CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 giugno 2022, n. 20451
Avvisi di addebito INPS e cartelle di pagamento INAIL – Notifica a mezzo pec – Impugnazione dell’estratto di ruolo – Disconoscimento della sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento prodotto in copia – Carenza di interesse ad agire
Rilevato che
Con sentenza n. 149 del 2020, la Corte d’appello di Milano ha rigettato l’impugnazione proposta da M. s.r.I., nei confronti di AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, INAIL ed INPS, avverso la sentenza di primo grado che, precisato che le parti convenute avevano provato l’avvenuta notifica, aveva dichiarato inammissibile, per carenza di interesse ad agire, la domanda della società tesa ad impugnare l’estratto di ruolo indicante l’esistenza di diversi avvisi di addebito e cartelle di pagamento in ragione dell’affermata mancata notifica degli stessi;
ad avviso della Corte d’appello, rilevata la ritualità della costituzione in giudizio di Agenzia delle Entrate, rappresentata da avvocati del libero foro, pur accogliendo il profilo dell’impugnazione relativo alla sussistenza dell’interesse ad agire (in conformità a Cass. 29294/2019), l’opposizione era da considerare tardiva in quanto infondata la pretesa di accertamento dell’insussistenza delle notificazioni dei titoli;
ciò perché la contestazione della conformità all’originale delle riproduzioni informatiche prodotte per provare l’avvenuta notifica degli avvisi di addebito e della cartella era del tutto generica, cioè non chiara, circostanziata ed esplicita, e come tale inidonea ad inficiare l’idoneità probatoria dei documenti prodotti, come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità nell’interpretare l’art. 2712 c.c. (Cass. n.17526 del 2016; Cass. n. 24613 del 2019);
inoltre, era pure infondato il motivo secondo il quale il concessionario fosse comunque onerato della produzione in giudizio dell’originale della cartella di pagamento, in conformità con quanto stabilito da Cass. n. 10326 del 2014, considerato che la cartella altro non è che la stampa del ruolo in unico originale notificato al contribuente e che il concessionario mantiene solo la matrice, non sussistendo alcun onere di produrre in giudizio l’intera cartella; quanto poi alla notifica a mezzo pec degli altri avvisi di addebito INPS e delle cartelle portante i crediti INAIL, doveva ritenersi provata idoneamente mediante la produzione delle ricevute di consegna delle notifiche dei titoli a mezzo pec, idonea ad attestarne il perfezionamento, senza che potesse rilevare in contrario il formato” pdf” anziché “p7m” del documento allegato, determinandosi la mera irregolarità sanabile ai sensi dell’art. 156 c.p.c. ed in concreto sanata con il raggiungimento dello scopo (Cass. 3805/2018; 24568/2018; SS.UU. n. 7665 del 2016);
peraltro, la titolarità dell’indirizzo di destinazione delle notifiche poteva essere dedotta attraverso la visura camerale, nel rispetto del disposto dell’art. 3 bis I. n. 53 del 1994 e 16 ter d.l. n. 179 del 2012 (così Cass. n. 5962 del 2019);
resistono con controricorso INAIL, INPS ed ADER;
Considerato che
la ricorrente ha proposto i seguenti motivi:
1) ai sensi dell’art. 360, primo comma n.5) per violazione e falsa applicazione degli artt. 214, 215, 216 c.p.c. in relazione al disconoscimento della scritturazione e delle scritturazioni poste sui referti di notifica prodotti In copia dagli Enti ed al mancato procedimento di verificazione ad istanza degli Enti, contesta la cd. doppia conforme per la diversa motivazione adottata ed essendo stata omessa la valutazione del “fatto storico” procedimento di verificazione;
2) ai sensi dell’art. 360, primo comma n.4), c.p.c. in relazione all’art. 112 c.p.c. per l’omessa decisione sull’eccezione di disconoscimento della scritturazione e della sottoscrizione delle relate di notifica;
3) violazione e falsa applicazione degli artt. 2702 c.c. 214,215 e 216 c.p.c. in relazione al tempestivo disconoscimento della scritturazione e sottoscrizione apposte sulle relate di notifica degli avvisi di addebito INPS e sulle cartelle di pagamento ADER ed alla mancata richiesta di verificazione da parte degli Enti convenuti, posto che l’opponente non si era limitata a disconoscere la conformità delle copie ai sensi dell’art. 2709 c.c., ma soprattutto la scritturazione e la sottoscrizione sui referti di notifica degli avvisi di addebito e sulla cartella;
4) violazione e falsa applicazione delle norme di legge relative all’autonoma impugnabilità dell’estratto di ruolo e relative all’interesse del ricorrente attraverso l’impugnazione del ruolo all’azione di accertamento negativo della pretesa Enti di riscossione e previdenziali
5) in relazione all’onere della prova dell’avvenuta notifica della cartella e degli avvisi a mezzo pec, giacché le sentenze di primo e secondo grado, pur entrambe di rigetto avevano diversa motivazione, non avevano pronunciato sulla circostanza che gli indirizzi pec dell’INPS e di ADER non risultavano da pubblici registri; si precisa che la notifica degli avvisi di addebito, trascritti nella premessa alla enunciazione dei singoli motivi ed allegati al ricorso, erano stati notificati a mezzo posta elettronica certificata dall’indirizzo di posta certificata INPSComunica@postacert.inps.gov ed a mezzo notifica.lombardia@cert.equitaliariscossione.it , non presenti nei pubblici elenchi e dunque in violazione dell’art. 3 bis I. n. 53 del 1994;
6) violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’attribuzione dell’onere della prova dell’avvenuta notifica degli avvisi di addebito e delle cartelle; i primi tre motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi dalla comune doglianza della mancata attivazione del procedimento di verificazione della scrittura privata disconosciuta (artt. 215 e 216 c.p.c.), sono infondati;
in primo luogo, va osservato che la sentenza impugnata, in via preliminare e dopo aver dato atto che l’appellante si era lamentata della mancata valutazione del disconoscimento delle copie dei documenti attestanti la notificazione dell’avviso di addebito, ha ribadito che il disconoscimento effettuato non poteva ritenersi rilevante in quanto generico; è stata ricordata la consolidata giurisprudenza di legittimità che ritiene non sufficiente la generica eccezione di difformità al fine di incidere sul valore probatorio della riproduzione informatica e sono state richiamate le pronunce di questa Corte di cassazione nn. 17526/2016 e 24613/2013; in sostanza, la Corte territoriale ha ritenuto idonee le riproduzioni documentali prodotte al fine di provare l’effettiva notificazione dell’avviso di addebito e della cartella oggetto di causa, concludendo il proprio percorso motivazionale con l’ulteriore affermazione dell’infondatezza anche del motivo d’impugnazione basato sulla necessità della produzione dell’originale degli atti predetti da parte del concessionario per la riscossione; a fronte dello snodo motivazionale basato sulla genericità della contestazione di conformità agli originali delle riproduzioni informatiche prodotte, la ricorrente non propone specifico motivo di ricorso sulla riscontrata genericità del disconoscimento operato, ma denuncia la obliterazione dell’ulteriore disconoscimento dell’autenticità delle scritturazioni e della sottoscrizione contenute nella relata di notifica; da ciò si deve trarre la conclusione che la sentenza impugnata non è stata attinta dall’impugnazione in cassazione in punto di conformità delle copie fotografiche ed informatiche agli originali, con la conseguenza della piena idoneità probatoria dei documenti prodotti in copia al fine di dimostrare l’avvenuta notificazione dell’avviso di addebito; a questo punto balza evidente l’ininfluenza delle questioni sollevate in ordine agli effetti processuali derivanti dal disconoscimento delle sottoscrizioni apposte alla relata di notifica a mezzo posta di cui sopra, al fine di paralizzarne per altra via l’efficacia probatoria;
va infatti ricordato che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità (vd. di recente Cass. n. 19813 del 2021), in ordine alla efficacia del disconoscimento della sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento prodotto solo in copia, si è orientata nel senso della considerazione complessiva dei contenuti dell’art. 2719 c.c. ( quanto alla efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l’originale non è espressamente disconosciuta), dell’art. 2712 c.c. (quanto alla idoneità delle riproduzioni meccaniche a formare piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se non se ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime) ed anche dell’ art. 214 c.p.c., (secondo cui colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione), dell’art. 215 c.p.c., comma 1, n. 2,(secondo cui la scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta, fra l’altro, se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione), nonché dell’art. 2700 c.c. (che dispone che l’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti); applicato tale complesso normativo al caso di specie, va dunque affermato che la mancanza di specificità del disconoscimento della conformità delle copie informatiche agli originali, considerato peraltro che non vi è obbligo per il concessionario di produrre gli originali (vd. Cass. 20769 del 2021), ha pienamente legittimato l’accertamento decisivo della esistenza delle notifiche non potendo, contrariamente alla prospettazione della ricorrente, porsi una questione di disconoscimento dell’autenticità delle sottoscrizioni e delle scritture con consequenziale operatività necessaria del procedimento di verificazione ex art. 215 c.p.c. contenute nella detta relata di notifica che riveste la natura di atto pubblico;
così già Cassazione civile, sez. II, 27/04/2004, n. 8032, ha avuto modo di affermare, in tema di notificazione a mezzo posta, che si perfeziona, per il destinatario, con la consegna del plico, che l’avviso di ricevimento, parte integrante della relazione di notifica, ha natura di atto pubblico che – essendo munito della fede privilegiata di cui all’art. 2700 c.c. in ordine alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che l’ufficiale giudiziario attesta avvenuti in sua presenza – costituisce, ai sensi dell’art. 4, comma 3, legge n. 890 del 1982, il solo documento idoneo a provare – in riferimento alla decorrenza dei termini connessi alla notificazione – sia l’intervenuta consegna del plico con la relativa data sia l’identità della persona alla quale è stata eseguita e che ha sottoscritto l’atto, salvo che, ai sensi del successivo comma 4 della norma citata, la data di consegna non risulti apposta o sia comunque incerta, sicché in tal caso i termini connessi alla notificazione decorrono dalla data risultante dal timbro postale.
Ne consegue che la parte, qualora intenda dimostrare la non veridicità delle risultanze dell’avviso di ricevimento, deve proporre la querela di falso – anche se l’immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo ma soltanto ad imperizia, leggerezza o a negligenza dell’ufficiale giudiziario – a meno che dallo stesso contesto dell’atto non risulti in modo evidente l’esistenza di un mero errore materiale compiuto dall’ufficiale giudiziario nella redazione del documento; in mancanza di un errore materiale rilevabile in modo immediato e diretto dall’esame obiettivo dello stesso atto, l’accertamento della non rispondenza al vero, postulando un giudizio di incompatibilità della data o di altri dati apposti con altri elementi di valutazione acquisiti al processo, può avere luogo soltanto nell’ambito del procedimento previsto dagli art. 221 ss. c.p.c. per l’invalidazione degli atti pubblici (Cass., sez 6-5, 31 luglio 2015, n. 16289; Cass. Sez. un., 27 aprile 2010, n. 9962);
il quarto motivo è infondato, giacché la sentenza impugnata non ha ritenuto la carenza di interesse ad agire della odierna ricorrente ma, dopo aver riportato ampio stralcio della pronuncia di questa Corte di legittimità n. 29294/2019, che ha ammesso l’interesse all’impugnazione dell’estratto del ruolo ove il contribuente deduca la mancata o invalida notifica della cartella, in funzione recuperatoria della tutela prevista dall’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999, ovvero intenda far valere eventi estintivi del credito maturati successivamente alla notifica della cartella, in tal caso prospettando – sul piano dell’interesse ad agire – uno stato oggettivo di incertezza sull’esistenza del diritto (anche non preesistente al processo), non superabile se non con l’intervento del giudice, ha in concreto ritenuta inammissibile, perché tardiva sia l’opposizione agli atti esecutivi che quella all’esecuzione, posto che tutti i titoli erano stati in effetti notificati;
il quinto motivo è per alcuni aspetti inammissibile e per altri infondato; ci si duole dell’omesso esame in ordine al fatto storico che gli avvisi di addebito notificati via pec dall’INPS e da ADER sarebbero state effettuate utilizzando, da parte dei notificanti, indirizzi non presenti nei pubblici elenchi;
tale circostanza in fatto è del tutto nuova, giacché essa non risulta esaminata dalla sentenza impugnata, né la parte ricorrente ha validamente dedotto di averla specificamente proposta e riproposta nei giudizi di merito, non dandone puntualmente atto né la parte narrativa dello stesso ricorso (non essendo sufficiente il generico richiamo al motivo della “inesistenza giuridica e/o nullità insanabile della notificazione”), né il corpo dello stesso; anzi, negli stralci del ricorso in primo grado e di quello in appello, riportati in seno al ricorso per cassazione, si legge la generica doglianza della mancata notifica, nullità ed illegittimità delle cartelle di pagamento e degli avvisi di addebito e si deduce che spetta all’Agente per la riscossione provare che le notifiche siano state poste in essere da soggetti a tale scopo abilitati, titolari del potere di notificazione; si tratta dunque di circostanza in fatto del tutto nuova, che non può essere esaminata in sede di legittimità in quanto mai esaminata dai giudici del merito;
nel giudizio di cassazione, infatti, non sono proponibili nuove questioni di diritto o temi di contestazione diversi da quelli dedotti nel giudizio di merito (tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio o, nell’ambito delle questioni trattate, di nuovi profili di diritto compresi nel dibattito e fondati sugli stessi elementi di fatto dedotti) e i motivi del ricorso devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello (Cass. n. 1951/2022; Cass. n. 1063/2005);
inoltre, non risponde al vero che la sentenza impugnata non abbia esaminato la questione della regolarità della notifica a mezzo pec, come dimostra l’esame delle questioni relative al formato “pdf” anziché “p7m” del documento allegato; alla luce di quanto sin qui esposto, è evidente che il quinto motivo propone una questione, quella della affermata violazione della regola dell’onere probatorio in ordine alla effettiva notifica degli avvisi di addebito e delle cartelle di pagamento del tutto infondata, posto che la sentenza impugnata ha proceduto al positivo accertamento delle notifiche e non ha deciso sulla base della disciplina dell’onere della prova ( art. 2697 c.c.); in definitiva, il ricorso va rigettato;
le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo in favore di ciascuno dei controricorrenti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 10.000,00 per compensi professionali e in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, in favore di ciascun controricorrente.
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