CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 luglio 2018, n. 19619
Tributi – IRPEF – Plusvalenza su cessione di terreno edificabile – Accertamento induttivo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro – Illegittimità
Rilevato che
L.M. ricorre per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva parzialmente accolto l’appello avverso la sentenza n. 102/05/2013 della Commissione tributaria provinciale di Avellino in accoglimento del ricorso proposto dalla contribuente avverso avviso accertamento IRPEF annualità 2007 sulla base di contestazioni inerenti plusvalenze non dichiarate conseguenti alla vendita di quota-parte di terreno edificabile; in particolare la CTR, con riguardo alla contestata plusvalenza, non dichiarata, dì € 31.810,00, conseguente alla vendita della quota parte di terreno edificabile ed alla differenza tra il valore dichiarato e il valore accertato, ai fini dell’imposta di registro, dall’Ufficio sulla base di una perizia dell’Agenzia del Territorio, aveva ribadito la validità dell’atto impositivo in contestazione sul presupposto che con sentenza emessa dalla CTR di Salerno, depositata in data 30.9.2013, erano stati confermati i valori indicati dall’Ufficio ai fini dell’imposta di registro;
la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;
con il primo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per mancanza di motivazione; con il secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., «omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti»;
con il terzo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per ultrapetizione con violazione del principio dì corrispondenza tra chiesto e pronunciato;
l’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata; la contribuente ha poi depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
Considerato che
1.1. è infondata la prima censura proposta dalla contribuente, con cui si censura la pronuncia impugnata per essersi limitata a dare atto della validità dell’accertamento nei suoi confronti sulla base della sentenza emessa dalla CTR di Salerno in data 9.7.2013 che aveva confermato i valori degli immobili, oggetto dì cessione, posti dall’Ufficio alla base dell’atto di rettifica del reddito imponibile, trascurando le «analitiche e documentate allegazioni confutative del contribuente sia in relazione all’applicazione della presunzione (ndr- relativa alla rettifica ai fini del registro) che all’eccepito superamento della stessa»;
1.2. dalla stessa lettura del motivo di ricorso emerge chiaramente come le contestazioni attingano ad un ben definito tessuto argomentativo, che, per quanto non condiviso, non configura una motivazione inesistente perché meramente apparente, e quindi non integra il radicale vizio di nullità invocato da parte ricorrente;
1.3. ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta, infatti, la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (cfr. Cass. n. 20311/2011; conf. n. 21612/2013; n. 17956/2015);
2.1. va accolto il secondo motivo di ricorso iure superveniente: in tema di imposte sui redditi l’art. 5 d.lgs. 147/2015, con norma retroattiva perché interpretativa, esclude, infatti, che l’ufficio finanziario possa accertare induttivamente la plusvalenza da cessione immobiliare o aziendale sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro (cfr. Cass. nn. 12265/2017, 11543/2016);
2.2. la presunzione sin allora affermata in via giurisprudenziale circa la corrispondenza del valore dell’avviamento in base al valore definito ai fini dell’imposta di registro, pertanto, non è più legittima, secondo il disposto del succitato art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147/2015, solo sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, in assenza di ulteriori elementi indiziari di riscontro (cfr. Cass. n. 6135/2016; 11543/2016), quale, ad esempio, una stima effettuata da un organismo tecnico interno all’amministrazione finanziaria, che, pur concretando una mera perizia di parte inidonea a fare piena prova del suo contenuto valutativo, ben può essere posta dal giudice di merito a fondamento, eventualmente anche esclusivo, del proprio convincimento;
3.1. va infine dato atto della sopravvenuta carenza di interesse della parte con riguardo al terzo motivo di ricorso, essendo stata emessa dalla CTR ordinanza n. 369/2016, prodotta dalla stessa parte ricorrente in allegato alle memorie ex art. 378 c.p.c., di correzione dell’errore materiale costituito dall’indicazione dell’importo della plusvalenza, sottoposta a tassazione, in misura pari ad € 100.013,00 in luogo di € 31.810,00; 4. in conclusione, il ricorso va accolto sul secondo motivo, respinto il primo e dichiarato inammissibile il terzo; la sentenza impugnata va dunque cassata e la controversia, non potendo essere decisa nel merito, va rinviata alla CTR della Campania in diversa composizione per il riesame e per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, respinto il primo e dichiarato inammissibile il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Commissione Tributaria della Campania.
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