CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 marzo 2022, n. 9561
Tributi – IRAP – Medico convenzionato SSN – Impiego di strumenti meramente “ancillari” – Associazione temporanea con altri professionisti – Esclusione autonoma organizzazione – Diritto al rimborso
Fatto e diritto
Considerato che:
La CTR di Bolzano con sentenza nr 108/2019 rigettava l’appello proposto dall’Ufficio avverso la pronuncia della CTP di Bolzano che aveva accolto il ricorso di A. F. relativo all’impugnativa del diniego di rimborso per l’IRAP nel periodo 2012/2015.
Il Giudice di appello rilevava che il contribuente aveva dimostrato che i propri strumenti lavorativi erano meramente “ancillari” e, come tali non potevano essere considerati autonoma organizzazione.
In particolare osservava che i collaboratori non erano tali bensì professionisti che operavano alla pari con l’appellato e con i quali condivideva il compenso conseguito dall’associazione temporanea costituita, mentre i rimanenti beni corrispondevano alla strumentazione base di qualsiasi professionista intellettuale.
Riteneva pertanto raggiunta la prova dell’assenza di una autonoma organizzazione evidenziando che da parte dell’Ufficio vi fossero mere deduzioni” prive di appiglio concreto”.
Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo cui resiste il contribuente con controricorso Con l’unico motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del dlgs nr 446/1997 nonché degli art 115 e 116 c.p.c. nonché dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art 360 primo comma nr 3 c.p.c. per non avere la CTR applicato in modo corretto le regole generali in tema di riparto probatorio.
Si sostiene che il giudice di appello avrebbe dovuto esaminando la dichiarazione dei redditi ritenere provata la sussistenza di una autonoma organizzazione soggetta ad imposta Irap.
Il motivo è infondato.
La disamina del motivo postula l’indagine sui presupposti impositivi dell’IRAP, come compiutamente delineati dal dato positivo e dall’interpretazione offerta dalla giurisprudenza, costituzionale e di legittimità, con specifico riguardo all’attività del medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale.
Il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 stabilisce che il presupposto dell’IRAP, già definita dal medesimo D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 1 come un’imposta a carattere reale, è costituito dall’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.
Nell’esegesi della disposizione, la Corte costituzionale (sentenza n. 156 del 21/05/2001), ribadito che l’IRAP non è un’imposta sul reddito, bensì un’imposta di carattere reale che colpisce il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate, ha rilevato che l’elemento organizzativo, intrinsecamente connaturato alla nozione stessa di impresa, non assume la stessa valenza nell’attività di lavoro autonomo, ancorché svolta con carattere di abitualità, nel senso che è possibile ipotizzare un’attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui, con la conseguente inapplicabilità dell’imposta, per difetto del presupposto necessario – l’autonoma organizzazione – il cui accertamento, in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto, rimessa pertanto al giudice di merito.
Con l’intento di dissipare divergenti letture ermeneutiche, il giudice della nomofilachia (Cass., Sez. U., 10/05/2016, n. 9451, in linea di continuità con Cass., Sez. U., 12/5/2009, n. 12108, ma precisando ulteriormente i requisiti dell’impiego del lavoro altrui) ha così delineato i parametri di valutazione della quaestio facti: “con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive“.
Tanto premesso, nel caso di specie, la sentenza impugnata ha escluso, senza alterare le regole generali in tema di riparto probatorio, la ricorrenza dei presupposti della fattispecie impositiva, poggiando il convincimento sul fatto che gli strumenti di lavoro fossero meramente “ancillari “e sull’assenza di collaboratori ritenendo che vi fossero all’interno dello Studio meri professionisti e che i rimanenti beni corrispondevano ad una dotazione minima per un qualsiasi professionista intellettuale non eccedenti i limiti strettamente necessari all’esercizio dell’attività.
La descritta motivazione è conforme agli individuati principi regolatori della materia: essa realizza la verifica richiesta al giudice di merito sulla “continenza” delle dotazioni dei mezzi strumentali a disposizione del professionista (Cass. 27/06/2019, n. 17245) attraverso un accertamento in fatto che è insindacabile in sede di legittimità, siccome non affetto da aporie argomentative o da vizi motivazionali (invero nemmeno adombrati dalla ricorrente).
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano secondo i criteri normativi vigenti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna l’Amministrazione finanziaria ala pagamento delle spese di legittimità che si liquidano in complessivi € 2.300,00 oltre accessori di legge ed al 15% per spese generali.
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