CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 giugno 2021, n. 18255
Tributi – Accertamento – Indebito utilizzo di fatture per operazioni inesistenti
Rilevato che
1. con la sentenza n. 08/11/13 del 28/01/2013, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto dalla C. s.coop.r.l. (di seguito C.) avverso la sentenza n. 48/03/08 della Commissione tributaria provinciale di Bologna (di seguito CTP), che aveva a sua volta respinto il ricorso proposto dalla società contribuente avverso due avvisi di accertamento: il primo concernente IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2004; il secondo concernente IVA relativa all’anno d’imposta 2005;
1.1. come emerge anche dalla sentenza impugnata, l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società contribuente concerneva l’indebita utilizzazione di fatture emesse per operazioni inesistenti da M. s.p.a. e D.C. s.r.l.;
1.2. la CTR rigettava l’appello proposto da C. evidenziando che: a) gli elementi contabili meticolosamente esaminati dall’Amministrazione finanziaria «non trovavano nessun riscontro rispetto alle dichiarazioni rese dagli amministratori delle società oggetto di verifica, i quali dichiaravano in qualità di persone informate sui fatti, che tra le società non vi era mai stato nessun rapporto di natura commerciale tale da poter dimostrare ed attestare la veridicità delle operazioni contabili riscontrate nelle scritture contabili»; b) ne conseguiva il corretto operato dell’Ufficio che aveva recuperato «somme frutto di attività di operazioni inesistenti»;
2. C. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi;
3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso C. deduce la violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., evidenziando la sostanziale inesistenza della motivazione della sentenza impugnata:
la CTR avrebbe avallato l’operato dell’Ufficio senza specificare le ragioni della decisione;
2. con il secondo motivo di ricorso si deduce il difetto di motivazione della sentenza impugnata, per non avere la CTR chiarito le ragioni per le quali ha ritenuto l’inesistenza delle fatture valorizzando unicamente le testimonianze rese dagli amministratori delle società emittenti e non anche gli ulteriori elementi probatori acquisiti in atti;
3. i due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, vanno disattesi;
3.1. secondo la giurisprudenza di questa Corte, «la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (così Cass, S.U. n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019);
3.2. nel caso di specie, la CTR ha affermato che le fatture oggetto di contestazione sono inesistenti in ragione delle dichiarazioni degli amministratori delle società che le hanno emesse, con conseguente approvazione dell’attività di accertamento dell’Ufficio e rigetto dei rilievi della società contribuente;
3.3. trattasi di motivazione sicuramente idonea a ritenere l’inesistenza delle fatture emesse da M. s.p.a. e D.C. s.r.l. e, quindi, di certo non apparente, come argomentato dalla società contribuente, con conseguente infondatezza del primo motivo di ricorso;
3.4. è vero che la menzionata motivazione non si preoccupa di confutare le deduzioni e allegazioni di C., ma, a parte ogni questione di specificità del motivo (concernente la specifica trascrizione delle contestazioni mosse), ciò di cui si duole la società contribuente è, sostanzialmente, un’insufficienza motivazionale, non più censurabile in sede di legittimità in ragione della nuova formulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., applicabile al presente giudizio (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014; conf. Cass. n. 21257 del 08/10/2014; Cass. n. 23828 del 20/11/2015; Cass. n. 23940 del 12/10/2017; Cass. n. 22598 del 25/09/2018);
3.5. il secondo motivo è, pertanto, inammissibile;
4. con il terzo motivo di ricorso si contesta l’omessa pronuncia in ordine all’eccezione di inutilizzabilità degli atti acquisiti nel corso dell’accesso presso lo studio professionale del depositario delle scritture contabili da parte dei verificatori e, in ogni caso, la violazione dell’art. 52 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, evidenziandosi, da un lato, l’assenza della preventiva autorizzazione del Procuratore della Repubblica per l’accesso ai locali e della delega conferita alla segretaria dello studio da parte del professionista titolare e, dall’altro, l’opposizione del segreto professionale;
5. il motivo, con il quale viene formulata una duplice censura (di omessa pronuncia e di violazione di legge), va disatteso;
5.1. con riferimento alla contestazione di omessa pronuncia, va evidenziato che la CTR, avendo deciso il merito della controversia, ha implicitamente rigettato le eccezioni formulate dalla società contribuente (di natura chiaramente pregiudiziale e incompatibili, pertanto, con una decisione sul merito), sicché non può configurarsi il vizio denunciato;
5.2. per quanto riguarda la violazione di legge il motivo è inammissibile;
5.3. sotto un primo profilo, l’eccezione concernente l’assenza della necessaria autorizzazione del procuratore della Repubblica, prevista dall’art. 52 del d.P.R. n. 633 del 1972 in caso di accesso domiciliare o in locali diversi da quelli della sede dell’impresa, è nuova, non risultando che sia stata in precedenza formulata;
5.4. sotto un secondo profilo, la società contribuente non ha trascritto né allegato, ai fini della necessaria autosufficienza del motivo, il processo verbale di constatazione con la descrizione delle operazioni di accesso;
5.4.1. da tale atto risulterebbe, secondo quanto riportato dalla difesa erariale (senza che ciò sia in alcun modo smentito dalle allegazioni della società contribuente), che: a) l’accesso è stato eseguito presso la sede legale e amministrativa della società (con conseguente non necessità dell’autorizzazione del procuratore della Repubblica); b) il titolare dello studio professionale avrebbe delegato telefonicamente la segretaria ad assistere all’ispezione; c) non sarebbe stato opposto alcun segreto professionale;
6. con il quarto motivo di ricorso si deduce, anche sotto il profilo della omessa pronuncia e del vizio di motivazione, la violazione dell’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, non avendo l’Amministrazione finanziaria tenuto specificamente conto delle deduzioni della società contribuente in sede di motivazione degli avvisi di accertamento impugnati;
7. il motivo è infondato;
7.1. sotto il profilo dell’omessa pronuncia, vale quanto già dedotto con riferimento al precedente motivo, § 5.1, essendosi la CTR pronunciata nel merito della controversia;
7.2. per il resto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, cui non v’è motivo di discostarsi in questa sede, «è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente ex art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo» (Cass. n. 8378 del 31/03/2017; conf. Cass. n. 3583 del 24/02/2016);
8. in conclusione il ricorso va rigettato e C. va condannata al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo, avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 207.525,38;
8.1. poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in euro 5.600,00, oltre alle spese di prenotazione a debito; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
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