CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 settembre 2019, n. 23697
Tributi – Contenzioso tributario – Ricorso in cassazione – Mancata produzione dell’avviso di ricevimento ed assenza di attività difensiva dell’intimato – Inammissibilità del ricorso
rilevato che
dall’esposizione in fatto della sentenza del giudice di appello si evince che: l’Agenzia delle Entrate aveva emesso nei confronti di U.B. un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno di imposta 2004, erano stati accertati maggiori redditi imponibili ai fini Iva, Irpef e Irap; avverso il suddetto atto impositivo il contribuente aveva proposto ricorso che era stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Pisa; avverso la sentenza del giudice di primo grado l’Agenzia delle Entrate aveva proposto appello;
la Commissione tributaria regionale della Toscana ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che: l’accertamento induttivo utilizzato dall’ufficio finanziario era privo di idoneo supporto probatorio in quanto non fondato su presunzioni gravi, precise e concordanti che consentissero di dubitare della completezza e fedeltà della contabilità del contribuente; nella specie, l’accertamento si era fondato su di uno scostamento dei ricavi dichiarati rispetto a quello accertati nella misura dell’8,75%, di per sé non congruo, anche tenuto conto del fatto che la percentuale di ricarico, applicata nella misura del 45%, pari a quella prevista per gli studi di settore, costituiva una mera presunzione semplice; non era, inoltre, convincente la tesi dell’ufficio secondo cui, al fine di giustificare l’utilizzo del metodo induttivo, non era stato possibile procedere ad un accertamento analitico poiché le fatture erano state emesse con indicazioni generiche; non era inverosimile che il titolare della ditta non conoscesse dettagliatamente la percentuale di ricarico applicata e che non svolgesse alcuna attività lavorativa;
nessun elemento di prova certa era stata fornita dall’ufficio finanziario sui diversi profili sui quali si era fondato l’accertamento;
avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso l’Agenzia delle entrate affidato a un unico motivo di censura;
il contribuente è rimasto intimato;
il pubblico ministero in persona del Sostituto procuratore generale dott. E.P. con atto depositato in data 20 maggio 2019, ha concluso per l’inammissibilità del motivo di ricorso;
considerato che
va preliminarmente evidenziato che parte ricorrente non ha depositato l’avviso di ricevimento della notifica del ricorso alla parte intimata, risultando prodotti, a seguito di esame del fascicolo di parte ricorrente, unicamente la relata di notifica e l’atto di accettazione della raccomandata da parte dell’ufficio postale, dai quali è dato unicamente evincere la data di spedizione ma non anche l’effettiva ricezione da parte del destinatario;
per consolidato principio di questa Corte (da ultimo, Cass. civ., 30 aprile 2019, n. 11390; conf. Cass. Sez. Unite 627/2008; Cass. civ., n. 18371/2018; Cass. civ., n. 25552/2017) “la produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale, ai sensi dell’art. 149 c.p.c., o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 c.p.c., è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notifica tono e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio. Ne consegue che l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione ex art. 379 c.p.c., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dalla citata disposizione, comma 1, ovvero fino all’adunanza della corte in camera di consiglio prevista dall’art. 380 bis c.p.c., anche se non notificato mediante elenco alle altre parti nel rispetto dell’art. 372 c.p.c., comma 2. In caso, però, di mancata produzione dell’avviso di ricevimento ed in assenza di attività difensiva dell’intimato, il ricorso per cassazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ex art. 291 c.p.c“;
sicchè, il ricorso deve essere considerato inammissibile;
in ogni caso, è da considerarsi inammissibile l’unico motivo di ricorso proposto con il quale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 21 e 39, d.P.R. n. 633/1972, per non avere ritenuto che la mancata specificazione nelle fatture dell’oggetto della prestazione legittimava il ricorso al metodo induttivo di accertamento del reddito imponibile, mediante una ricostruzione della percentuale di ricarico sulla base di fatture, anche se limitate, regolarmente compilate dal contribuente;
invero, il motivo di ricorso in esame non tiene in alcun modo conto della ratio decidendi del giudice del gravame che ha chiaramente esposto le ragioni per le quali gli elementi presuntivi utilizzati dall’amministrazione finanziaria a fondamento dell’accertamento non avevano i caratteri della gravità, precisione e concordanza;
il motivo di ricorso in esame pone l’attenzione esclusivamente sulla circostanza che le fatture avevano un contenuto generico e che, proprio per tale ragione, era stato attivato un accertamento analitico induttivo, ma è proprio sugli elementi presuntivi posti a fondamento del procedimento utilizzo che il giudice del gravame si è espresso, pervenendo alla considerazione finale della mancanza di valenza probatoria degli elementi utilizzati;
sulla mancanza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza degli elementi presuntivi presi in considerazione dal giudice del gravame, il presente motivo di ricorso non prospetta alcuna ragione di censura;
ne consegue l’inammissibilità del ricorso, senza pronuncia sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
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