CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 febbraio 2019, n. 5471
Tributi – IRPEF – Disponibilità finanziarie detenute all’estero – Mancata compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi – Presunzione di evasione ex art. 12, co. 2, D.L. n. 78 del 2009 – Efficacia retroattiva – Esclusione
Motivi della decisione
Veniva accertato che la F.M., per gli anni dal 2005 al 2008, non aveva compilato il quadro RW della dichiarazione dei redditi, nel quale si indica il possesso di disponibilità finanziarie all’estero.
La contribuente ha proposto opposizione, accolta in entrambi i gradi di merito, con la quale, tra l’altro ha fatto valere la non applicabilità retroattiva della presunzione (art. 12 comma 2 legge 78/2009) per la quale gli investimenti fatti o le somme detenute in Stati a fiscalità privilegiata si presume che siano provento di redditi sottratti a tassazione, salva la prova contraria.
Questa tesi è stata accolta, sia pur con motivazioni diverse, dai giudici di merito.
La decisione di secondo grado, in particolare, fa leva su due argomenti: in primo luogo ritiene l’appello inammissibile, perché non coglie la ratio della decisione impugnata.
In secondo luogo, considera non applicabile retroattivamente, e dunque ad anni di imposta precedenti, la presunzione del citato articolo 12.
Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate, con due motivi.
Con il primo denuncia erronea applicazione di legge, nella misura in cui è stata ritenuto inammissibile un appello che invece coglieva esattamente la ratto della decisione impugnata.
Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 12 comma 2 legge n. 78 del 2009, nella parte in cui se ne fa un’applicazione non retroattiva, che invece è smentita dalla natura processuale della norma (e della presunzione in essa stabilita), anziché sostanziale.
Si è costituita la contribuente, la quale, oltre a contestare nel merito i motivi di ricorso, ha eccepito l’inammissibilità del medesimo per tardività.
Nel merito.
Va respinta questa ultima eccezione di inammissibilità. Secondo la controricorrente il ricorso per Cassazione sarebbe stato depositato oltre il termine di sei mesi dal deposito della sentenza impugnata.
Precisamente, la decisione risulta depositata il 16.12.2016, con la conseguenza che il termine semestrale è spirato il 14.6.2017. Per contro, il ricorso è stato notificato l’11.12.2017.
Questa eccezione non tiene però conto della sospensione dei termini prevista dalla legge 50 del 2017 per le controversie astrattamente definibili in via agevolata, considerata la quale, invece, il termine di impugnazione è ampiamente rispettato.
Nel merito.
Il primo motivo è inammissibile.
Infatti, se pure la decisione impugnata fa questione, nei motivi della inammissibilità dell’appello, per come si deduce, non solo dalla motivazione, ma soprattutto dal dispositivo, si tratta semplicemente di un obiter, e non di un capo autonomo di sentenza. Con la conseguenza che non può essere oggetto di impugnazione.
Il secondo motivo è invece infondato in quanto la presunzione di evasione sancita, con riferimento agli investimenti ed alle attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, in vigore dal 1° luglio 2009, non ha efficacia retroattiva, in quanto non può attribuirsi alla stessa natura processuale, essendo le norme in tema di presunzioni collocate, tra quelle sostanziali, nel codice civile, ed inoltre perché una differente interpretazione potrebbe -in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.- pregiudicare l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione. (Cass. 2662/2018).
Il ricorso va pertanto respinto, e le spese poste a carico della ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il primo motivo, e rigetta il secondo.
Condanna la ricorrente al pagamento della somma complessiva di 5600,00 euro, a titolo di spese legali.
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