CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 ottobre 2019, n. 27377
Tributi – Ritenute alla fonte operate dall’Inps – Istanza di rimborso – Mancata indicazione dell’importo da rimborsare – Domanda di rimborso giuridicamente non valida – Silenzio rifiuto – Impugnabilità – Esclusione
Rilevato che
– Con sentenza n. 8073/3/17 depositata in data 27 dicembre 2017 la Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto da N.L. avverso la sentenza n. 20229/32/16 della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva rigettato il ricorso della contribuente contro il c.d. silenzio-rifiuto di rimborso IRPEF 2007;
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo tre motivi. La contribuente resiste con controricorso che illustra con memoria. L’INPS si è costituito con procura in calce al ricorso notificato e deposita memoria deducendo il proprio difetto di legittimazione nel processo.
Considerato che
– Preliminarmente, in relazione al difetto di legittimazione dell’Istituto nel presente processo, questione dedotta per la prima volta nelle memorie dell’Istituto, va dichiarato il difetto di legittimazione, in quanto l’istituto è sostituto d’imposta e non titolare dell’obbligazione tributaria, come da ormai consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. 12 dicembre 2018, n. 32082) e le spese di lite nei suoi confronti possono essere compensate alla luce del fatto che la deduzione è avvenuta solo poco prima della camera di consiglio e che la questione è rilevabile d’ufficio;
– Con il primo motivo di ricorso – ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’Agenzia ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione del combinato disposto dei commi 1, lett. g), e 3 dell’art. 19 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 536, nonché degli artt. 37 e 38 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, per aver la CTR mancato di rilevare l’originaria improponibilità della domanda avanzata dalla contribuente, per l’impossibilità di configurare il silenzio-rifiuto su un’istanza di rimborso di tributi in ipotesi non dovuti, in fattispecie non contemplata dal sistema;
– Il mezzo di impugnazione è fondato. La Corte reitera l’insegnamento secondo cui «Le domande di rimborso, prive delle indicazioni inerenti gli estremi di versamento e gli importi relativi all’ammontare delle ritenute IRPEF, nonché della indicazione degli importi chiesti in restituzione, non possono considerarsi giuridicamente valide e non sono, dunque, idonee alla formazione del silenzio-rifiuto impugnabile, in quanto non consentono di valutare la fondatezza o meno della richiesta; né tale vizio è sanabile con il successivo deposito di documenti, atti a colmare le lacune predette, deposito che è comunque tardivo, in quanto intervenuto nel corso di un procedimento che non avrebbe dovuto neppure essere iniziato» (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 21400 del 30/11/2012, Rv. 624444 – 01; conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3250 del 20/03/2000, Rv. 534891 – 01); e, inoltre che: «La proposizione di un’azione di accertamento nel giudizio tributario, pur essendo estranea al modulo di tale processo, da introdursi necessariamente con l’impugnazione di specifici atti, non dà luogo ad un’ipotesi di difetto di giurisdizione – essendo questa attribuita in via esclusiva e “ratione materiae”, e non in considerazione dell’oggetto della domanda – ma all’improponibilità di quest’ultima, che è rilevabile d’ufficio nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 382, comma 3, cod. proc. civ., con conseguente cassazione senza rinvio della decisione di merito che si sia pronunciata su di essa, nonostante l’inesistenza di un atto (anche di solo silenzio rigetto) impugnabile. (Nella specie il contribuente, ottenuta la restituzione dell’imposta di registro, aveva proposto ricorso al giudice tributario per chiedere il risarcimento del maggior danno derivante dal ritardo nella restituzione, senza impugnare alcun provvedimento, neppure di rifiuto, dell’Amministrazione finanziaria)». (Cass., Sez. U, Sentenza n. 27209 del 23/12/2009, Rv. 610763 – 01);
– Orbene, in disparte dal fatto che nel caso di specie il silenzio-rifiuto non è impugnabile in questa sede anche in quanto l’istanza originaria è indirizzata direttamente all’Agenzia, comunque nel caso di specie è la stessa contribuente a confermare che, nell’istanza, «la carenza lamentata consisterebbe solo nella mancata indicazione dell’importo chiesto a rimborso, a titolo di ritenute alla fonte operate dall’Inps» e, di conseguenza, non essendo contestato il fatto che l’importo oggetto dell’istanza è indeterminato, tale mancanza, per la consolidata giurisprudenza della Corte sopra richiamata e che va reiterata in questa sede, preclude la formazione del silenzio-rifiuto. Infine, l’improponibilità originaria della domanda è rilevabile d’ufficio e, accolto il primo motivo e assorbiti i restanti due, la sentenza impugnata va cassata. Inoltre, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 cod. proc. civ., la causa può essere decisa nel merito con rigetto dell’originario ricorso introduttivo; le spese di lite sono compensate per i gradi di merito considerati gli esisti difformi e il mancato rilievo d’ufficio della questione e, per il grado di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara il difetto di legittimazione passiva dell’Inps e compensa le spese di lite;
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo e terzo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso introduttivo; compensa le Spese di lite per i gradi di merito e condanna la contribuente alla rifusione in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese di lite, liquidate in Euro 2.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.