CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 luglio 2018, n. 19627
Irpef – Accertamento – Cartella di pagamento – Validità
Rilevato che
1. L.P. ricorre con dieci motivi contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 105/1/10 della Commissione Tributaria Regionale della Calabria, depositata in data 25/5/2010 e non notificata, che, in controversia concernente l’impugnativa della cartella di pagamento per Irpef dell’anno di imposta 1999 e sanzioni, nella quale risultava l’iscrizione a ruolo di una somma pari ad euro 84.832,89 in conseguenza di un avviso di accertamento precedentemente notificato, ha rigettato l’appello della contribuente, compensando le spese di lite;
con la sentenza impugnata la C.T.R. della Calabria ha ritenuto infondata l’eccezione di nullità della notifica dell’avviso di accertamento, quale atto presupposto della cartella impugnata; ha, inoltre, ritenuto adeguatamente motivata la sentenza della C.T.P. di Cosenza e legittimo l’accertamento sintetico del reddito complessivo netto della contribuente;
2. a seguito del ricorso, l’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata, costituendosi al solo fine di un’eventuale partecipazione all’udienza;
3. il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio del 27/6/2018 ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n. 168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n. 197;
4. parte ricorrente ha depositato memorie;
Considerato che
1.1. con il primo ed il secondo motivo di ricorso, la contribuente denunzia la nullità della sentenza e la violazione e falsa applicazione dell’art. 140 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 4 e 3, c.p.c., alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010;
secondo la ricorrente il giudice di appello avrebbe erroneamente ritenuto valida la notifica dell’avviso di accertamento, quale atto presupposto della cartella di pagamento, senza che l’Agenzia delle Entrate avesse esibito la ricevuta della raccomandata inviata dal messo notificatore ai sensi dell’art.140 c.p.c.;
con il terzo ed il quarto motivo, la contribuente denunzia la nullità della sentenza e la violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 e n. 3, c.p.c., nella parte in cui la C.T.R. ha ritenuto che il ricorso della contribuente avesse sanato il vizio della notifica (a suo dire inesistente) dell’avviso di accertamento;
con il quinto ed il sesto motivo, la contribuente denunzia la nullità della sentenza e la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 e n. 3, c.p.c., nella parte in cui la C.T.R. ha ritenuto che la sentenza della C.T.P. di Cosenza fosse congruamente motivata in relazione alla notifica dell’avviso di accertamento, quale atto presupposto della cartella di pagamento;
1.2. i motivi, avendo ad oggetto le questioni attinenti alla validità della notifica dell’avviso di accertamento, quale atto presupposto della cartella di pagamento, possono essere esaminati congiuntamente e vanno dichiarati in parte inammissibili ed in parte infondati;
1.3. invero, “in tema di contenzioso tributario, qualora il contribuente impugni cumulativamente l’atto presupposto e l’atto consequenziale, contestando nel merito la pretesa tributaria, la nullità della notifica dell’avviso di accertamento è suscettibile di sanatoria ex art. 156 c.p.c. ,ove non siano allegate ulteriori difese nel merito, diverse da quelle già esposte, rimaste precluse dalla mancata tempestiva cognizione dell’atto presupposto” (Cass. ord. n. 19145/2016);
in precedenti pronunce, la Corte ha anche precisato che “in materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Poiché tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dall’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa” (Cass. ord. n. 1144/2018; vedi S.U. sent. n. 5791/2008);
nel caso di specie è pacifico che la contribuente abbia impugnato la cartella di pagamento, non solo deducendone la nullità per l’inesistenza della previa notifica dell’avviso di accertamento (avvenuta ai sensi dell’art. 140 c.p., senza che l’Amministrazione avesse prodotto l’avviso di ricevimento della raccomandata inviata dal Messo notificatore), ma anche contestando nel merito la legittimità dell’accertamento sintetico effettuato senza un adeguato supporto motivazionale;
il ricorso della contribuente, quindi, ha ad oggetto anche le doglianze relative al contenuto dell’avviso di accertamento, sulle quali i giudici di merito hanno pronunciato, dichiarandole infondate;
la contribuente, inoltre, non risulta aver allegato difese nel merito, diverse da quelle già esposte, rimaste precluse dalla mancata tempestiva cognizione dell’atto presupposto;
deve, quindi, ritenersi che l’impugnazione nel merito ha sanato ogni eventuale nullità della cartella per il dedotto vizio della notifica dell’avviso di accertamento e che gli ulteriori motivi attinenti alla invalidità della suddetta notifica sono inammissibili per carenza d’interesse, avendo la contribuente scelto di impugnare cumulativamente anche l’atto presupposto (l’avviso di accertamento) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo;
2.1. con il settimo motivo, la contribuente denunzia la contraddittorietà della motivazione, ex art. 360, comma 1, n.5, c., sulla corretta utilizzazione dell’accertamento sintetico;
secondo la ricorrente, la C.T.R., a pagina 5 rigo 18 della sentenza impugnata, avrebbe affermato che le doglianze dell’appellante erano fondate, per poi concludere per il rigetto dell’appello;
2.2. il motivo è infondato,’
2.3. invero, dalla lettura della motivazione relativa all’ultimo motivo di appello emerge con sufficiente chiarezza l’iter logico – argomentativo seguito dalla C.T.R. nel rigettare l’appello;
le contraddizioni denunciate dalla ricorrente, infatti, sono facilmente riconducibili ad errori materiali nella stesura del provvedimento, assai probabilmente dovuti alla nota tecnica del “copia ed incolla”, tanto che l’Ufficio viene e indicato come parte appellante (e non appellata);
le poche righe contestate dalla contribuente e riportate nel motivo ricorso in cassazione (“Ritiene il Collegio che le doglianze sono fondate e devono essere accolte. Dal contesto del ricorso sembra di capire che secondo l’ufficio appellante …”) possono ritenersi il frutto di un mero errore materiale, immediatamente riconoscibile, che non inficia la coerenza dell’iter logico – argomentativo adottato dal giudice di appello;
è, infatti, evidente che l’appellante non fosse l’Ufficio, ma la contribuente, e che le argomentazioni, che precedono la frase sopra riportata in parentesi, siano a sostegno della tesi dell’Ufficio, secondo cui la determinazione del reddito effettuata sulla base del cd. redditometro pone a carico del contribuente l’onere di dimostrare che il reddito accertato non esiste o esiste in misura minore;
3.1. con l’ottavo, il nono ed il decimo motivo, la contribuente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 D.P.R. n. 600/73 e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, c.p.c., nella parte in cui la C.T.R. ha applicato la disciplina dell’accertamento sintetico, senza avere accertato che mancava il presupposto della non congruità del reddito dichiarato per almeno due anni, nonché l’insufficiente motivazione sul punto, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.;
3.2. i motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili;
3.3. preliminarmente va dichiarato inammissibile il vizio di omessa pronuncia denunciato con il decimo motivo di ricorso;
invero, “affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che al giudice di merito fossero state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili, e, dall’altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell’autosufficienza, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo luogo, la decisività” (Cass. S.U. sent. n. 15781/2005);
nella fattispecie in esame, la ricorrente, pur richiamando il punto dell’atto di appello in cui ha dedotto la mancanza del presupposto della non congruità del reddito dichiarato per almeno due anni, nulla ha detto in ordine alle deduzioni contenute nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, non risultando dalla lettura del ricorso in cassazione se tale specifica carenza dei presupposti (la non congruità del reddito dichiarato per almeno due anni) fosse stata denunciata con il ricorso originario, che non risulta tra i documenti indicati ex art. 366, co. 1, n. 6, c.p.c. e prodotto ex art. 369, co. 2, n. 4, c.p.c.;
egualmente risulta inammissibile il motivo relativo alla violazione dell’art. 38 D.P.R. n. 600/73, con riferimento all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., non avendo la ricorrente indicato ed allegato gli atti dei precedenti gradi di giudizio, posti a fondamento della censura e necessari per il suo esame;
anche la censura relativa all’omessa motivazione su di un fatto decisivo e controverso risulta priva del requisito dell’autosufficienza;
in particolare, ai fini dell’ammissibilità della censura del difetto di motivazione, la ricorrente avrebbe dovuto indicare specificamente i fatti che assume essere stati ignorati dal giudice di merito, fornendo tutti gli elementi necessari a valutare che gli stessi siano decisivi ed abbiano costituito oggetto di controversia tra le parti;
nel caso in esame, come già rilevato, la ricorrente ha omesso il riferimento al ricorso introduttivo del giudizio ed alle specifiche doglianze di merito in esso contenute, non consentendo il compiuto esame delle censure avanzate in sede di legittimità;
4.1. per quanto fin qui detto, il ricorso è complessivamente infondato e deve essere rigettato;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.