CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 luglio 2019, n. 19987
Tributi – IVA – Importazioni – Accertamento – Deposito fiscale ritenuto “virtuale”, illecitamente gestito – Effetti – Iva detratta dall’importatore mediante autofatturazione – Disconoscimento – Competenza dell’Ageniza delle Entrate.
Rilevato, in fatto, che
– Con la predetta sentenza, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia rigettava l’appello proposto dalla Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Bari di accoglimento del ricorso con cui la contribuente S.I. S.r.l. aveva impugnato gli avvisi di accertamento con cui l’amministrazione finanziaria – sul presupposto della indebita utilizzazione di un deposito fiscale gestito virtualmente da W.S. s.r.l. – aveva recuperato a tassazione l’IVA detratta indebitamente, a suo dire, dalla società contribuente in relazione agli anni di imposta 2006 e 2007.
Il giudice di appello affermava il difetto di competenza funzionale della Agenzia delle entrate, ritenendo l’Agenzia delle dogane l’unico organo competente ad accertare e riscuotere l’IVA (art. 70 DPR 26.10.1972 n. 633);
– Per la cassazione di tale sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso affidato ad un unico motivo con cui deduce violazione di norme (art. 70 DPR 26.10.1972 n. 633); resiste con controricorso la società contribuente.
Il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., introdotti dall’art. 1 bis del d.l. 31.8.2016 n. 168 convertito, con modificazioni, dalla legge 25.10.2016 n. 197.
Considerato che
– Il ricorso è fondato, dovendosi dare ulteriore continuità ai principi di diritto enunciati, tra le altre, da cass, sez. trib. 5.8.2016 n. 16459 (“In tema d’IVA, l’Agenzia delle Entrate è competente all’accertamento ed alla riscossione dell’imposta conseguente all’importazione se, precedendo l’immissione in libera pratica quella in consumo con certo intervallo temporale, sia assolta al momento dell’estrazione della merce dal deposito fiscale mediante il meccanismo contabile del <reverse change>, atteso che non si tratta, secondo la normativa della Unione europea, di una obbligazione doganale, restando la legittimazione attribuita, per economia di procedimento, all’autorità doganale solo ove l’immissione in libera pratica e quella al consumo coincidano al momento della importazione”), dalle numerose altre, similari, frutto della medesima camera di consiglio mono-tematica (nn. 16463, 16464, 16465, 16456) e, più di recente, dalle ordinanze n. 31237 del 29.12.2017 e n. 30538 del 20.12.2017;
– Premesso infatti che la Corte di giustizia ha affermato la natura di tributo e non di dazio doganale dell’IVA all’importazione (Corte giustizia 5.5.1982 Gastón Schul; 25.2.1982 Drexel; 17.5.2001 Fischer & Brandnstein; 29.7.2009 Pakora Plus; 16.7.2011 Lidi & Companhia sull’imponibile ex art. 83 Direttiva U.E. 2006/112/CE; 17.7.2014 Equoland), con l’atto impositivo l’Agenzia delle entrate mira a recuperare l’iva alla importazione a seguito di disconoscimento della detrazione operata dalla parte contribuente mediante autofatturazione (c,d. reverse charge) al momento della estrazione della merce da un deposito fiscale ritenuto “virtuale”, perché, a suo dire, illecitamente gestito da altra società;
– Erra la sentenza impugnata a definire come diritto di confine l’iva alla importazione facendo da ciò conseguire la competenza dell’Agenzia delle dogane, omettendo di considerare che l’iva all’importazione ha natura di tributo interno, come tale di competenza dell’Agenzia delle entrate e che la competenza della Agenzia delle dogane è prospettabile soltanto per economia procedimentale in ipotesi di coincidenza tra l’immissione in libera pratica e l’immissione in consumo della merce importata e non, invece, quando la prima precede temporalmente la seconda;
– In definitiva, va ribadito che, nelle fattispecie decise nel 2016 così come in quella similare in esame, tutte riferibili alla utilizzazione del deposito fiscale gestito virtualmente da W.S. s.r.l., “la competenza funzionale ad emettere l’atto impositivo per il disconoscimento della detrazione dell’Iva all’importazione dovuta per l’immissione al consumo, quindi dopo l’immissione della merce in libera pratica, operata dalla società contribuente mediante reverse charge, spettava all’Agenzia delle entrate” (cass. n. 18643/2016);
– Ne deriva il complessivo superamento dei risalenti precedenti richiamati nella sentenza impugnata e invocati da parte contribuente, i quali si ricollegano a complessive ricostruzioni della fenomenologia dell’Iva alla importazione completamente rivisitate dalla successiva giurisprudenza di legittimità (sopra citata) ampiamente evolutasi sulla scorta della vincolante giurisprudenza della Corte di giustizia (pure puntualmente sopra citata);
– Non può, tuttavia, in conclusione, non darsi conto una recente sentenza di questa sezione di segno – almeno parzialmente – contrario rispetto all’orientamento al quale la presente decisione dà ulteriore continuità. Si tratta della sentenza n. 24276 del 4.10.2018, la quale ha affermato il seguente principio: “L’Agenzia delle dogane è funzionalmente competente al recupero dell’IVA all’importazione sia nel caso di coincidenza dell’immissione in libera pratica con quella in consumo, sia quando, pur mancando detta coincidenza, venga riscontrata una irregolarità nella gestione dei <depositi IVA> fino al momento della estrazione delle merci, mentre nella fase successiva, nelle ipotesi di indebite detrazioni operate con il sistema dell’autofatturazione, la relativa competenza spetta all’Agenzia delle Entrate, poiché la riscossione dell’IVA al di fuori degli spazi doganali non afferisce alla <fiscalità interna degli scambi internazionali> demandata, ex art. 63 del d. Igs. n. 300 del 1999, alla competenza della Agenzia delle Dogane“. Per quanto di interesse nella presente sede – nella quale la controversia verte (al pari di quelle decise nel 2016 e sopra richiamate) intorno al disconoscimento della detrazione dell’IVA all’importazione dovuta per l’immissione al consumo (quindi dopo l’immissione della merce in libera pratica) operata da parte contribuente mediante autofatturazione (c.d. reverse charge) – la sentenza in commento non si discosta dai principi enunciati a far tempo dalle più volte menzionate sentenze del 2016; così infatti si legge nella parte conclusiva di pag. 10 della sentenza in questione: “l’Agenzia delle entrate è funzionalmente competente alla riscossione dell’IVA <intracomunitana>, in caso di mancata coincidenza dell’immissione in libera pratica con l’immissione al consumo, all’atto della estrazione delle merci dai <depositi IVA>, nell’ipotesi di riscontrate indebite detrazioni operate con il sistema dell’autofatturazione, non trattandosi più di <fiscalità interna negli scambi internazionali>”.
– L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla commissione tributaria regionale della Puglia che, in diversa composizione, riesaminerà la vertenza alla stregua dei superiori principi di diritto e regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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