CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 maggio 2018, n. 12889
Tributi – Accertamento – Redditometro – Art. 38, co. 4 del DPR n. 600/1973 – Fattori indice della capacità contributiva – Presunzione legale relativa – Onere di prova contraria a carico del contribuente
Fatti e ragioni della decisione
P.D. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, contro l’Agenzia delle Entrate, impugnando la sentenza della CTR Friuli Venezia Giulia indicata in epigrafe che ha confermato la sentenza di primo grado con la quale era stato ritenuto legittimo l’accertamento sintetico emesso per gli anni 2007 e 2008.
La CTR evidenziava che il contribuente non aveva fornito prova idonea a superare la presunzione nascente dal comma 4 dell’art. 38 dPR n. 600/73, non potendosi applicare i criteri più favorevoli introdotti dall’art. 22, c. 1, d.l. n. 78/2010, non applicabile ratione temporis.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.
Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.
Con il primo motivo si prospetta il vizio di omessa pronunzia dello specifico motivo di appello relativo al vizio di motivazione dell’atto, dedotto in relazione al mancato esame dei documenti che il contribuente aveva inviato in esito alla risposta al questionario indirizzatogli dall’ufficio e che lo stesso avrebbe omesso di considerare, ritenendo che non era stato inoltrato alcunchè dal contribuente. Il ricorrente lamenta, altresì, la mancata considerazione della violazione del principio del contraddittorio che la CTR non avrebbe considerato.
Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 38 dPR n. 600/73, 2727, 2729 e 2697 c.c. La CTR non avrebbe considerato che la presunzione nascente dalla disciplina in tema di redditometro era semplice e non legale, come erroneamente ritenuto. Lamenta ancora l’erronea affermazione in ordine all’impossibilità di applicare i coefficienti introdotti dall’art. 22 d.l. n. 78/2010.
Il ricorrente prospetta, infine, con l’ultimo motivo di ricorso, la nullità della sentenza impugnata. La CTR, nel decidere l’impugnazione della sentenza di primo grado – che, in realtà, aveva accolto parzialmente il ricorso del contribuente malgrado la statuizione di rigetto utilizzata in dispositivo, avendo la CTP poi ridotto la pretesa fiscale in relazione a quanto proposto dall’Agenzia in sede di accertamento con adesione – ed inoltre non avrebbe “…integrato le carenze argomentative della sentenza…”, tralasciando di esaminare taluni elementi capaci di porre nel nulla l’avviso di accertamento.
Il terzo motivo di ricorso, che deve essere esaminato con priorità per ragioni di ordine logico, è infondato.
La sentenza impugnata non presenta, anzitutto, alcun profilo di contraddittorietà, avendo ridotto la pretesa fiscale azionata dall’ufficio, rivolgendo peraltro inammissibilmente tale censura verso la sentenza di primo grado.
Per altro verso, la medesima censura prospetta vizi della sentenza di appello in relazione a questioni non esaminate dal primo giudice e che non sono collegate a specifici motivi di doglianza espressi in appello.
Detto motivo, inoltre, indica come ipotesi di nullità della sentenza questioni che esulano dal difetto dei requisiti minimi per la validità della stessa – avendo la CTR comunque esposto le ragioni che l’hanno indotta a ritenere sfornito di prova il dedotto possesso di disponibilità finanziarie idonee a giustificarle ipotizzando, in realtà, veri e propri vizi di violazione di legge o di omesso esame di fatti rilevanti per il giudizio, tuttavia non prospettati nei rispettivi paradigmi tassativamente fissato dai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c. 1 c.p.c.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di autosufficienza. La parte ricorrente non ha riportato nel ricorso le parti dell’atto di appello nelle quali sarebbe stato dedotto quanto esposto nella censura, né l’atto di appello è stato allegato al ricorso, nemmeno infine risultando che la questione del mancato esame della documentazione da parte dell’ufficio risulta dalla sentenza impugnata.
Il secondo motivo è infondato.
Questa Corte ha più volte sottolineato che la disciplina del cd. redditometro introduce una presunzione legale relativa, (cfr. Cass. nn. 17487/2016; 9549/2011; 4646/2011; 22936 e 22937 /2007; 16284/2007) che dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori indice della capacità contributiva, giacché codesti restano individuati nei decreti (Cass. nn. 7284/2017; 21142/2016; 16912/2016; 9539/2013).
Inoltre, questa Corte ha chiarito i confini della prova contraria a carico del contribuente, sottolineando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta “la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere” (cfr. Cass. nn. 12207/2017; 1332/16; 22944/15; 14885/2015; 6396/2015; 25104/2014).
A tali principi si è attenuto il giudice di appello, non incorrendo nel prospettato vizio di legittimità.
Il ricorso va quindi rigettato.
Le spese seguono la soccombenza, dando atto, ai sensi dell’art. 13 c.1 quater dPR n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dell’art. 13 comma 1 quater d.PR n. 115/2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore dell’Agenzia dell’entrate in euro 4.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13 c.1 quater dPR n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dell’art. 13 comma 1 quater d.PR n. 115/2002.
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