CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 maggio 2018, n. 12900
Tributi – Accertamento – Utili extracontabili – Società a ristretta base sociale – Accertamento di redditi di partecipazione nei confronti del socio – Annullamento dell’accertamento societario con sentenza non passata in giudicato – Pregiudiziale per l’accertamento al socio – Annullamento – Facoltà del giudice
Fatti e ragioni della decisione
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, contro M.V.S., impugnando la sentenza della CTR Emilia Romagna indicata in epigrafe con la quale è stato annullato l’accertamento emesso nei confronti del contribuente per la ripresa a tassazione di redditi di partecipazione del contribuente a società a ristretta base sociale per l’anno 2005.
La parte intimata ha depositato controricorso.
Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.
L’Agenzia delle Entrate prospetta la violazione dell’art. 295 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., dolendosi del fatto che il giudice di merito abbia omesso di sospendere il giudizio malgrado la natura pregiudiziale del procedimento relativo alla società, considerando le statuizioni di annullamento dell’accertamento nei confronti del sodalizio rese dal giudice di appello definitive, senza invece avvedersi che la pronunzia della CTR resa nei confronti della società il P. n. 2309/5/15 della CTR Emilia Romagna non era ancora definitiva per non essere passata in giudicato. Circostanza che l’avrebbe dovuta indurre a sospendere il giudizio.
Il motivo di ricorso, ammissibile in rito individuando con precisione la doglianza in relazione a due specifiche disposizioni contenute nel codice civile e nel codice di procedura civile, è infondato.
In effetti, questa Corte, decidendo fattispecie omologhe alla presente, nelle quali il giudice di merito aveva annullato l’avviso di accertamento emesso nei confronti di socio di società di capitali a ristretta base partecipativa in relazione a precedente annullamento dell’avviso emesso a carico della società prodromico con sentenza non passata in giudicato, aveva ritenuto, con orientamento consolidato, che l’accertamento tributario nei confronti di una società di capitali a base ristretta, nella specie riferito ad utili extracontabili, costituisce un indispensabile antecedente logico-giuridico dell’accertamento nei confronti dei soci, in virtù dell’unico atto amministrativo da cui entrambe le rettifiche promanano, con la conseguenza che, non ricorrendo, com’è per le società di persone, un’ipotesi di litisconsorzio necessario, in ordine ai rapporti tra i rispettivi processi, quello relativo al maggior reddito accertato in capo al socio deve essere sospeso ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., applicabile nel giudizio tributario in forza del generale richiamo dell’art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992″-cfr.,ex plurimis, Cass. n. 2214/2011, Cass. n. 16913/2016. Tale orientamento non può tuttavia riproporsi in relazione alla nuova versione dell’art. 49 d.lgs. n. 546/1992 come modificato a far data dall’10 gennaio 2016 in forza del d.lgs. 156/2015. Secondo tale disposizione la sospensione del processo di cui all’art. 295, cod. proc. civ. non è applicabile allorché la causa tributaria ipotizzata quale pregiudicante pende in grado di appello, potendo in tal caso trovare applicazione solo l’art. 337, secondo comma, cod. proc. civ., secondo il quale il giudice ha facoltà di sospendere il processo ove una delle parti invochi l’autorità di una sentenza a sé favorevole, ma non ancora definitiva, così limitando la clausola di esclusione dell’art. 49, d.lgs. 546/1992 al solo primo comma dell’art. 337, cod. proc. civ. – cfr. Cass. n. 23480/2017.
In definitiva, fatti salvi soltanto i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica ed in modo che debba attendersi che sulla causa pregiudicante sia pronunciata sentenza passata in giudicato, quando fra due giudizi esiste rapporto di pregiudizialità e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell’art. 337 cod. proc. civ.» (Cass. n. 21505/2013).
Fatte le precisazioni anzidette ne consegue l’erroneità della censura relativa alla pronunzia della CTR pubblicata il 9 maggio 2016, muovendo l’Agenzia dall’idea dell’obbligatorietà della sospensione per pregiudizialità in ragione della pendenza del procedimento pregiudicante che, per converso, è stato obliterato per effetto della modifica normativa sopra ricordata. Sulla base delle superiori considerazioni il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del controricorrente in euro 7.000,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 20 %, oltre accessori.
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