CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 giugno 2021, n. 18271
Tributi – IRPEF – Accertamento – Plusvalenza da cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria – Valore definito ai fini dell’imposta di registro dall’acquirente – Illegittimità – Plusvalenza da cessione di area lottizzata – Tassazione ordinaria – Legittimità
Rilevato che
1. F.F. propone ricorso per cassazione, con tre motivi, contro l’Agenzia delle Entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) della Lombardia, sezione staccata di Brescia, indicata in epigrafe, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento, che recuperava a tassazione IRPEF, per il 2006, la plusvalenza da cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, determinata, quanto a un’area fabbricabile, sulla base del valore definito dai contraenti, ai fini dell’imposta di registro, e quanto ad altra area lottizzata, sulla base della tassazione ordinaria e non separata, come invece prospettava il contribuente – è stata parzialmente riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto integralmente il ricorso del contribuente;
1.1. innanzitutto, la C.T.R., disattendendo il primo motivo d’appello dell’ufficio, ha confermato l’annullamento (parziale) dell’avviso, quanto alla ripresa della plusvalenza derivante dalla compravendita del 30/06/2006 di “area fabbricabile” (registrata con il n. “5526”), fondata sul valore definito ai fini dell’imposta di registro, sul rilievo che l’acquiescenza dell’acquirente all’atto impositivo, con il quale l’ufficio aveva determinato un maggior valore commerciale dell’immobile ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, non potesse da sola integrare idonea prova presuntiva circa l’esistenza di un correlato maggior corrispettivo percepito dal venditore, né determinare inversione della regola legale di distribuzione della prova. Per completezza espositiva (poiché, giova chiarirlo, quest’aspetto è estraneo al tema del decidere), si aggiunga che questa Corte, con ordinanza 10/08/2016, n. 16935, ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione finanziaria (“A.F”) avverso tale primo capo della sentenza di secondo grado;
1.2. venendo adesso all’oggetto del giudizio, solo limitatamente alla cessione di “area lottizzata”, mercé altro atto di compravendita, la C.T.R., in accoglimento del gravame dell’ufficio, ha affermato che la plusvalenza che ne è scaturita, rientrando tra i “redditi diversi” (art. 67, comma 1, lett. a), t.u.i.r.), doveva essere sottoposta a tassazione ordinaria e non separata. D’altro canto, a giudizio della Commissione regionale, il contribuente non aveva dato prova di avere sostenuto costi per oneri di urbanizzazione che, nell’ottica difensiva dell’appellato, avrebbero inciso sul calcolo della plusvalenza;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso [«1. Violazione dell’art. 67, comma 1, lett. a) del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.»], il ricorrente censura la sentenza impugnata che, per quanto, in premessa, abbia giustamente disatteso la tesi dell’Amministrazione secondo cui la plusvalenza derivante dalla lottizzazione e vendita di un terreno non può essere desunta dal valore di mercato del bene ai fini dell’imposta di registro, tuttavia, subito dopo (statuendo sul secondo motivo d’appello), è caduta in contraddizione laddove ha determinato la plusvalenza da cessione di un’area lottizzata (euro 256.045,00) proprio sulla base del valore venale di cessione, definito dal terzo acquirente ai fini dell’imposta di registro;
1.1. il motivo è inammissibile;
sotto le sembianze dell’errore di diritto, il ricorrente in realtà mira a mettere in discussione un profilo “meritale” già insindacabilmente vagliato dal giudice di merito che, riconoscendo la legittimità di questa ripresa fiscale, ha implicitamente escluso che la plusvalenza da cessione dell’area lottizzata sia stata calcolata in base del valore del terreno ai fini dell’imposta di registro;
2. con il secondo motivo [«2. Violazione dell’art. 42, comma 2, e 43 del d.p.r. 600/73 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 del c.p.c.»], il ricorrente denuncia la carenza, nell’avviso di accertamento, dell’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni di diritto che lo avevano determinato, dopo avere specificato che, soltanto all’atto della costituzione in giudizio, nelle proprie controdeduzioni depositate il 12/06/2012, quando ormai l’A.F. era decaduta dal potere di svolgere qualsiasi attività accertatrice per il 2006, l’ufficio aveva chiarito, per la prima volta, che la plusvalenza (di euro 256.045,00), realizzata con la cessione di un’area lottizzata, costituiva reddito diverso, “da dichiarare a tassazione ordinaria”;
2.1. il motivo è inammissibile per varie ragioni;
la censura non soddisfa il requisito dell’autosufficienza, poiché questa Corte non è posta nella condizione di esaminarla, in mancanza della trascrizione, all’interno del ricorso per cassazione, del testo dell’atto impositivo che si assume carente sul piano strutturale. D’altra parte, nessuna specifica critica è rivolta al pronunciamento della Commissione regionale; infine, il rilievo, del quale non è fatta menzione nella decisione qui impugnata, risulta essere stato prospettato, nei termini sopra enunciati (e cioè quale questione di difetto di motivazione dell’avviso di accertamento), per la prima volta, in modo non consentito, in questo giudizio di legittimità;
3. con il terzo motivo [«3. Violazione dell’art. 68, comma 1, del d.p.r. 917/1986 in relazione all’art. 360, n. 3, del c.p.c.»], il ricorrente assume che è pacifico e risulta per tabulas (dalla convenzione urbanistica del 22/02/2006, allegata al ricorso introduttivo) che il lottizzante si era fatto carico di assumere in proprio il costo delle opere di urbanizzazione secondarie; indi, ascrive alla C.T.R. di avere ignorato tali componenti negativi, alla stessa stregua di quanto aveva fatto in precedenza l’Amministrazione accertante;
3.1. il motivo è infondato;
la sentenza impugnata è conforme a diritto in quanto, con accertamento di fatto, non attinto da specifica censura, ha negato che il contribuente, gravato del relativo onere probatorio, avesse dimostrato di avere sostenuto costi aggiuntivi, da detrarre ai fini del calcolo della plusvalenza;
4. per la peculiarità della complessiva dinamica processuale, la Corte ritiene di compensare, tra le parti, le spese dell’intero giudizio;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
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