CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 maggio 2018, n. 12990
Indennità di disoccupazione ordinaria – Termine di presentazione – Compiuta decadenza – Ritardo dipeso dal rilascio del PIN – Ipotesi di forza maggiore – Non sussistente
Rilevato che
la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado con cui è stata rigettata, per tardività, la domanda proposta da G.G., volta al riconoscimento del suo diritto all’indennità di disoccupazione ordinaria;
per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso G.G., affidato ad un motivo;
l’Inps ha resistito con controricorso;
è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
la difesa del ricorrente ha depositato memoria in data 14 febbraio 2018, ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c., insistendo per l’accoglimento del ricorso;
Considerato che
il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
G.G. – denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost., nonché dei principi generali in materia di imputabilità del ritardo e delle sue conseguenze – si duole che la Corte di Appello, statuendo sulla compiuta decadenza (in data 7.7.2011), non abbia ritenuto giustificato il ritardo, nella proposizione della domanda presentata in via telematica, dipeso dall’invio, solo il 12.7.2011, da parte dell’Inps, del “pin” richiesto il 3.7.2011.
Ritenuto che
la censura è inammissibile, giacché stabilire se la decadenza sia imputabile, o meno, ad un ritardo nell’invio del “pin” da parte dell’Istituto, è oggetto di un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità, avuto anche riguardo alla logica argomentazione, contenuta nella sentenza impugnata, imperniata sulla constatazione che il richiedente – chiesto il “pin” solo il 23 giugno 2011 e ricevuta l’assegnazione completa del codice il giorno successivo, nonché chiesto solo in data 3 luglio il “pin” dispositivo (per il rilascio del quale non è previsto alcun termine) necessario per inoltrare la richiesta – ben avrebbe potuto, visto l’approssimarsi del termine ultimo per la proposizione della domanda, utilizzare gli altri sistemi previsti per l’esecuzione della pratica (presso gli uffici Inps ovvero presso la sede di un Caf) o chiedere il “pin” dispositivo direttamente allo sportello Inps;
una volta esclusa, nel caso, un’ipotesi di “forza maggiore”, la sentenza impugnata è in linea con quanto statuito, in ipotesi analoga a quella in esame, da Cass. n. 17404/2016, ove è affermato che <<In materia di indennità di disoccupazione, il decorso dei sessanta giorni per la presentazione della domanda di ammissione al beneficio, previsti dall’art. 129, comma 5, del r.d.l. n. 1827 del 1935, determina la decadenza dal diritto, trattandosi di termine stabilito nell’interesse alla certezza di una determinata situazione giuridica, la cui proroga, sospensione o interruzione è ammessa solo in casi eccezionali, tassativamente previsti dalla legge, sicché è irrilevante il mancato esercizio dovuto ad una situazione di mera difficoltà, non riconducibile al concetto normativo di “forza maggiore”>>;
le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in € 1.000,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.
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