CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 luglio 2018, n. 19624
Tributi – Imposte sui redditi – Reddito d’impresa – Costi derivanti da operazioni concluse con imprese domiciliate in paesi cd. “black-list” – Omessa separata indicazione nella dichiarazione dei redditi – Dichiarazione integrativa successiva alla verifica operata dall’Amministrazione – Regolarizzazione – Esclusa – Applicazione sanzioni ex art. 8, commi 1 e 3-bis, del D.Lgs. n. 471/97 – Legittimità
Ritenuto in fatto
L’Agenzia delle Entrate ricorre, con un unico motivo, per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria regionale del Veneto, in epigrafe richiamata, con la quale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, è stata dichiarata dovuta dalla società P.G. s.r.I., in relazione agli avvisi di accertamento ai fini Irpeg per gli anni d’imposta 2003 e 2004 – che avevano accertato la mancata indicazione nella dichiarazione dei redditi di componenti negativi di reddito derivanti da operazioni concluse con imprese domiciliate in paesi cd. “black-list”, omissione alla quale era poi seguita la presentazione di dichiarazione integrativa successiva alla verifica ed alla contestazione della irregolarità da parte dell’Ufficio – la sanzione di euro 1.000,00 per ciascuna annualità.
Con la sentenza impugnata i giudici di appello, ritenendo che sia consentito, in ragione dell’attuale formulazione dell’art. 9, ultimo comma, del d.P.R. n. 600/73, rettificare la denuncia dei redditi anche successivamente all’attività di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, hanno motivato che non è applicabile la sanzione prevista dall’art. 8, comma 3-bis, del d.lgs. n. 471/97 (10% delle somme non indicate al rigo RF 32 della denuncia dei redditi) perché, “essendo nella disponibilità del contribuente presentare in qualsivoglia momento una dichiarazione integrativa, una volta iniziata l’ispezione e constatata la violazione, egli può sottrarsi alla sanzione presentando la suddetta dichiarazione, cosa avvenuta nel caso oggi in discussione”; hanno, quindi, confermato l’applicazione della sanzione prevista dall’art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 471/97 nella misura intermedia di euro 1.000,00 per ciascuna annualità, anziché nella misura minima di euro 258,00, come stabilito dai giudici di primo grado.
La società contribuente resiste mediante controricorso e propone ricorso incidentale, affidato a due motivi.
Considerato in diritto
1. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322/98 e 13, comma 1, d.lgs. 472/97, evidenzia che la sanzione disciplinata dall’art. 8, comma 1, d.lgs. 471/97 non è applicabile nel caso di specie, posto che, al momento della presentazione della dichiarazione integrativa (8.3.2006), era iniziata e si era già conclusa la verifica fiscale a carico della società contribuente, e ribadisce di avere legittimamente contestato la mancata indicazione in dichiarazione dei costi ed applicato la sanzione prevista dall’art. 8, comma 3-bis, del d.lgs. n. 471/97, sottolineando che, qualora la dichiarazione integrativa sia stata presentata dopo che sono iniziati accessi, ispezioni o verifiche, le sanzioni previste per tali violazioni restano dovute.
1.1. Il motivo è fondato.
1.2. Occorre preliminarmente rilevare che questa Corte, affrontando la questione degli effetti della mancata dichiarazione autonoma dei costi relativi a compensi corrisposti a fornitori operanti in Paesi a fiscalità privilegiata (cd. black list), ha costantemente affermato che a seguito della contestazione della violazione è preclusa ogni possibilità di regolarizzazione e ciò in quanto, ove fosse possibile porre rimedio alla mancata separata indicazione dei costi, anche dopo la verifica e la contestazione della violazione, la correzione si risolverebbe in uno strumento elusivo delle sanzioni previste dal legislatore per l’inosservanza delle prescrizioni relative alla compilazione delle dichiarazioni dei redditi (tra altre, Cass. n. 5398 del 4/4/2012; n. 14999 del 17/7/2015; n. 15798 del 27/7/2015; n. 6651 del 6/4/2016); inoltre, la fattispecie in esame, in cui l’inosservanza dell’onere dell’indicazione separata dei costi deducibili impediva (prima della novella introdotta dall’art. 1, commi 302 e 303, della legge n. 296 del 2006) il perfezionamento della stessa fattispecie costitutiva del diritto alla deduzione di tali spese, è del tutto diversa dalle situazioni contemplate dall’art. 2, commi 8 e 8-bis, citati, poiché l’intervento emendativo non ha, in questo caso, la funzione di rideterminare correttamente componenti reddituali positivi o negativi omessi o errati, o di correggere errori di calcolo (così incidendo direttamente sul quantum dei crediti e debiti esistenti al momento della presentazione della dichiarazione), ma è volto inammissibilmente a costituire ex novo un diritto – alla deduzione di determinate spese – prima inesistente, del quale, cioè, il contribuente non era già titolare (Cass. n. 24929 del 6/11/2013; n. 14999 del 17/7/2015; n. 15285 del 2015; n. 6651 del 6/4/2016; n. 11933 del 21/1/2016).
Da quanto detto discende che la presentazione di dichiarazione integrativa in data successiva alla verifica operata dall’Amministrazione, come è avvenuto nel caso in esame, non è idonea a sanare la irregolarità e non impedisce, conseguentemente, la applicazione delle sanzioni amministrative dovute.
1.3. Per effetto del regime transitorio dettato dal comma 303 dell’art. 1 della legge n. 296/2006, le violazioni dell’obbligo di separata indicazione nella dichiarazione dei redditi delle spese e degli altri componenti negativi inerenti ad operazioni commerciali intercorse con fornitori aventi sede in Paesi a fiscalità privilegiata, poste in essere prima dell’entrata in vigore della predetta legge, non comportano, di per se stesse, l’applicazione del regime di assoluta indeducibilità dei costi medesimi (e di connessa sanzionabilità ex art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 471/1997), in quanto degradate a violazioni di carattere formale, ma sono soggette alla sanzione amministrativa ex art. 8, comma 3 -bis, del d.lgs. n. 471/97, da cumulare con la sanzione di cui al medesimo art. 8, comma 1, del d.lgs. 471/97 (Cass. n. 11933 del 21/1/2016; n. 13108 del 24/6/2016; n. 5085 del 28/2/2017).
Pertanto, la sentenza impugnata va cassata, essendo incorsa nella dedotta violazione di legge.
2. Passando all’esame del ricorso incidentale, con il primo motivo la contribuente lamenta che la Commissione tributaria regionale, ritenendo non applicabile la sanzione minima, pari ad euro 258,00, di cui all’art. 8, comma 1, del d.P.R. n. 322 del 1988, ha aumentato l’importo di tale sanzione nella misura intermedia di euro 1.000,00 per ogni annualità, senza dare contezza dei criteri che l’hanno condotta al calcolo della sanzione.
3. Con il secondo motivo la contribuente deduce la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., evidenziando che i giudici di secondo grado, in assenza di domanda da parte dell’Ufficio, hanno rideterminato la sanzione irrogata dai giudici di primo grado.
3.1. Il secondo motivo, che va esaminato con priorità, è fondato e comporta l’assorbimento del primo motivo.
Dall’esame dell’atto di appello proposto dall’Ufficio, consentito a questa Corte qualora sia denunciato un error in procedendo, non risulta che l’Agenzia delle Entrate abbia chiesto una rideterminazione della sanzione applicata in primo grado ai sensi dell’art. 8, comma 1, d.lgs. n. 471/97 e, pertanto, i giudici di appello, irrogando la sanzione nella misura intermedia, anziché nella misura minima fissata dai giudici di primo grado, hanno violato il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.
La sentenza è, dunque, nulla nella parte in cui applica la sanzione di euro 1.000,00 per ogni annualità, in sostituzione di quella minima di euro 258,00, prevista dall’art. 8, comma 1, d.lgs. 471/97.
4. Pertanto, in accoglimento del ricorso principale ed in accoglimento del secondo motivo del ricorso incidentale, assorbito il primo motivo, la sentenza va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, per il riesame in relazione alle censure accolte, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale; accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale e dichiara assorbito il primo motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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