CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 marzo 2021, n. 8333
Tributi – IRPEF – Accertamento – Plusvalenza derivante da cessione di terreno edificabile – Maggior corrispettivo – Presunzione – Valore accertato definitivamente ai fini dell’imposta di registro – Illegittimità
Rilevato che
– con sentenza n. 222/66/2013, depositata in data 18 novembre 2013, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti di W.V. avverso la sentenza n. 76/07/09 della Commissione tributaria provinciale di Brescia che aveva accolto il ricorso proposto dal suddetto contribuente avverso l’avviso di accertamento n. R0J010200528/2008 con il quale l’Ufficio aveva contestato nei confronti di quest’ultimo, per l’anno di imposta 2001, un maggiore reddito imponibile, ai fini Irpef, add. com.,reg., oltre sanzioni, in relazione ad una assunta plusvalenza non dichiarata derivante dalla cessione di un terreno edificabile;
– in punto di diritto, la CTR ha osservato che: 1) ai fini del calcolo della plusvalenza derivante dalla cessione, nel 2001, di un terreno edificabile da parte del contribuente, quest’ultimo, benché invitato con apposito questionario, non aveva ottemperato all’onere di fornire la documentazione inerente il prezzo di acquisto del terreno e le spese inerenti, essendosi limitato a presentare all’Ufficio soltanto la dichiarazione Modello Unico 2002 e i Modelli F24 relativi ai versamenti delle imposte per l’integrazione e definizione degli anni pregressi; 2) l’Amministrazione aveva legittimamente determinato induttivamente l’ammontare dei corrispettivi; 3) l’Ufficio aveva accertato, ai fini Irpef, nella fattispecie, una plusvalenza da cessione di terreno edifica bile pari a euro 243.767,65, ai sensi dell’art. 67 del TUIR, avendo ritenuto vincolante – in ossequio alla giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza n. 473/1995) e della Corte di cassazione (Cass. n. 20865/2007) – anche ai fini Irpef, il valore del terreno de quo accertato ai fini dell’imposta di registro come confermato dalla sentenza n. 39/02/05 emessa dalla CTP, sez. 2, sul ricorso proposto dal contribuente e dalla acquirente S.I.T. s.r.l. avverso l’avviso di rettifica e liquidazione ai fini dell’imposta di registro;
– avverso la suddetta sentenza, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui ha resistito, con controricorso, l’Agenzia;
– il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.;
– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380-bis. 1 cod. proc. civ., introdotti dall’art. 1 – bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.
Considerato che
– Con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 2909 c.c. in combinato con l’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR, nell’accogliere l’appello dell’Agenzia, violato il principio del giudicato interno, non avendo l’Ufficio – limitandosi ad affermare il principio per cui il valore del terreno edificabile ai fini dell’imposta di registro fosse vincolante anche ai fini Irpef – impugnato specificamente la statuizione del giudice di primo grado in merito alle limitazioni oggettive e soggettive del terreno ceduto che avevano giustificato il prezzo di vendita (inferiore ad un teorico valore di stima) e in merito alla mancata indicazione da parte dell’Agenzia del criterio di determinazione dell’accertato valore del terreno in euro 243.767,66;
– il motivo è infondato;
– dall’analisi della sentenza di primo grado e dell’atto di appello – allegati al ricorso in ossequio al principio di autosufficienza – si evince che l’Agenzia delle entrate, nel prospettare, ai fini del calcolo della plusvalenza, l’impossibilità di conoscere il prezzo di acquisto del terreno compravenduto e le spese inerenti, e la conseguente determinazione induttiva dell’ammontare dei corrispettivi, con asserita vincolatività del valore del terreno edificabile accertato ai fini dell’imposta di registro anche ai fini Irpef, ha contestato anche la statuizione del giudice di primo grado in merito alla sussistenza di peculiari condizioni soggettive e oggettive che potessero incidere sul prezzo di vendita del terreno (riducendolo rispetto ad un teorico valore di stima), trattandosi di una affermazione inconciliabile con il costrutto difensivo dell’Ufficio; invero, per giurisprudenza di questa Corte “Nel giudizio di appello, il requisito della specificità dei motivi non deve investire tutte le argomentazioni a sostegno della decisione, potendo la correlazione con la motivazione della sentenza impugnata desumersi dalla contrapposizione e complessiva inconciliabilità con le argomentazioni logiche e giuridiche della sentenza, di modo che, argomentate le doglianze in modo incompatibile con la complessiva motivazione della sentenza, l’esame dei singoli passaggi si riveli inutile” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9793 del 10/05/2005; Sez. 1, Sentenza n. 2877 del 09/02/2007);
– con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 115 c.p.c., 24 e 111 Cost., per avere la CTR – nel ritenere “vincolante”, per determinare il corrispettivo percepito, un elemento di fatto (valore dei terreno) cristallizzatosi in altro giudizio, ai fini di una imposta diversa (registro invece che Irpef) per la quale l’obbligato principale era un soggetto diverso dal contribuente (società acquirente I.T. s.r.l.) – omesso di considerare totalmente le difese del contribuente, violando il diritto di difesa e al contraddittorio e la loro specifica trasposizione processuale nell’art. 115 c.p.c.;
– con il terzo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., 1) la violazione e falsa applicazione degli artt. 81 e 82 (ora 67 e 68) del TUIR, 2727-2729-2697 c.c. e 115 c.p.c.; 2) la violazione e falsa applicazione degli artt. 2729, comma 2, c.c. in combinato con l’art. 7, comma 4, del d.lgs. n. 546/92, 2697 c.c.; 3) la violazione e falsa applicazione degli artt. 82 (ora 68) del TUIR, 6, comma 4, della legge n. 212/2000, 18 della legge n. 241 del 1990, 53 e 97 Cost., 2697 c.c. e 115 c.p.c., per avere la CTR – nel ritenere legittima la determinazione della plusvalenza da cessione del terreno edificabile in euro 243, 767, 65, pari al valore del terreno accertato in via definitiva in altro giudizio ai fini dell’imposta di registro e vincolante anche ai fini Irpef – erroneamente elevato a presunzione ex lege del corrispettivo percepito il valore del terreno oggetto di compravendita accertato, ai fini dell’imposta di registro in altro contenzioso, e per avere fatto coincidere la detta ricavata plusvalenza con il predetto valore del terreno, in contrasto con l’art. 82 TUIR, vigente ratione temporis, secondo cui le plusvalenze di cui alle lett. a) e b) dell’art. 81 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti e il prezzo di acquisto aumentato di ogni altro costo inerente il bene medesimo;
– con il quarto motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso per il giudizio, per avere la CTR omesso di considerare, nella determinazione del valore del bene ceduto, le limitazioni da cui era gravato terreno in questione per i molteplici vincoli legali e materiali che ne compromettevano lo sfruttamento con inevitabile riflesso in termini economici, tanto più che la condizione di pregiudizio del mapp.1277 era stata accertata da una perizia commissionata dall’Ente pubblico iniziale venditore;
– con il quinto motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 32 del d.P.R. n. 600/73 e 5, comma 4, della legge n. 212 del 2000, per avere la CTR – nel considerare legittimo l’operato dell’Ufficio – dato rilievo alla incompleta risposta da parte del contribuente all’invito, con apposito questionario, di esibire la documentazione necessaria alla valutazione della propria posizione fiscale, ancorché si trattasse di documenti già in possesso dell’Amministrazione (ad es. l’atto di cessione del terreno registrato in data 9.8.2001 al n. 11049 serie 2N Ufficio di Brescia 1 e il titolo di acquisto del terreno, atto per notaio Trapani, richiamato nell’atto di vendita) e, pertanto, utilizzabili in giudizio;
– il terzo motivo è fondato per le ragioni di seguito indicate;
– nella specie, il giudice a quo, accogliendo l’appello dell’Agenzia, ha fatto applicazione dell’orientamento di questa Corte secondo il quale l’Amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale, realizzata a seguito di cessione immobiliare, sulla base del valore accertato definitivamente ai fini dell’imposta di registro, che si traduce nella presunzione di corrispondenza del prezzo incassato dalla cessione con il valore di mercato del bene ceduto, accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro, salvo prova contraria del contribuente, di fatto, nella specie, ritenuta non assolta;
– al riguardo, sebbene questa Corte abbia costantemente affermato come nella fase di accertamento di una plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, l’Amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via presuntiva sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro, restando a carico del contribuente l’onere di superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato col valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro, dimostrando di aver in concreto venduto ad un prezzo inferiore (così Cass. n. 4057/2007, poi ribadita in Cass. n. 21020/2009, Cass. n. 18705/2010), non di meno, successivamente è intervenuta una norma di interpretazione autentica, costituente ius superveniens, qual è l’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015 secondo cui: «Gli articoli 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e gli articoli 5, 5 bis, 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347»;
– ritenuto che tale disposizione abbia valore di interpretazione autentica della disciplina previgente da essa richiamata, e quindi sia munita di efficacia retroattiva, questa Corte ha mutato l’orientamento appena esposto, escludendo che, ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito – come nella specie – ai fini di altra imposta commisurata al valore del bene, posto che la base imponibile ai fini IRPEF è data non già dal valore del bene, ma dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo.
Il riferimento contenuto nella detta norma all’imposta di registro ed alle imposte ipotecarie e catastali svolge una funzione esemplificativa, volta esclusivamente a rimarcare la ratio della norma incentrata sulla non assimilabilità della differente base impositiva (valore) rispetto a quella prevista per l’IRPEF (corrispettivo)”(Cass. n. 19227 del 2017, n. 12265 del 2017; Cass. n. 27614/2018; Cass. n. 23719/2008, Cass. 6169/2018; Cass. n. 16181/2020; n. 17343/2020); pertanto, l’automatica trasposizione del valore dato al cespite ai fini dell’imposta di registro in sede di accertamento della plusvalenza perla tassazione IRPEF, non trova più ingresso in sede di valutazione della prova, nel senso che non è possibile ricondurre a quel solo dato il fondamento dell’accertamento, dovendo invece provvedere l’Ufficio a individuare ulteriori indizi, dotati di precisione, gravità e concordanza, che supportino adeguatamente il diverso valore della cessione rispetto a quanto dichiarato dal contribuente (così, da ultimo, in motivazione, Cass. 30/01/2019, n. 2610; Cass. 04/04/2019, n. 9453); allegate pertanto dall’Ufficio le prove, anche presuntive, del maggior valore del cespite ceduto, rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, graverà su quest’ultimo l’onere di fornire la prova contraria contraddire alle risultanze probatorie che siano state offerte dall’Agenzia;
– nella specie, la sentenza impugnata non ha fatto applicazione dei suddetti principi nel ritenere legittimo l’operato dell’Ufficio che ha determinato, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile solo sulla base del valore del bene accertato ai fini di altra imposta;
– conclusivamente, va accolto il terzo motivo, rigettato il primo, assorbiti gli altri motivi; con cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice a quo, che dovrà valutare gli elementi fattuali della controversia alla luce della predetta norma d’interpretazione autentica e dell’esposto orientamento giurisprudenziale che ne ha fatto applicazione;
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo, rigetta il primo, assorbiti i restanti; cassa la decisione impugnata e, rinvia – in relazione al motivo accolto – anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria della Lombardia, in diversa composizione;
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