CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 marzo 2020, n. 7488

Tributi – IVA – Detrazione – Costi propedeutici all’attività imprenditoriale programmata – Inerenza – Assenza di operazioni attive – Mancata realizzazione dell’attività – Rimborso del credito per cessata attività – Legittimità – Valutazione dei motivi della cessazione attività

Fatti e ragioni della decisione

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, contro la società A.L. srl e P.N.E., impugnando la sentenza resa dalla CTR Puglia indicata in epigrafe, con la quale era stata confermata la decisione di primo grado che aveva annullato il diniego di rimborso IVA richiesto ai sensi dell’art. 30 c. 2 dPR n. 633/1972 in esito alla cessazione della propria attività. Secondo il giudice di appello non poteva negarsi il diritto alla detrazione dell’IVA relativa alle attività produttiva progettata (cementificio) sostenendo spese rilevanti per progettazione, studi di fattibilità, valutazione impatto ambientale inerenti all’esercizio dell’impresa programmata.

Il P., anche quale socio liquidatore della cessata società A., si è costituito con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso, inoltre depositando memoria.

Con l’unico motivo proposto la ricorrente deduce la violazione degli artt. 19 e 30 c. 2 dPR n. 633/1972. La CTR non avrebbe valutato né l’inerenza delle attività né le ragioni che avevano indotto la società a non realizzare il cementificio, con ciò violando il quadro normativo anzidetto.

Premesso che non vi è ragione di dubitare dell’ammissibilità del ricorso, avendo l’Agenzia posto in discussione i temi esaminati nel giudizio di merito (detraibilità dell’IVA sui costi da parte di società che non aveva realizzato alcuna operazione attiva e poi cessata), non può revocarsi in dubbio che la CTR ha, per l’un verso, dato atto della strumentalità dei costi sostenuti dalla società rispetto all’attività economica programmata (realizzazione di un cementificio) rilevando sulla base della documentazione prodotta che detti oneri avevano riguardato attività propedeutiche all’attività imprenditoriale già costituenti esercizio di attività d’impresa. Così facendo il giudice di merito si è pienamente uniformato alla giurisprudenza di questa Corte-cfr. Cass. n. 25777/2014.

È tuttavia mancato da parte del giudice di appello l’esame delle ragioni che hanno determinato la mancata realizzazione del cementificio, al fine di escludere che l’attività complessivamente realizzata dalla società fosse da considerarsi come abusivamente rivolta ad ottenere indebiti vantaggi fiscali attraverso operazioni elusive o abusive.

Tale verifica, invero, deve ritenersi doverosa da parte del giudice allorché si discute del diritto alla detrazione IVA, di matrice armonizzata e dunque soggetto alla disciplina prevista in ambito eurounitario, ove la Corte di giustizia ha più volte avuto modo di riconoscere il principio di neutralità dell’IVA e quello della detrazione purché non vi sia, a monte, una preordinata volontà di abusare della disciplina in tema di detrazione -Cass. n. 1950/2007 -.

Sul punto, la Corte di giustizia ha anche di recente ribadito che anche la lotta contro la frode, l’evasione fiscale ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva IVA (Corte giust., 31 gennaio 2013, Stroy trans, C-642/11, EU:C:2013:54, punto 46, Corte giust., 8 novembre 2018, C-495/17,Cantras) ove si è aggiunto che “il principio di neutralità fiscale non può essere invocato, ai fini dell’esenzione dall’IVA, da un soggetto passivo che abbia partecipato intenzionalmente a una frode fiscale mettendo a repentaglio il funzionamento del sistema comune dell’IVA (sentenza del 9 febbraio 2017, Euro Tyre, C-21/16, EU:C:2017:106, punto 39 e giurisprudenza ivi citata). Secondo la giurisprudenza della Corte europea, non è contrario al diritto dell’Unione esigere che un operatore agisca in buona fede e adotti tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare a una frode fiscale. Nell’ipotesi in cui il soggetto passivo di cui trattasi sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione da esso effettuata rientrava in una frode posta in essere dall’acquirente e non avesse adottato tutte le misure ragionevoli a sua disposizione per evitare la frode medesima, dovrebbe essergli negato il beneficio dell’esenzione”).

Orbene, rispetto a tale ultimo accertamento la sentenza della CTR risulta palesemente carente -con ciò non potendosi esaminare gli elementi addotti dalla controricorrente in memoria, essendo tale esame demandato al giudice del rinvio-. Il giudice di appello ha infatti omesso di indagare sugli elementi documentali che avrebbero reso impossibile la realizzazione del cementificio per il quale la società aveva intrapreso le attività preparatorie.

Sulla base e nei limiti di quanto esposto in motivazione, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Puglia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie per quanto di ragione il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Puglia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.