CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 luglio 2019, n. 20031
Formale inquadramento non corrispondente alle mansioni espletate – Differenze retributive – Riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione – Vizio di motivazione denunziabile solo in relazione all’omesso esame di un fatto storico di rilevanza decisiva oggetto di discussione tra le parti
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha accertato il diritto di C.A. ad essere inquadrato nelle mansioni di responsabile unità amministrativa complessa (par. 250) dal 1.6.2003 e condannato A. s.p.a. al pagamento a titolo di differenze retributive della somma di € 137.249, 80 oltre accessori;
1.1. il giudice di appello ha ritenuto che le mansioni espletate dall’A. nell’ambito della società C.S., poi fusa per incorporazione nell’A. s.p.a., fossero riconducibili al profilo di quadro, non corrispondente al formale inquadramento di impiegato di primo livello attribuito dalla prima società e che, avendo l’A. già conseguito le mansioni di quadro all’atto del passaggio alle dipendenze di A. s.p.a. dovesse essergli riconosciuto l’inquadramento di responsabile di unità amministrativa complessa, con diritto alle relative differenze retributive. Ha respinto le ulteriori domande del lavoratore intese al riconoscimento del diritto all’inquadramento come dirigente ed alle connesse differenze retributive, al risarcimento del danno non patrimoniale in ragione del demansionamento sofferto presso A. s.p.a. ed al risarcimento del danno da <<mobbing>>;
2. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso A. s.p.a. sulla base di quattro motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso e contestuale ricorso incidentale affidato a due motivi ulteriormente illustrati con memoria ai sensi dell’art. 380-bis. 1. cod. proc. civ.;
Considerato che
Sintesi dei motivi del ricorso principale
1. con il primo motivo parte ricorrente, denunziando, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che l’A., nel periodo in cui aveva prestato la propria attività in favore di C.S. s.p.a., avesse svolto mansioni superiori alla qualifica di impiegato di 1° livello; assume che le funzioni sulla base delle quali era stato attribuito il superiore inquadramento andavano ricondotte alla carica di Presidente della società rivestita dall’A., estranea al parallelo rapporto di lavoro subordinato dallo stesso instaurato con la società ;
2. con il secondo motivo parte ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2 c.c.n.I. Settore mobilità;
3. con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., insufficiente e contradditoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio;
3.1. i motivi secondo e terzo, illustrati congiuntamente, censurano la sentenza impugnata per avere riconosciuto al momento dell’incorporazione in A. s.p.a.. il diritto dell’A. ad essere inquadrato con la qualifica di capo Area parametro 250. Si sostiene che la diversa qualifica attribuita era perfettamente consona alla qualifica ed alle mansioni espletate in seno alla prima società laddove la funzione di capo Area costituiva funzione tecnica altamente specialistica;
4. con il quarto motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 cod. civ. e dell’art. 4^ legge n. 428 del 1990. Premesso che dalla documentazione in atti emergeva che la fusione tra C.S. s.p.a. e A. s.p.a. si era resa necessaria a causa del grave stato di insolvenza della prima società, assume che, anche a voler ritenere sussistente il demansionamento dell’A. presso la seconda società, lo stesso risultava consentito alla stregua dell’art. 47 legge n. 428 del 1990 cit. stante il rispetto delle prescrizioni a tal fine imposte, come attestato dall’accordo sindacale in atti nonché dalla comunicazione alla RSA del 22.1.2003 e dalla comunicazione in data 4.6.2003 da qualificare come proposta contrattuale individuale;
Sintesi dei motivi del ricorso incidentale
5. con il primo motivo di ricorso incidentale C.A. deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione del contratto collettivo censurando la sentenza impugnata in relazione al mancato riconoscimento della qualifica di dirigente pur in presenza di documentazione attestante lo svolgimento nel periodo dal maggio 1999 al settembre 2001 delle funzioni di direttore della società C.S. s.p.a.;
6. con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti. Censura la decisione per avere negato il diritto alla qualifica dirigenziale sul rilievo che l’A. avrebbe svolto il <<coordinamento e controllo di tutto il personale>> e che, a seguito del passaggio ad A. avrebbe chiesto l’inquadramento nelle mansioni di << quadro – Capo area parametro 250>>, affermazioni che assume in contrasto con la documentazione allegata che richiama e che assume non considerata dal giudice di merito;
Esame dei motivi di ricorso principale
7. che il primo motivo di ricorso è inammissibile alla luce della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., interpretata, in conformità dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione; in conseguenza, il vizio di motivazione è denunziabile solo in relazione all’omesso esame di un fatto storico di rilevanza decisiva oggetto di discussione tra le parti, neppure formalmente prospettato dall’odierna ricorrente, che incentra, inammissibilmente, le propritcritiche sulla valutazione di elementi istruttori comunque compiuta dalla Corte territoriale (Cass. Sez. Un. n. 8053 del 2014, Cass. n. 2498 del 2015, Cass. n. 21439 del 2015) la quale, ha, tra l’altro, evidenziato come le mansioni accertate dall’A., attinenti essenzialmente al coordinamento di tutto il personale, erano diverse da quelle tipiche, di rappresentanza esterna ed indirizzo generale interno, tipiche di Presidente del Consiglio d Amministrazione della società;
8. che i motivi secondo e terzo, illustrati congiuntamente, presentano plurimi profili di inammissibilità derivanti: a) dalla mescolanza e sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., dovendosi escludere, alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte, la ammissibilità della prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (Cass. n. 26874 del 2018, Cass. n. 15651 del 2017, Cass. n. 19133 del 2016, Cass. n. 19443 del 2011); b) dal fatto che, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. non è indicato dove sia rinvenibile e quando sia stato depositato integralmente (Cass. SS.UU. n. 20075 del 2010) il contratto collettivo su cui si fonda il motivo (cfr. Cass. Sez. Un. n. 25038 del 2013, Cass. n. 124 del 2013, Cass. n. 17602 del 2011, Cass. Sez. Un. n. 7161 del 2010); c) dal fatto che il controllo sulla motivazione è sollecitato con riferimento alla insufficienza e contraddittorietà della stessa ed è quindi estraneo al parametro normativo dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. nel testo attualmente vigente, applicabile ratione temporis (in relazione al quale si richiamano le considerazioni formulate nell’esame del primo motivo di ricorso principale – v. parag. 1) ;
9. il quarto motivo è inammissibile in quanto, pur formalmente denunziando violazione e falsa applicazione dell’art. 47 legge n. 428 del 1990, non verte sul significato e sulla portata applicativa della norma bensì sul rilievo probatorio di documenti – destinati in tesi a contrastare l’assunto del giudice di merito circa la assenza di accordo collettivo derogatorio ex art. 47 legge n. 428 del 1990 – neppure evocati nel rispetto delle prescrizioni imposte dall’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. mancando la indicazione del luogo di relativa produzione nell’ambito del processo di merito e la trascrizione o la esposizione per riassunto del relativo contenuto, come prescritto (Cass. n. 195 del 2016, Cass. n. 26174 del 2014, Cass. n. 22607 del 2014);
Esame dei motivi di ricorso incidentale
10. il primo motivo di ricorso incidentale è inammissibile. La sentenza impugnata ha accertato che le mansioni svolte dall’A. presso C.S. s.p.a. erano qualificabili come quelle di Direttore generale dell’azienda secondo quanto evincibile dalla prova orale e documentale che aveva confermato il coordinamento di tutto il personale ed ha escluso che le stesse, alla stregua del contratto collettivo, si configurassero di natura dirigenziale in quanto connotate dalla possibilità di imprimere direttive a tutta l’impresa. La censura articolata non si confronta con tale specifico profilo ma si limita ad affermare, in termini apodittici e non argomentati, che le risultanze istruttorie evidenziavano che il lavoratore aveva svolto funzioni di direttore della società con tutti i compiti relativi. Tale modalità di articolazione della censura è inidonea, stante la sua genericità, alla valida impugnazione della statuizione;
11. il secondo motivo è anch’esso inammissibile in quanto la relativa formulazione non è coerente con l’attuale configurazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., secondo la rigorosa lettura data da questa Corte (Cass Sez. Un. n. 8053 del 2014) in quanto non individua alcuno specifico fatto storico, il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice di merito nella ricostruzione fattuale della vicenda, ma affida, in concreto, le proprie doglianze all’assunto di omesso esame di documenti, non evocati nel rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. (v. giurisprudenza richiamata sub parag. 4);
12. che all’inammissibilità del ricorso principale e del ricorso incidentale segue la compensazione delle spese di lite;
13. che sussistono i presupposti per l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, nei confronti di entrambe le parti ricorrenti;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili il ricorso principale e il ricorso incidentale. Compensa le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della parte ricorrente principale e della parte ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto rispettivamente per il ricorso principale e per il ricorso incidentale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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