CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 luglio 2019, n. 20034
Lavoro – Riconoscimento dell’indennità per lavori nocivi – Prova dei giorni e delle ore in cui sarebbe avvenuta la prestazione – Accertamento
Fatto
Rilevato che:
con decreto nr. 3587 del 2017, il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ha rigettato l’opposizione allo stato passivo proposta da N.M.B. e confermato il decreto del giudice delegato che non aveva ammesso al passivo del Fallimento A.Y. S.p.A. i crediti vantati dal lavoratore a titolo di premio di produzione, indennità per lavori nocivi e differenze a titolo di trattamento di fine rapporto da versare al fondo di previdenza complementare, sul presupposto della mancata dimostrazione dei crediti stessi;
ricorre per cassazione il lavoratore, sulla base di quattro motivi; il ricorso è illustrato, altresì, con memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 cod.proc.civ.; resta intimato il Fallimento A.Y. S.p.A.;
il PG deposita requisitoria scritta;
Diritto
Considerato che:
1. con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta violazione e falsa applicazione degli articoli 95, 98, e 99 Regio Decreto nr. 267 del 1942 (cd. Legge Fallimentare) anche in relazione all’art. 345 cod.proc. civ.;
1.1. la censura investe la statuizione secondo cui il giudizio di opposizione allo stato passivo «non può essere interpretato come uno strumento […] con il quale sanare il difetto di prova in cui la parte sia incorsa nella sede opportuna ovvero quella della verifica dei crediti» (cfr. ultimo cpv., pag. 8 del decreto impugnato); si assume l’erroneità del provvedimento impugnato che, viceversa, avrebbe dovuto tenere conto della integrazione documentale e probatoria richiesta a supporto dei crediti azionati;
2. con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 c.p.c. – è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ.; la censura riguarda la statuizione di infondatezza della domanda di ammissione al passivo del credito per differenze di TFR, per difetto di documentazione del credito medesimo; al riguardo, la parte ricorrente deduce che, con il ricorso in opposizione allo stato passivo, venivano depositate (ma non considerate per quanto osservato in relazione al primo motivo), oltre alle buste paga ed al modello CUD 2012, una consulenza contabile e la nota del 30 giugno 2011 del direttore del fondo complementare, idonee a dimostrare il credito azionato;
3. con il terzo motivo – ai sensi dell’articolo 360 nr 3 c.p.c. – è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del CCNL Legno-Industria del 21.7.2004 e del 28.5.2008 nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod.proc.civ.; la critica investe la statuizione con cui il Tribunale ha respinto la domanda relativa al credito per premio di produzione, assumendo il difetto di prova documentale ed osservato, in relazione allo stesso, come, per gli anni successivi al 2006/2007, non vi fossero accordi tra le parti sociali; la parte ricorrente deduce che il Tribunale non avrebbe considerato la portata dell’art. 39 del CCNL (prodotto in sede di opposizione allo stato passivo ma non valutato per quanto innanzi), in punto di durata quadriennale delle previsioni degli accordi aziendali che, dunque, al riguardo, rilevavano anche per il periodo dedotto in causa;
4. con il quarto motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta violazione e mancata applicazione dell’articolo 73 del CCNL settore Legno-Industria del 2004 e del 2010 nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod.civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc.civ.; la censura riguarda il mancato riconoscimento dell’indennità per lavori nocivi «non essendo documentato il credito richiesto»; si assume che, accertata la qualifica di «operaio resinatore», il Tribunale avrebbe dovuto presumere lo svolgimento di una prestazione «nociva», per l’intero orario di lavoro, e non porre a carico del lavoratore la prova dell’orario di lavoro e dei giorni di svolgimento della relativa prestazione;
5. il primo motivo è fondato;
6. il Tribunale ha ritenuto la natura impugnatoria del giudizio di opposizione allo stato passivo e, conseguentemente, preclusa, spirati i termini di cui all’art. 95 della legge fallimentare, la produzione di nuovi documenti;
6.1. in tal modo è incorsa in errore di diritto, non avendo fatto applicazione dei consolidati principi di questa Corte secondo cui «la produzione di documenti non è sottoposta, nel giudizio di opposizione allo stato passivo del fallimento, al divieto di cui all’art. 345 cod.proc.civ., neppure, per effetto del rinvio contenuto nell’art. 101, comma 2, legge fallimentare, nell’ipotesi di insinuazione tardiva, avendo detto giudizio disciplina propria e diversa da quella del processo ordinario di cognizione, e non p(otendo), pur assumendo natura impugnatoria, essere qualificato come un appello. Il rimedio dell’opposizione, infatti, mira a rimuovere un provvedimento emesso sulla base di una cognizione sommaria che, se non opposto, acquista efficacia di giudicato endofallimentare ex art. 96 legge fallimentare, e solo gli atti introduttivi di cui agli artt. 98 e 99 legge fallimentare, con l’onere di specifica indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti, segnano il termine preclusivo per l’articolazione dei mezzi istruttori» (ex plurimis, Cass., nr. 21201 del 2017; Cass. nr. 4708 del 2011; Cass. nr. 24028 del 2010; Cass. nr. 19697 del 2009);
7. l’accoglimento del primo motivo assorbe il secondo ed il terzo motivo; questi ultimi riguardano, infatti, la valutazione, riservata al giudice di merito, della documentazione prodotta in sede di opposizione allo stato passivo e concernente i crediti per TFR e premio di produzione;
8. il quarto motivo è da accogliere nei limiti che seguono;
8.1. la pronuncia che ha individuato come soccombente, in relazione alla domanda di riconoscimento dell’«indennità per lavori nocivi», il lavoratore «per non aver fornito prova dei giorni e delle ore in cui sarebbe avvenuta la prestazione di tali lavori nocivi e pericolosi» ha violato la regola processuale di cui all’art. 2697 cod.civ.; invero, seguendo l’iter motivazionale del provvedimento impugnato, accertata, per non essere in contestazione, la qualifica di «operaio resinatore» del lavoratore e la natura «nociva e pericolosa» della relativa prestazione (cfr., pag. 7, 3° cpv., decreto impugnato), presupposto dell’indennità richiesta, avrebbe dovuto il Tribunale porre a carico della Curatela la deduzione – e quindi la prova -, quali fatti estintivi e/o modificativi della pretesa, degli orari e dei giorni in cui la prestazione fosse stata resa in assenza del fattore di rischio, dovendo, diversamente, presumere la «nocività» dell’attività per l’intera durata dell’orario di lavoro, in quanto corrispondente alla riconosciuta qualifica;
9. conclusivamente vanno accolti il primo ed il quarto motivo, nei sensi di cui in motivazione, assorbiti gli altri;
10. il provvedimento impugnato va cassato con rinvio al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto che, in diversa composizione, nel riesaminare la fattispecie concreta, farà applicazione dei principi fissati ai §§ 6.1. e 8.1. della presente ordinanza;
11. al giudice del rinvio è demandata, altresì, la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il quarto motivo, nei limiti di cui in motivazione; dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in merito alle spese del giudizio di legittimità.
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