CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 settembre 2019, n. 23717
Tributi – IRPEF – Reddito di lavoro dipendente – Personale esposto a rischio radiologico – Indennità sostitutiva dei giorni di congedo supplementari non goduti – Natura risarcitoria – Esclusione – Somme incluse nella base imponibile
Fatti di causa
S.M.R. proponeva istanza di rimborso, in relazione a ritenute alla fonte che affermava essere indebite, operate ai fini Irpef. Formatosi il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione finanziaria, con ricorso del 22.11.2006 la contribuente proponeva impugnazione innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso. La S. fondava la propria pretesa sulla sentenza n. 269 del 2004, pronunciata dal TAR del Molise, che le aveva riconosciuto il diritto sia alla corresponsione dell’indennità di rischio radiologico (£. 200,000 al mese, ex art. 1, comma 2, L. n. 460 del 1988), sia il diritto a godere del congedo ordinario aggiuntivo non fruito, nella misura di quindici giorni l’anno. Assicurava quindi alla contribuente il ristoro sostitutivo del congedo non fruito nella misura dell’importo di una mensilità di stipendio per ciascun anno, per compensare “la maggiore esposizione a rischio radiologico”, trattandosi pertanto, nella prospettazione della parte, di un risarcimento del danno, escluso dalla tassazione Irpef ai sensi dell’art. 6, comma 2, del Dpr n. 917 del 1986 (TUIR). Le somme erogate erano state però tassate come se si fosse trattato di una componente della retribuzione, contestava la contribuente, conseguendone una trattenuta indebita pari ad Euro 8.624,52 calcolata sull’aliquota media (tassazione separata).
La CTP accoglieva il ricorso ed accordava alla contribuente il rimborso richiesto.
L’Agenzia delle Entrate proponeva impugnativa innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Molise, che confermava la decisione di primo grado.
Avverso la decisione assunta dalla CTR ha proposto impugnazione per cassazione l’Amministrazione finanziaria, affidandosi ad un unico, articolato, motivo di ricorso. Resiste mediante controricorso M.R.S..
Ragioni della decisione
1.1.- L’Agenzia delle Entrate contesta, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 6, comma 2, e 51 (già 48), del Dpr n. 917 del 1986, in cui è incorsa la Commissione Tributaria Regionale impugnata avendo ritenuto che il ristoro compensativo riconosciuto alla contribuente dal TAR Molise abbia natura risarcitoria e non retributiva, conseguendone l’errore nell’individuazione del regime fiscale applicabile.
2.1. – Con il suo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria contesta che “l’indennità sostituiva per ferie non godute non può avere, in realtà, che la stessa natura dei redditi a cui è collegata (nel nostro caso redditi di lavoro dipendente soggetti a ritenuta alla fonte da parte del datore di lavoro), per cui va assoggettata a tassazione ai sensi dell’art. 6, comma 2, del Dpr n. 917/86” (ric., p. 5), come già ritenuto dalla Suprema Corte.
La contribuente replica, nel suo controricorso, affermando che l’indennità sostitutiva del periodo di congedo non goduto rappresenta un “ristoro della maggiore esposizione a rischio radiologico”, che la S. ha dovuto sopportare anche quando non le sarebbe spettato subirla, e deve essere pertanto “inteso come periodo di riposo biologico, e pertanto non vada assimilato all’istituto delle ferie … data quindi la funzione di recupero biologico è evidente che la sua mancata fruizione provoca un danno alla salute del lavoratore il cui indennizzo non può essere soggetto a tassazione perché non rientra nella previsione di cui all’art. 6, co. 2, Dpr 917/86” (controric., p. 7 s)
Occorre preliminarmente osservare come le parti concordino sul fatto che il giudizio ha ad oggetto soltanto l’indennità corrisposta in funzione compensativa del mancato godimento del periodo di riposo, rimanendone estraneo il diverso profilo del riconoscimento alla ricorrente dell’indennità per essere rimasta esposta al rischio radiologico (£. 200.000 mensili).
Tanto premesso, questa Suprema Corte ha già condivisibilmente osservato che “in tema d’imposte sui redditi di lavoro dipendente, dalla lettura coordinata degli artt. 6, comma 2, e 46 del d.P.R. n. 917 del 1986, si ricava che, al fine di poter negare l’assoggettabilità ad IRPEF di una erogazione economica effettuata a favore del prestatore di lavoro da parte del datore di lavoro, è necessario accertare che la stessa non trovi la sua causa nel rapporto di lavoro o che tale erogazione, in base all’interpretazione della concreta volontà manifestata dalle parti, non trovi la fonte della sua obbligatorietà né in redditi sostituiti, né nel risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi futuri, cioè successivi alla cessazione od all’interruzione del rapporto di lavoro. (In applicazione del principio, la S.C., in riforma della sentenza impugnata, ha ritenuto che, trovando causa nel rapporto di lavoro, confluisce nella base imponibile l’indennità erogata dal datore di lavoro al lavoratore a titolo di ristoro per la permanente esposizione sul luogo di lavoro al rischio scaturente dalla gestione di attrezzature radiologiche concorre alla formazione della base imponibile)”, Cass. sez. VI-V, 10.12.2015, n. 24988.
Non appare dubbio, nel caso di specie, che l’indennità di cui si discute trovi la sua causa nel rapporto di lavoro, non essendovi ragione per supporre che essa sia stata attribuita in sostituzione di altro genere di reddito, tanto meno prospettabile come reddito futuro a seguito della interruzione del rapporto di lavoro; deve pertanto affermarsi che detta indennità non può che concorrere alla formazione della base imponibile della lavoratrice. La Corte di legittimità, del resto, ha anche avuto occasione di precisare che “in tema di imposte dirette, la indennità sostitutiva del riposo settimanale non goduto costituisce reddito imponibile da lavoro dipendente, trattandosi di compenso percepito in dipendenza del rapporto di lavoro e commisurato ad una certa quantità di lavoro svolto, anche se non in via regolare e continuativa ed in violazione di un diritto indisponibile, poiché costituisce sicuro indice di capacità contributiva anche la retribuzione corrisposta per il lavoro prestato in violazione di norme – anche imperative a garanzia costituzionale di diritti indisponibili – poste a tutela del prestatore di lavoro, e la legge tributaria non contempla tale ipotesi come causa di esclusione della somma erogata dall’oggetto dell’imposizione“, Cass. sez. V, 18.8.2004, n. 16101. Pronunciando proprio relativamente a fattispecie analoga, in materia di indennità corrisposta in relazione ad un congedo aggiuntivo per rischio radiologico non goduto, in conseguenza di decisione assunta del TAR-Molise che aveva riconosciuto il diritto all’attribuzione, questa Corte ha avuto anche occasione di chiarire che “la indennità sostitutiva di un congedo non goduto (indipendentemente dalle finalità che sottostanno a quest’ultimo), trattandosi anche in questo caso di compenso percepito (sub specie di corresponsione indennitaria) in dipendenza del rapporto di lavoro e commisurato ad una certa quantità o ad una maggiore quantità di lavoro svolto (invece di una pausa di sospensione non effettuata), sebbene svolto in violazione di un diritto concesso a presidio di interessi primari” risulta assoggettabile a tassazione (Cass. sez. VI-V, 19.2.2016, n. 33139, nello stesso senso, Cass. VI-V, 4.2.2016, n. 2229).
In definitiva deve ritenersi che l’indennità di cui trattasi trova causa nel rapporto di lavoro, e la Commissione Tributaria Regionale ha perciò errato nell’attribuirle, ai fini fiscali, natura risarcitoria, escludendola perciò dal conteggio della base imponibile della controricorrente.
Chiarezza suggerisce di proporre, in proposito, il seguente principio di diritto: “l’indennità sostitutiva dei giorni di congedo supplementari non goduti, da parte del personale esposto a rischio radiologico, trova causa nel rapporto di lavoro, e non ha pertanto natura risarcitoria ai fini fiscali, ne discende che l’importo di detta indennità concorre a comporre la base imponibile del lavoratore cui sia stata attribuita”.
In conseguenza, il ricorso deve essere accolto. Rilevato che non appaiono necessari ulteriori accertamenti di fatto, e ricordato il disposto di cui all’art. 384, comma secondo, cod. proc. civ., la causa può essere decisa nel merito, conseguendone il rigetto della richiesta di rimborso proposta dalla contribuente.
Tenuto conto del mancato rinvenimento di precedenti giurisprudenziali di legittimità specifici all’epoca di proposizione del ricorso, e della peculiarità delle questioni sollevate, appare equo disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti, in relazione all’intero giudizio.
P.Q.M.
accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente, compensando fra le parti le spese di lite dell’intero giudizio.
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