CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 luglio 2018, n. 19577

Tributi – Accertamento – Agevolazioni tributarie – Istanza di rimborso – Condono fiscale

Fatti di causa

1. Con sentenza n. 226/16/11 del 14/06/2011 la CTR della Sicilia – Sezione staccata di Siracusa rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 28/05/10 della CTP di Siracusa, che aveva accolto il ricorso della Industria Acqua Siracusana s.p.a. (d’ora in poi IAS) avverso il silenzio rifiuto dell’Ufficio nei confronti dell’istanza di rimborso del 28/12/2007, poi reiterata il 31/03/2008, delle somme pagate in eccedenza all’Erario con riferimento agli anni d’imposta 1990, 1991 e 1992 per IRPEG, ILOR, IVA e ritenute alla fonte in applicazione dell’art. 9, comma 17, della I. 27 dicembre 2002, n. 289, che prevedeva un termine al 16/03/2003, poi prorogato al 31/03/2008 dall’art. 36 bis del d.l. 31 dicembre 2007, n. 248, conv. con modif. nella I. 28 febbraio 2008, n. 31.

1.1. La richiesta di rimborso si fondava sul vantato diritto della IAS, impresa residente nel territorio delle province di Siracusa, Catania e Ragusa all’atto del verificarsi dell’evento sismico del 13/12/1990, di ottenere la restituzione del novanta per cento dei tributi e contributi erogati relativamente agli anni 1990-1992.

1.2. La CTP aveva accolto il ricorso del contribuente e la sentenza della CTP era stata impugnata dall’Agenzia delle entrate.

1.3. Su queste premesse, la CTR motivava il rigetto dell’appello evidenziando che: a) le istanze di rimborso presentate dalla IAS erano tempestive in quanto le disposizioni dettate dall’art. 3 quater del d.l. 28 dicembre 2006, n. 300, conv. con modif. nella I. 26 febbraio 2007, n. 17, nonché quelle dettate dall’art. 36 bis del d.l. n. 248 del 2007 non costituivano «delle mere proroghe del pagamento previsto dalla legge n. 289/2002, ma sono nuove norme che abrogano implicitamente le precedenti norme incompatibili con le nuove disposizioni, con l’effetto di generare singolarmente, di volta in volta, il diritto al rimborso»; b) ne conseguiva che, nella specie, le istanze di rimborso erano state tempestivamente presentate entro i due anni dall’entrata in vigore della l. n. 31 del 2008; c) la disposizione dell’art. 9, comma 17, della l. n. 289 del 2002 introduceva un beneficio fiscale che si attuava concretamente «secondo due simmetriche possibilità di definizione: in favore di chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento solo del 10% da effettuarsi entro il 16.03.2003; in favore di chi ha pagato attraverso il rimborso del 90% di quanto versato al medesimo titolo ancorché risultato parzialmente non dovuto ex post, per effetto dell’intervento normativo, cui va riconosciuto il carattere di ius superveniens favorevole al contribuente nel contesto di un indebito sorto ex lege».

2. L’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con tempestivo ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

3. Il contribuente resisteva con controricorso.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3 quater del d.l. n. 300 del 2006, dell’art. 36 bis della l. n. 31 del 2008, dell’art. 9, comma 17, della l. n. 289 del 2002 e dell’art. 15 disp. prel. cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che la CTR aveva erroneamente ritenuto una successione di leggi nel tempo anziché la sussistenza di semplici proroghe dell’originario termine fissato per la definizione agevolata dall’art. 9, comma 17, della l. n. 289 del 2002.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 21, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché delle disposizioni dettate dal d.l. n. 300 del 2006 e dalla l. n. 31 del 2008, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando l’errore della CTR che avrebbe fatto decorrere il termine di decadenza dell’istanza di rimborso non già dalla data in cui si è verificato il presupposto per la restituzione stessa, ma dai termini previsti dal d.l. n. 300 del 2006 e dalla l. n. 31 del 2008, così rimettendo di fatto in termini la IAS.

3. Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9, comma 17, della l. n. 289 del 2002, degli artt. 12 e 14 delle disp. prel. cod. civ., degli artt. 1236 e 2033 cod. civ. e degli artt. 3 e 81 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che la CTR avrebbe considerato eguali situazioni che si atteggiano diversamente, facendo discendere benefici da norme che non li prevedono espressamente e estendendo analogicamente una norma sulle entrate e non già sulla spesa, contravvenendo così al disposto dell’art. 81 Cost.

4. I tre motivi vanno affrontati congiuntamente e hanno trovato ormai pacifica soluzione nella giurisprudenza di questa Corte, fatta salva l’applicazione della decisione n. C(2015) 5549 final del 14/08/2015 della quale occorre dare conto in questa sede.

4.1. Va prima di tutto evidenziato che l’originario principio affermato da Cass. n. 20641 del 01/10/2007 e richiamato anche dalla CTR, secondo cui «in tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991 e 1992, prevista dall’art. 9, comma diciasettesimo, legge n. 289 del 2002, a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, la definizione può avvenire in due simmetriche possibilità: in favore di chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento solo del 10 per cento del dovuto da effettuarsi entro il 16 marzo 2003; in favore di chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90 per cento di quanto versato al medesimo titolo. Ciò per effetto dell’intervento normativo citato, cui va riconosciuto il carattere di “ius superveniens” favorevole al contribuente, tale da rendere quanto già versato non dovuto “ex post”», è stato confermato da successive pronunce della S.C. (ex multis, Cass. n. 9577 del 12/06/2012; Cass. n. 12083 del 13/07/2012; Cass. n. 10242 del 02/05/2013), per cui può ormai considerarsi ius receptum.

4.2. La successiva giurisprudenza della Corte ha avuto solo modo di delimitare il suo campo di applicazione, precisando che «l’art. 9, comma 17, della l. n. 289 del 2002 non è applicabile in materia d’IVA atteso che, nel prevedere a beneficio delle persone colpite dal terremoto che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa una riduzione del 90 per cento di tale imposta, normalmente dovuta per gli anni 1990, 1991 e 1992, con riconoscimento del diritto al rimborso, in tale proporzione, delle somme già corrisposte, non soddisfa // principio di neutralità fiscale e non consente di garantire la riscossione integrale dell’IVA dovuta nel territorio italiano, sicché si pone in contrasto con l’ordinamento comunitario, come chiarito dall’ordinanza 15 Luglio 2015 della Corte di Giustizia nella causa C-82/14» (così Cass. n. 18205 del 16/09/2016; conf. Cass. n. 25278 del 16/12/2015; Cass. n. 16923 del 10/08/2016).

4.3. Con riferimento, poi, alla questione della decadenza dall’istanza di rimborso, l’originario contrasto giurisprudenziale esistente presso la Quinta sezione civile della Corte è stato risolto da un intervento normativo, segnatamente dall’art. art. 1, comma 665, della I. 23 dicembre 2014, n. 190.

4.4. Anche sul punto la S.C. ha avuto modo di precisare che «l’art. 1, comma 665, della l. n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) costituisce norma di interpretazione autentica, sicché i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, i quali hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento, previsto dall’art. 9, comma 17, della l. n. 289 del 2002, hanno diritto al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso entro il termine di due anni decorrente dalla data di entrata in vigore della l. n. 31 del 2008 di conversione del d.l. n. 248» del 2007 (Cass. n. 15252 del 22/07/2016).

5. Resta il fatto che, come precisato dalla menzionata disposizione normativa, «(…) l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione europea» per quei contribuenti «che svolgono attività d’impresa»; e non è dubbio che la IAS, in quanto società per azioni, partecipa dello statuto dell’imprenditore commerciale (da ultimo, con chiarezza, Cass. n. 3196 del 07/02/2017), anche indipendentemente dall’ampia nozione eurounitaria d’impresa, che include qualsiasi entità che eserciti l’attività economica a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle modalità di finanziamento, laddove costituisce attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato e, dunque, anche l’attività svolta dai professionisti (Corte di giustizia, 23/04/1991, causa C-41/90, Hofner El- ser; Corte di giustizia, 16/11/1995, causa C-244/94, Fédération française des sociétés d’assurances; Corte di giustizia, 11/12/1997, causa C-55/96, Job Centre-, Corte di giustizia, 16/06/1987, causa C-118/85, Commissione vs. Italia; Corte di giustizia, 01/07/2008, causa C-49/07, Motoe; Corte di giustizia, 26/03/2009, causa C-113/07, Selex Sistemi Integrati).

5.1. Infatti, come anticipato più sopra, la Commissione UE, con la decisione n. C(2015) 5549 final del 14/08/2015 (che il giudice nazionale deve attuare anche mediante disapplicazione di norme contrastanti: cfr. Cass. n. 22377 del 26/09/2017; Cass. n. 29905 del 13/12/2017; Cass. n. 3070 del 08/02/2018), stabilisce all’art. 1 che «Le misure di aiuto di Stato in oggetto (L. 27 dicembre 2012, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modifiche e integrazioni; L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 90, e successive modifiche e integrazioni; L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 363, e successive modifiche e integrazioni; L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1011, e successive modifiche e integrazioni; L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 109, e successive modifiche e integrazioni; D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 6, colma 4-bis e 4-ter, e successive modifiche e integrazioni; L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 33, comma 28, e successive modifiche e integrazioni; e tutti gli atti esecutivi pertinenti previsti dalle leggi sopraccitate), che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione dell’art. 108, Par. 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, sono incompatibili con il mercato interno».

5.2. È fatta salva l’ipotesi che si tratti di un «aiuto individuale» che «al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento (CE) n. 1407/2013 o dal regolamento (CE) n. 717/2014», ovvero dai regolamenti che prevedono gli aiuti cd. de minimis (§ 2 dee. cit.), o che, «al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione dell’articolo 1 del regolamento (CE) n. 994/98» (sull’applicazione degli artt. 92 e 93 – ora 87 e 88 – del Trattato a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali), «o da ogni altro regime di aiuti approvato», ma «fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per questo tipo di aiuti» (§ 3 dee. cit.).

5.3. Secondo la Commissione UE «una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sé aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perché il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese oppure perché il beneficio individuale è in linea (con) il regolamento de minimis applicabile oppure perché il beneficio individuale è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o un regolamento di esecuzione)» (§ 134 dee. cit.).

5.4 La decisione della Commissione UE, impugnata da una società siciliana (T-172/16), resta confermata dal Tribunale di primo grado UE, con sentenza del 26 gennaio 2018.

5.5. Orbene, il giudice d’appello, cui la causa va rinviata, dovrà accertare che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile (§§ 2 e 3 della citata decisione), «tenendo conto, in specie, che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto ai di sotto della quale l’art. 92, n. 1, TFUE, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza» (cfr. Cass. n. 22377 del 2017, cit., che richiama Cass. n. 11228 del 20/05/2011) e, in difetto, valutare la sussistenza delle condizioni che, secondo la decisione della Commissione UE del 14/08/2015, C(2015) 5549 final, fanno ritenere comunque compatibile gli aiuti in esame con il mercato interno, ai sensi dell’articolo 107, § 2, lettera b), del TFUE, ovvero che si tratti di «aiuti destinati a compensare i danni causati da una calamità naturale» (§ 150, lett. b)), sempre che sussista «un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamità naturali in oggetto e l’aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame» (§ 136), che presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa nell’area colpita dalla calamità naturale al momento dell’evento, e che sia evitata una sovracompensazione rispetto ai danni subiti dalla impresa, scorporando dal danno accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o altre misure di aiuto: cfr. § 148 della decisione della Commissione).

5.6. Inoltre, nel il rispetto del principio de minimis, non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo aiuto, comprendendovi qualsiasi aiuto pubblico accordato, anche quale aiuto de minimis (Cass. n. 14465 del 09/06/2017).

5.7. Al riguardo, premesso che la prova delle suddette circostanze è a carico del soggetto che invoca il beneficio, in sintonia con quanto affermato da Cass. n. 22377 del 2017 citata, deve ricordarsi anche il principio, al quale dovrà attenersi la Commissione di appello, secondo cui, «posto che l’invocazione dello ius superveniens» (alla cui stregua va ricondotta la decisione della Commissione UE) «e il giudizio positivo sulla idoneità della nuova disciplina giuridica ad incidere sulla decisione della lite costituiscono fattori sufficienti e determinanti per la cassazione della sentenza dev’essere consentita, in sede di rinvio, l’esibizione di quei documenti prima non ottenibili ovvero l’accertamento di quei fatti che in base alla precedente disciplina non erano indispensabili, ma che costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica» (cfr., in tal senso, già Cass. n. 5224 del 26/05/1998).

5.8. Giova ancora evidenziare che, benché la Commissione UE abbia espressamente previsto un’eccezione all’obbligo di recupero degli aiuti già erogati, ove sia giustificata dalla scadenza del termine decennale di conservazione dei documenti contabili (§ 150 dee. cit.), tale eccezione va interpretata in maniera restrittiva. Non è, infatti, possibile autorizzare, per analogia, successivamente all’adozione della decisione impugnata, l’erogazione automatica degli aiuti dichiarati incompatibili, senza privare di efficacia pratica detta decisione e l’intero sistema di controllo degli aiuti di Stato (Trib. UE, 26/01/2018, Centro Clinico e Diagnostico G.B. Morgagni, §§ 96-97 e 98-104).

5.9. Resta in disparte ogni eventuale futura evoluzione nella disciplina eurounitaria, che dovrà essere verificata sempre in sede di giudizio di rinvio (Cass. n. 1325 del 19/01/2018; Cass. n. 3070 del 2018, cit.).

5.10. Ovviamente, come già segnalato al punto 4.2., il rimborso dei tributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali non è applicabile in materia d’IVA, atteso che il riconoscimento del diritto al rimborso proporzionale delle somme già corrisposte, non soddisfacendo il principio di neutralità fiscale e non garantendo la riscossione integrale dell’IVA dovuta nel territorio italiano, si pone di per se stesso in contrasto col diritto dell’UE.

6. va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: «L’art. 9, comma 17, della l. n. 289 del 2002 – che prevede che la definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991 e 1992 a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, possa avvenire secondo due simmetriche possibilità: in favore di chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento solo del dieci per cento del dovuto da effettuarsi entro il 16 marzo 2003; in favore di chi ha già pagato, attraverso il rimborso del novanta per cento di quanto versato al medesimo titolo – non è applicabile ai contribuenti che svolgono attività di impresa in ragione del combinato disposto dell’art. 1, comma 665, della l. n. 190 del 2014 e della decisione n. C(2015) 5549 final del 14/08/2015 della Commissione UE, che ha ritenuto tale previsione emessa in violazione dell’art. 108, § 3, del TFUE e, dunque, incompatibile con il mercato interno, perché configurante un illegittimo aiuto di Stato. Spetta, peraltro, al giudice di merito valutare se nella singola fattispecie ricorra l’ipotesi di un aiuto individuale che, al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dai regolamenti UE che prevedono gli aiuti cd. de minimis o quelle previste dal regolamento CE n. 994/98 del Consiglio del 7 maggio 1998 sull’applicazione degli artt. 92 e 93 del trattato che istituisce la Comunità europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali ovvero da ogni altro regime di aiuti approvato, fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per tale tipo di aiuti. In ogni caso, il menzionato art. 9, comma 17, della l. n. 289 del 2012 non è applicabile in materia di IVA».

6. In conclusione, il ricorso va accolto con riferimento al terzo motivo nei limiti sopra indicati mentre vanno rigettati i primi due motivi; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Sicilia, in diversa composizione, cui è demandato di procedere a nuovo esame in conformità al superiore principio di diritto e in osservanza alla decisione della Commissione UE del 14/08/2015, e di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il terzo motivo di ricorso e rigetta i primi due motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio.