CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 luglio 2019, n. 20071
Tributi – Art. 60, co. 2, n. 1), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 – Abrogazione a far data dal 9 giugno 2001 – Efficacia retroattiva – Esclusione – Applicazione ai rapporti sorti in precedenza – Sanzioni per omesso versamento ex art. 13, D.Lgs. n. 471 del 1997 – Applicabilità
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 -bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla I. n. 197/2016, osserva quanto segue:
1. In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di una cartella di pagamento recante l’iscrizione a ruolo delle imposte risultanti dalla sentenza n. 118/16/2009 emessa dalla medesima CTR, oltre interessi e sanzioni ex artt. 5 e 13 d.lgs. n. 471 del 1997, detratto l’importo precedentemente versato dalla società contribuente, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR ha accolto l’appello proposto da quest’ultima avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, sostenendo che la legge n. 193 del 2001, entrata in vigore il 9 giugno 2001, e quindi prima della notifica alla società contribuente dell’avviso di rettifica (oggetto del giudizio di cui alla citata sentenza della CTR), aveva abrogato i quattro commi successivi al primo dell’art. 60 d.P.R. n. 633 del 1972, che prevedeva il pagamento di un terzo dell’ammontare accertato dall’ufficio dopo la proposizione del ricorso avverso l’accertamento, con la conseguenza che era inapplicabile la sanzione di cui al citato art. 13.
2. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui replica con controricorso e memoria soltanto la società contribuente, restando intimata l’agente della riscossione.
2.1. Sulla proposta, avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., regolarmente costituito il contraddittorio, questa Corte nell’adunanza del 27/03/2019 ha deciso il ricorso. Successivamente, nelle more della pubblicazione dell’ordinanza pronunciata a detta adunanza, la società contribuente ha depositato una prima istanza di sospensione del giudizio dichiarando di aver aderito alla definizione agevolata della controversia ex art. 6 cit., provvedendo al deposito della copia della domanda avanzata all’Agenzia delle entrate, corredata dalla prova del pagamento di quanto dovuto ed ha chiesto la sospensione del giudizio. Il Collegio, riunitosi nella medesima composizione, nelle camere di consiglio del 12/06/2019 e del 26/06/2019 ha provveduto come da dispositivo.
3. Va preliminarmente rigettata la richiesta di sospensione del giudizio avanzata dalla società contribuente ai sensi dell’art. 6 del d.l. 119 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136 del 2018, in data 21/03/2019/6 con successiva istanza del 31/05/2019.
3.1. Il citato art. 6, rubricato “Definizione agevolata delle controversie tributarie”, al comma 1, prima parte, prevede che «Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia» ed il successivo comma 10 dispone che «Le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo. In tal caso il processo è sospeso fino al 10 giugno 2019».
3.2. E’, pertanto, evidente, in base al chiaro tenore letterale di tali disposizioni, che la sospensione opera soltanto con riferimento alle controversie che abbiano ad oggetto atti impositivi, restandone, quindi, esclusa la presente controversia che ha ad oggetto un cartella di pagamento recante l’iscrizione a ruolo di somme risultanti da una sentenza della Commissione tributaria regionale, in cui non si fa questione del merito della originaria pretesa fiscale.
3.3. Né i termini della questione risultano modificati dalla proposizione, – nelle more della pubblicazione dell’ordinanza pronunciata all’adunanza del 27/03/2019 – di una nuova istanza di sospensione del giudizio.
4. Sempre in via preliminare va esaminata l’eccezione di giudicato interno che la controricorrente sostiene essersi formato con riferimento all’imposta, agli interessi e alla sanzione ex art. 5 d.lgs. n. 471 del 1997, avendo la CTR annullato in toto la cartella di pagamento che recava l’iscrizione a ruolo anche di tali voci. L’eccezione è infondata e va rigettata atteso che la CTR nella sentenza impugnata dà atto che la società appellante lamentava «la sola violazione e falsa applicazione dell’art. 60, comma primo, del d.P.R. n. 633 del 1972» e che quello della «contestata sanzione di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997» era l’«unico oggetto della causa» e, conseguentemente, applicando il principio giurisprudenziale giusto il quale «L’interpretazione del giudicato, sia esso interno od esterno, va effettuata alla stregua non soltanto del dispositivo della sentenza, ma anche della sua motivazione» (Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 769 del 16/01/2014; Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19252 del 19/07/2018), la statuizione di annullamento della cartella non può che essere riferita alle sole sanzioni di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997. Ne consegue, piuttosto, che su tali imposte, interessi e sanzioni ex art.-5 d.lgs. n. 471 del 1997 si e formato il giudicato (interno) sfavorevole alla società contribuente che non ha impugnato, neanche incidentalmente, il predetto deliberato.
5. Ciò precisato, osserva il Collegio che il motivo di ricorso, con cui la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 13 d.lgs. n. 471 del 1997 e 60, comma 1, d.P.R. n. 633 del 1972, è fondato e va accolto alla stregua del principio giurisprudenziale secondo cui «In tema di IVA, l’omissione o il ritardo del pagamento dell’imposta in pendenza del giudizio risulta sanzionato dall’art. 13 del d.lgs 18 dicembre 1997 n. 471, fino al 9 giugno 2001, momento in cui i commi dal secondo al quinto dell’art. 60 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che rendevano possibile tale ipotesi di riscossione, sono stati abrogati dall’art. 37 del d.lgs 26 febbraio 1999, n. 46, come modificato dall’art. 2 del d. lgs n. 27 aprile 2001, n. 193. Tale ultima normativa, limitandosi a regolare in modo diverso le sole condizioni per la riscossione dell’imposta (richiedendo, in particolare, come nuovo presupposto l’iscrizione a ruolo), non ha modificato la disciplina sanzionatoria né tantomeno previsto un’ipotesi di “abolitio criminis” e non incide, quindi, sui, comportamenti commessi in precedenza» (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 9540 del 29/04/2011). In senso analogo si è espressa anche Cass., Sez. 5, Sentenza n. 25754 del 05/12/2014, secondo cui «In tema di illeciti tributari, connessi all’accertamento ed alla riscossione di un’imposta, può configurarsi un’”abolitjo criminis” solo quando la stessa venga radicalmente meno e non possa essere più pretesa neppure in riferimento alle annualità pregresse, mentre, qualora la legge istitutiva di un tributo venga abrogata a decorrere da una data, permanendo l’obbligo a carico del contribuente per il periodo anteriore, non sono abrogate le norme sanzionatorie che assistono tale obbligazione tributaria. Ne consegue che l’abrogazione dell’art. 60, secondo comma, n. 1, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, a far data dal 9 giugno 2001, non ha inciso retroattivamente sulla norma, che continua a regolare, “ratione temporis”, i rapporti sorti sotto la sua vigenza, né ha comportato alcuna modifica dell’art. 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, continuando ad essere sanzionate, pur dopo detta abrogazione, le condotte concernenti l’omissione ed il ritardo nei pagamenti delle imposte, secondo i termini e le scadenze previste dalle norme in vigore al “tempus commissi delicti”.
6. Pertanto, non essendosi la CTR attenuta ai suddetti principi, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, potendo la causa essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con il rigetto dell’originario ricorso della società contribuente che, essendo rimasta soccombente, va condannata al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, con compensazione di quelle dei gradi di merito in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale.
P.Q.M.
Rigetta l’istanza di sospensione avanzata dalla controricorrente, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della società contribuente che condanna al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito, compensando le spesi.: dei gradi di merito.
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