CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 ottobre 2018, n. 27002
Lavoro – Irregolare occupazione della lavoratrice domestica – Sanzioni – Applicazione – Momento di consumazione dell’illecito – Principio di legalità
Rilevato che
con sentenza n. 253 del 2013, la Corte d’appello di Cagliari Sez. distaccata di Sassari ha rigettato l’impugnazione proposta da S.Z. avverso la sentenza di primo grado che, giudicando sull’opposizione proposta dalla stessa parte ex art. 22 della legge n. 689 del 1981 avverso l’ordinanza ingiunzione n. 126 del 1.4.2009 (emessa dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e relativa alla violazione dell’art. 3, comma 3 della legge n. 73 del 2002, come modificata dalla legge n. 248 del 2006) aveva rigettato l’opposizione fondata sulla illegittimità dell’irrogazione della sanzione prevista dalla legge n. 248 del 2006 (entrata in vigore il 12 agosto 2006) a fatti verificatisi anteriormente, con ciò affermandosi la violazione del disposto dell’art. 1 della legge n. 689 del 1981;
la Corte territoriale, ritenuto che la questione devoluta fosse riferita alla disciplina intertemporale della nuova sanzione introdotta con l’entrata in vigore dell’art. 36 bis del d.l. n. 233 del 2006 (ndr art. 36 bis del d.l. n. 223 del 2006), vigente a decorrere dal 12 agosto 2006, con riferimento all’apparato sanzionatorio applicabile alle fattispecie realizzatesi prima di tale data, ha ritenuto che dovesse anche in questo caso, applicarsi la nuova disciplina sanzionatoria in ragione della natura di illecito permanente della condotta vietata consistente nell’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria (art. 3, comma 3, I. n. 73 del 2002); nel caso di specie, dunque, ove era stata contestata la condotta di irregolare occupazione della lavoratrice domestica M.D.A., per il periodo 15 settembre 2004-15 settembre 2006, correttamente era stata applicata la nuova disciplina all’intero periodo di occupazione irregolare;
avverso tale sentenza ricorre per cassazione S.Z. con unico motivo di ricorso, illustrato da memoria, con il quale lamenta la violazione dell’art. 3, comma 3, della legge n. 73 del 2002 come modificato dall’art. 36 bis, comma 7, lett. A) I. n. 248 del 2006 in quanto era stata applicata retroattivamente una sanzione introdotta successivamente al momento in cui la condotta sanzionata era stata posta in essere;
il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha resistito con controricorso;
Considerato che
il motivo è fondato;
la questione posta determina la necessità di individuare, attraverso l’esame della concreta fattispecie di illecito amministrativo contestato, il momento di consumazione dell’illecito stesso in quanto vige in materia il principio di legalità espresso dall’art. 1 della legge n. 689 del 1981, secondo cui <<Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione. Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati>>; in particolare, il principio di legalità, come ritenuto dalla consolidata tradizione giuridica comune al diritto sanzionatorio, si collega a livello costituzionale alla riserva di legge posta dall’art. 23 cost. che, in ordine alle sanzioni pecuniarie ed alle altre misure direttamente incisive del patrimonio individuale, in qualità di «prestazioni patrimoniali», viene considerata soltanto relativa, richiedendosi solo che il legislatore fissi con sufficiente determinatezza i principi e i criteri per l’esercizio del potere regolamentare da parte dett’autorità amministrativa cui è rimessa la definizione della previsione sanzionatoria;
I’ obbligo costituzionale di determinatezza della fattispecie sanzionatoria e di determinatezza della sanzione è funzionale alla realizzazione della ratio di certezza connaturata al principio di riserva di legge in tema di sanzioni ed impone che la disamina della fattispecie tipica vada effettuata in stretta adesione agli elementi strutturali positivamente presenti nella specifica normativa e ciò anche al fine di individuare il tempo di commissione dell’illecito stesso;
la giurisprudenza di questa Corte di cassazione (Cass. n. 7485 del 2018; n. 1105 del 2012; n. 18761 del 2005; n. 17099 del 2010), in materia di illecito amministrativo, ha avuto modo di precisare che il principio di legalità ed irretroattività di cui all’art. 1 della legge n. 689 del 1981 comportano l’assoggettamento del fatto alla legge del tempo del suo verificarsi e rendono inapplicabile la disciplina posteriore eventualmente più favorevole; la fattispecie oggetto di causa relativa alla condotta contestata alla Z. dal 15 settembre 2004 al 15 settembre 2006 è, ratione temporis, regolata dall’art. 3 del d.l. 22 febbraio 2002 n. 12, conv. con modificazioni nella legge n. 73 del 2002 e vigente sino al 12 agosto 2006, secondo cui <<Ferma restando l’applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria è altresì punito con la sanzione amministrativa dal 200 al 400 per cento dell’importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali, per il periodo compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione…>>;
a tale ultima previsione, dal 12 agosto 2006 al 24 agosto 2007 (essendo per quanto ora di interesse ininfluente la successiva evoluzione normativa introdotta dalla legge n. 123 del 2007, art. 5), per effetto della legge n. 248 del 2006, articolo 36 bis, comma 7 lett. a), si è sostituita la seguente diversa disciplina sanzionatoria <da euro 1500 ad euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo>;
l’esame della fattispecie consente di stabilire che oggetto della modifica legislativa è il solo il meccanismo sanzionatolo, mentre la fattispecie incriminatrice è rimasta inalterata restando circoscritta alla ipotesi di impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;
la condotta, dunque, si riferisce a violazioni descritte con generico riferimento alla assenza di riscontro documentale relativo alla sussistenza del rapporto di lavoro; occorre, dunque, necessariamente, fare rinvio ad ulteriori disposizioni che, imponendo l’obbligo di denunciare alle competenti autorità la costituzione del rapporto di lavoro, fungono da presupposto logico e giuridico rispetto alla essenza dell’illecito riconducibile al lavoro irregolare in quanto non formalizzato, posto che è attraverso l’obbligo di denuncia dell’esistenza del rapporto di lavoro (imposto al datore di lavoro e rivolto all’INPS ed agli enti preposti al settore), si garantisce l’interesse della pubblica amministrazione a vigilare sulla regolarità dell’occupazione ed è solo attraverso l’integrazione del precetto sanzionatorio con tali ulteriori disposizioni che si realizza la tipicità dell’illecito amministrativo in esame; occorre dunque riferirsi, nella costruzione della fattispecie sanzionatoria, agli obblighi di comunicazione e di denuncia alle competenti autorità della avvenuta costituzione del rapporto di lavoro domestico, obblighi per cui è previsto il preciso termine di trenta giorni dalla cessazione del periodo di prova (art. 2 l. n. 339 del 1958 applicabile ratione temporis, poi sostituito dalla legge n. 2/2009, art. 16 bis, comma 11, che semplificando la normativa di assunzione per i datori di lavoro domestici, ha previsto che sia solo l’Inps a diventare il destinatario delle comunicazioni di assunzione, della cessazione (dimissioni o licenziamento), della trasformazione e della proroga del rapporto di lavoro del personale domestico, eliminando l’obbligo di comunicazione ai Centri per l’impiego (così come previsto per tutti gli altri lavoratori ai sensi dell’art. 9 bis, della Legge n. 608/1996 come modificato dalla Legge n. 296/2006);
la comunicazione de qua, resa attraverso documentazione avente data certa di trasmissione deve contenente i dati anagrafici del lavoratore, la data di assunzione e di cessazione prevista, la tipologia contrattuale, il trattamento economico e normativo applicato;
la struttura dell’illecito in esame assume, per la conformazione che gli ha dato il diritto positivo, la connotazione di illecito di tipo omissivo che si consuma nel momento in cui, decorso il termine previsto dalla legge, la comunicazione non viene effettuata, mentre non assume rilevanza la circostanza che l’obbligo di comunicazione violato attenga alla costituzione del rapporto di lavoro che ha natura di contratto di durata;
non si configura, dunque, nel caso di specie, la situazione tipica dell’illecito permanente che richiede, necessariamente, che la fattispecie tipica, indicata dalla legge, descriva una condotta ininterrotta e perdurante nel tempo, tenuta senza soluzione di continuità e dipendente dalla persistente volontà dell’agente, idonea a determinare una compressione costante del bene giuridico finché non venga meno la condotta stessa;
peraltro, in materia sanzionatoria relativa alla irregolare assunzione di lavoratori in epoca in cui non era stata disposta la depenalizzazione, questa Corte di cassazione sezione penale n. 10062 del 1984 ha avuto modo di precisare che < Le violazioni concernenti la irrituale assunzione di lavoratori a domicilio costituiscono reati istantanei con effetti permanenti poiché il legislatore fissa un termine preciso, per l’adempimento delle prescrizioni relative, coincidente non oltre il termine di Costituzione del rapporto di lavoro (fattispecie relativa a mancata richiesta di iscrizione nel registro dei committenti di lavoro a domicilio; a mancata istituzione di apposito registro per l’annotazione delle generalità dei lavoratori a domicilio, del tipo, quantità e retribuzione del lavoro stesso; ad avviamento di lavoratori a domicilio senza nulla-osta dell’ufficio di collocamento; ad omessa dotazione dei lavoratori dello speciale libretto di controllo; ad assunzione dei lavoratori senza libretto di lavoro);
deve, conclusivamente, affermarsi che la sentenza impugnata, laddove ha qualificato come permanente l’illecito amministrativo contestato e ne ha fatto discendere l’accertamento del tempo della commissione dello stesso solo alla data di cessazione della condotta, anziché dallo scadere del termine previsto per denunciare l’avvenuta costituzione del rapporto di lavoro domestico relativo alla lavoratrice M.D.A., ha fatto illegittima applicazione dei principi espressi dall’art. 1 della legge n. 689 del 1981 applicando alla fattispecie una conseguenza sanzionatoria non prevista al momento in cui la condotta fu posta in essere e, dunque, va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari – in diversa composizione, che giudicherà sulla applicazione della sanzione amministrativa derivante dalla commissione dell’illecito alla luce dei principi sopra espressi e regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Cagliari – Sezione Distaccata di Sassari, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 20 ottobre 2022, n. 30934 - In tema di illeciti amministrativi, l'operatività dei principi di legalità, di irretroattività e di divieto dell'analogia, risultante dall'art. 1 della legge n. 689/81, comporta…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 11 maggio 2022, n. 14961 - Qualora il contratto collettivo non abbia un predeterminato termine di efficacia, non può vincolare per sempre tutte le parti contraenti, perché finirebbe in tal caso per vanificarsi la causa e…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 18413 depositata il 10 maggio 2022 - Nell'indagine riguardante la configurabilità dell'illecito imputabile all'ente, le condotte colpose dei soggetti responsabili della fattispecie criminosa (presupposto…
- Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, sez. n. 2, sentenza n. 4414 depositata il 17 luglio 2023 - La "sospensione" del procedimento di esecuzione del rimborso del credito d'imposta, giustificata dalla esigenza di definire previamente…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 11342 depositata il 2 maggio 2023 - In caso di disdetta del contratto, i diritti dei lavoratori, derivanti dalla pregressa disciplina più favorevole, sono intangibili solo in quanto siano già entrati nel patrimonio…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 1289 depositata il 17 gennaio 2023 - In caso di disdetta del contratto, i diritti dei lavoratori, derivanti dalla pregressa disciplina più favorevole, sono intangibili solo in quanto siano già entrati nel patrimonio…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’anatocismo è dimostrabile anche con la sol
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 33159 depositata il 29 novembre 2023,…
- Avverso l’accertamento mediante il redditome
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 31844 depositata il 15 novembre…
- Si è in presenza di appalti endoaziendali illeciti
Si è in presenza di appalti endoaziendali illeciti ogni qualvolta l’appaltatore…
- Per il provvedimento di sequestro preventivo di cu
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 47640 depositata il…
- Il dirigente medico ha diritto al risarcimento qua
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28258 depositata il 9 ottobre 20…