 del 1972, non richiede la preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente, salvo che la procedura di liquidazione automatizzata non si limiti a rilevare meri errori materiali, ma richieda rettifiche preventive dei dati contenuti nella dichiarazione, nel qual caso la sua omissione, a seconda che sussistano o meno incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, può costituire mera irregolarità, non incidente sulla validità della successiva cartella di pagamento, oppure può costituire requisito di validità della procedura di liquidazione automatizzata e della conseguente cartella di pagamento, trovando in quest’ultima ipotesi applicazione immediata la nullità prescritta dall’art. 6, co. 5, della I. n. 212 del 2000>>.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, che deciderà in altra composizione tenendo conto del principio di diritto enunciato.
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