CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 ottobre 2018, n. 27029
Contratti di formazione e lavoro – Cartella esattoriale Inps – Recupero sgravi contributivi – Aiuti de minimis – Prescrizione
Ritenuto che
che con sentenza depositata il 4.5.2012 la Corte d’Appello di L’Aquila rigettava l’appello dell’Inps avverso la sentenza che in accoglimento dell’opposizione proposta dalla H.I.I. SPA, previa parziale declaratoria di cessazione della materia del contendere, annullava la restante parte dell’importo relativo alla cartella esattoriale con la quale l’Inps intendeva recuperare gli sgravi contributivi indebitamente fruiti dalla società opponente nel periodo novembre 1995-maggio 2001 relativamente a contratti di formazione e lavoro;
la Corte, in particolare, riteneva che: gli sgravi di cui l’appellata aveva goduto costituissero aiuti di Stato vietati a seguito della decisione della Commissione Europea n. 2000/128/CE dell’11.5.1999; il credito oggetto del recupero da parte dell’INPS fosse soggetto al termine di prescrizione decennale, con decorrenza dalla data della decisione della Commissione europea; nonostante la mancata prescrizione dei crediti azionati dall’Istituto la cartella esattoriale andasse nondimeno annullata in forza dell’eccezione del c.d. de minimis sollevata dalla società opponente; in particolare perché, a fronte di una iniziale richiesta per complessivi € 2.725.554,39, l’Inps aveva rideterminato l’importo complessivo dovuto in € 224.140,55 ed ancora, nel seguito del giudizio, aveva ulteriormente ridotto l’importo preteso in complessivi € 15.337,37 concernente soltanto tre dipendenti ritenendo implicitamente per i rimanenti contratti pienamente soddisfatte le condizioni di legge e dunque rispettati i paletti comunitari; così ridotta la somma iniziale trovava applicazione, secondo la Corte d’Appello, la regola del c.d. de minimis riferita a quella quota degli aiuti di Stato che la Commissione ha ritenuto compatibile con il mercato comune, sebbene non rientrante nelle deroghe previste dal Trattato CE, in quanto non superiori al limite di € 100.000 su un periodo di tre anni, poiché nei limiti anzidetti essi erano tollerati dall’ordinamento comunitario non producendo un’apprezzabile distorsione della concorrenza; nel caso di specie si trattava appunto di una somma finale di € 9.581,00 al netto degli interessi che rientrava nel limite predetto;
contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Inps con un motivo di censura; la H.I.I. S.p.A. ha resistito con controricorso.
Considerato che
con l’unico motivo il ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE; del Regolamento CE numero 994/98; dell’articolo 2 del Regolamento CE del 12 gennaio 2001, numero 69; della decisione della Corte di Giustizia del 7 marzo 2002 C-310/99; dell’articolo 2697 c.c.; dell’articolo 16 del decreto legge 14 maggio 1994 convertito con modificazioni dalla legge 19 luglio 1994, n. 451; dell’articolo 15 della legge 24 giugno 1997 numero 196 (art. 360 n. 3 c.p.c.); e ciò perché la Corte territoriale, preso atto che il valore della sorte contributiva era pari ad € 9581,00, aveva ritenuto di poter applicare de plano la regola del de minimis senza però avvedersi che l’applicazione di siffatta regola non passa solo dal mero accertamento del valore degli aiuti di Stato fruiti dalla società, ma richiede pure una serie di verifiche dell’esistenza di ulteriori requisiti previsti e disciplinati dalla normativa comunitaria, laddove invece la società ricorrente in primo grado si era limitata ad invocare la predetta regola senza fornire la prova dell’esistenza di tutti i requisiti previsti dalla legislazione europea (ossia la prova che tutti gli aiuti pubblici ricevuti da parte di autorità nazionali, regionali o locali non avessero superato il limite di 100.000 euro nel triennio);
preliminarmente vanno disattese le due eccezioni di inammissibilità del ricorso per decadenza dall’impugnazione ai sensi dell’articolo 327 c.p.c. sollevate nel controricorso;
la prima eccezione è infondata perché il termine semestrale di impugnazione introdotto dall’articolo 46, comma 17 della legge 18 giugno 2009 n. 69 si applica soltanto ai giudizi instaurati in primo grado dopo l’entrata in vigore della stessa legge ossia dopo il 4 luglio 2009 (mentre nel caso in esame è pacifico che il giudizio sia stato instaurato nel 2007); non è vero invece che l’articolo 58, 5° comma della legge abbia introdotto una deroga per il solo giudizio di cassazione alla disposizione transitoria contenuto nel 1° comma della norma;
la seconda eccezione di inammissibilità, con la quale la controricorrente ha sostenuto la violazione del termine annuale di impugnazione, deve essere ritenuta parimenti infondata, in quanto – posto che la sentenza di secondo grado è stata depositata il 4 maggio 2012 – la prima notifica del ricorso era stata effettuata per il notificante INPS nei termini, in via (…) in L’Aquila, nel precedente domicilio eletto presso l’indirizzo del procuratore costituito; mentre la seconda rituale notifica è stata operata nel nuovo domicilio del procuratore in via (…), in data 21 maggio 2013; il tutto è avvenuto nel rispetto del termine cui va correlata la ripresa del procedimento notificatorio, giusta la pronuncia delle Sez. Unite n. 14594 del 15/07/2016 secondo cui “in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa”;
nel merito il ricorso è fondato avendo la Corte aquilana invertito l’onere della prova allorché ha affermato che con la riduzione, operata per due volte, dell’importo relativo agli sgravi, l’Inps avesse ritenuto implicitamente sussistenti, per i rimanenti contratti (relativi a tre dipendenti), le condizioni di legge perché l’impresa potesse fruire dello stesso diritto nel limite del de minimis; laddove, al contrario, la mera riduzione dell’importo preteso in pagamento dall’INPS non poteva valere ad integrare la dimostrazione, di cui era onerata la beneficiaria, dell’esistenza delle ulteriori condizioni legittimanti la fruizione del diritto agli sgravi nel limite della regola de minimis, la quale, secondo la disciplina di fonte europea all’epoca in vigore (comunicazione della Commissione Europea del 1996 in GU C. N. 68/5; decisione dell’11.5.1999; art. 2 Regolamento CE n. 69/2001), richiede, tra l’altro, la prova che l’impresa non abbia superato il tetto di € 100.000, tenuto conto di tutti gli aiuti pubblici ricevuti da parte di autorità nazionali, regionali o locali, in relazione ad un periodo di riferimento di tre anni a decorrere dal momento del primo aiuto de minimis;
né allo scopo può essere invocato il principio di non contestazione, richiamato nel controricorso, il quale postula la puntuale allegazione del fatto da provare da parte dell’onerato, condizione che nel caso in esame non risulta invece fosse stata soddisfatta dalla società opponente;
in conclusione, essendo fondato il motivo di ricorso lo stesso merita di essere accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa al nuovo giudice indicato nel dispositivo, il quale ai fini della decisione della causa dovrà accertare se sia provata da parte dell’opponente l’esistenza delle condizioni legittimanti la fruizione del diritto agli sgravi nel limite della regola de minimis, secondo quanto sopra indicato; il giudice di rinvio provvederà inoltre alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 385, 3° comma c.p.c.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Ancona.
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