CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 ottobre 2019, n. 27307
Tributi – Accise sulla produzione di gas naturale – Invito al pagamento – Motivazione – Legittimità
Rilevato che
– Con la sentenza di cui sopra il giudice di seconde cure ha accolto il gravame della società contribuente, con ciò riformando la sentenza della Commissione provinciale, e sancendo per l’effetto l’illegittimità dell’invito al pagamento impugnato, per accise sulla produzione di gas naturale riferite al periodo 2014;
– avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’Amministrazione Finanziaria con atto affidato a tre motivi; esiste con controricorso la società contribuente;
Considerato che
– il primo motivo di ricorso censura la sentenza impugnata per error in procedendo e nullità della stessa ex art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 19 d. Lgs. n. 546 del 1992 in relazione agli artt. 277 e 112 c.p.c. per avere la CTR preso le mosse da una premessa corretta, ma esser giunta a conclusioni errate, violando le disposizioni concernenti l’esatto ambito di cognizione attribuito alla giurisdizione tributaria, avendo deciso senza entrare nel merito della pretesa azionata con l’atto impugnato;
– il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 21 octies L. 241 del 1990 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR, a fronte di un mero errore materiale contenuto nell’avviso impugnato, dichiarato lo stesso illegittimo;
– il terzo motivo censura la sentenza gravata per violazione dell’art. 3 L. 241 del 1990, dell’art. 7 d. Lgs. n. 212 del 2000, degli artt. 3 e 19 d. Lgs. n. 505 del 1995 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. nonché per falsa applicazione del divieto di duplicazione d’imposizione, per avere la CTR considerato vizio insanabile dell’atto un mero errore materiale che invece ne costituirebbe solo irregolarità;
Considerato che
– i motivi sono tra di loro connessi, al punto di costituire frammentazione di una medesima censura; possono quindi esaminarsi congiuntamente;
– gli stessi sono fondati;
– invero, risulta dalla sentenza impugnata che la CTR ha ritenuto che “risultano pacifici tra le parti sia l’esistenza di un errore nell’invito al pagamento n. 2014/12816 allorché indica nella sua parte dispositiva (dopo la locuzione INVITA) le mensilità oggetto di altro precedente avviso (n. 2014/A/10356 dd. 18.9.2014) ossia luglio/agosto 2014, sia il riferimento nella parte di premessa al pv di constatazione prot. A/12815 nonché l’esatta indicazione relative alle mensilità di settembre ottobre 2014, di cui non è contestata la debenza dell’accisa sul gas naturale”;
– pertanto, l’errore era presente “nella parte dispositiva dell’invito al pagamento”, “mentre la motivazione fa riferimento ad un percorso relativo a periodo diverso”;
– a fronte di tal situazione di fatto, incontestata (parte dispositiva errata, motivazione corretta) era onere della CTR verificare se tale errore inficiava o meno la pretesa o rendeva impossibile, se contestata, la comprensione delle ragioni della stessa da parte del contribuente;
– e ciò anche alla luce delle difese concretamente opposte, nel merito della pretesa, proprio dal contribuente;
– viceversa la CTR, rilevata la presenza del mero errore in questi termini sopra riportati, lo ha ritenuto “non sanabile da parte del giudice tributario” con ciò introducendo, peraltro con motivazione meramente assertiva, un vizio del provvedimento impugnato non previsto dal sistema;
– sul punto, questa Corte ha infatti chiarito da tempo come non ogni vizio formale dell’atto tributario impugnato sia idoneo a provocarne la caducazione (Sez. U, Sentenza n. 16293 del 24/07/2007) poiché sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento, sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto, non assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione “avviso di liquidazione” o “avviso di pagamento” o la mancata indicazione del termine o delle forme da osservare per l’impugnazione o della commissione tributaria competente, le quali possono dar luogo soltanto ad un vizio dell’atto o renderlo inidoneo a far decorrere il predetto termine, o anche giustificare la rimessione in termini del contribuente per errore scusabile;
– ancora, si è stabilito che (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14876 del 27/06/2007) in tema di accertamento delle imposte, l’eventuale discordanza tra i dati identificativi del destinatario come indicati nell’atto e quelli del soggetto cui l’atto viene notificato può comportare la nullità dell’ avviso di accertamento soltanto quando tale discordanza sia tale da determinare, in concreto, un’incertezza assoluta sul soggetto destinatario della pretesa tributaria; ne discende che nel caso in cui l’incertezza sull’individuazione del destinatario non sia assoluta, potendo la discordanza che vi dà causa essere superata alla luce del complessivo contenuto dell’ accertamento e di ogni altro elemento identificativo da esso risultante, non si verifica alcuna ipotesi di nullità;
– ne deriva quindi che avendo annullato l’atto impugnato unicamente in forza dell’errore sopra riportato (che non pare per nulla aver precluso al contribuente la propria difesa e che non costituisce di per sé causa di invalidità del provvedimento impugnato) la CTR ha commesso errore di diritto;
– inoltre, avendo dato atto della natura meramente formale dell’errore, da un lato, e avendo per converso, dall’altro, annullato per tal ragione l’avviso contestato, la CTR si è anche discostata dall’orientamento costante di questa Suprema Corte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 19750 del 19/09/2014) secondo il quale il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’ accertamento dell’ufficio. Ne consegue che il giudice tributario, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale (e non meramente formali, che qui non sussistevano), è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte;
– conclusivamente, quindi, il ricorso va accolto; la sentenza deve esser cassata sul punto con rinvio al secondo giudice anche quanto alle spese;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di cassazione.