CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 ottobre 2019, n. 27296
Tributi – IRPEF – Cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria – Plusvalenza – Determinazione
Fatti di causa
Il contribuente reagiva all’avviso di accertamento sulla plusvalenza da cessione di immobile, ricavandone il valore dalla liquidazione dell’imposta di registro, affermando aver diritto di provare il diverso valore vincendo il carattere presuntivo del valore ai fini del registro.
Più in particolare, l’Ufficio accertava che la plusvalenza era da calcolarsi sulla differenza tra il prezzo di acquisto (90 milioni di lire) ed il prezzo dichiarato ai fini della I. n. 516/1982 (condono) nonché ai fini dell’imposta di registro (144 milioni di lire) maggiore rispetto al quanto dichiarato nell’atto di vendita (120 milioni di lire).
Il primo grado era favorevole al contribuente, ma il secondo apprezzava parzialmente le ragioni dell’Ufficio, che trovava pienamente accoglimento delle proprie tesi avanti la Commissione Tributaria Centrale.
Donde ricorre per Cassazione il contribuente affidandosi ad unico motivo, cui risponde l’Amministrazione finanziaria con tempestivo controricorso.
Ragioni delle decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta violazione di legge in parametro all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ. per falsa applicazione art. 76, 3° comma d.P.R. n. 597/1973, ora 67 e 68 TUIR, per aver interpretato la CTC il formato normativo nel senso dell’impossibilità della prova contraria alla rideterminazione della plusvalenza su base imposta di registro.
Seppure questa Corte ha costantemente affermato come nella fase di accertamento di una plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, l’Amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via presuntiva sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro, restando a carico del contribuente l’onere di superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato col valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro, dimostrando di aver in concreto venduto ad un prezzo inferiore (così Cass, n. 4057/2007, poi ribadita in Cass. n. 21020/2009, Cass. n. 18705/2010), non di meno, successivamente è intervenuta una norma di interpretazione autentica. Più precisamente, alla luce del principio secondo cui nell’accertamento delle imposte sui redditi, <<l’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015 – che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva – esclude che l’Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini di altra imposta commisurata al valore del bene, posto che la base imponibile ai fini IRPEF è data non già dal valore del bene, ma dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Il riferimento contenuto nella detta norma all’imposta di registro ed alle imposte ipotecarie e catastali svolge una funzione esemplificativa, volta esclusivamente a rimarcare la ratio della norma incentrata sulla non assimilabilità della differente base impositiva (valore) rispetto a quella prevista per l’IRPEF (corrispettivo)>> (Cfr. Cass. n. 19227/2017, Cass. n. 12265/2017).
In conclusione, il ricorso è fondato e dev’essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR perché provveda al riesame, adeguandosi ai principi sopra esposti e regoli le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR per il Lazio, in diversa composizione, cui demanda anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
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