CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 febbraio 2019, n. 5482
Tributi – IRPEF – Redditi di lavoro dipendente – Indennità per ferie non godute – Natura sostitutiva delle somme – Imponibilità
Rilevato
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis cod. proc. civ., delibera di procedere con motivazione semplificata;
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della CTR della Puglia, sezione staccata di Lecce, che aveva rigettato l’appello da essa proposto avverso la decisione della CTP di Lecce.
Quest’ultima aveva accolto il ricorso proposto da L.L. avverso il silenzio rifiuto dell’amministrazione finanziaria sull’istanza di rimborso dell’IRPEF versata a titolo di acconto sulle somme corrispostegli dal datore di lavoro a titolo di mancato godimento delle ferie.
Nella decisione impugnata la CTR ha sostenuto la natura risarcitola dell’indennità in questione, corrisposta al contribuente per mancata fruizione di riposi;
Considerato
che il ricorso è affidato ad un unico motivo, con il quale viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 6 commi primo e secondo, 46 e 48 del TUIR e 2126 cod. civ., in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 cod. proc. civ., in quanto il compenso sostitutivo in questione troverebbe la sua causa nel rapporto di lavoro; d’altra parte il TUIR conterrebbe una minuziosa elencazione delle varie indennità, si che quelle non espressamente disciplinate sarebbero state tutte tassabili,
che l’intimato non si è costituito;
che l’unico motivo di ricorso è fondato;
che, infatti, l’indennità sostitutiva del riposo settimanale, come pure l’indennità per ferie non godute, è da ritenere soggetta a tassazione a norma degli artt. 46 e 48 del d.P.R. n. 917 del 1986, sia perché, essendo in rapporto di corrispettività con le prestazioni lavorative effettuate nel periodo di tempo che avrebbe dovuto essere dedicato al riposo, ha carattere retributivo e gode della garanzia apprestata dall’art. 2126 cod. civ. a favore delle prestazioni effettuate con violazione delle norme poste a tutela del lavoratore; sia perché un eventuale suo concorrente profilo risarcitorio non ne escluderebbe la riconducibilità all’ampia nozione di retribuzione imponibile delineata dai citati articoli, costituendo essa comunque un’attribuzione patrimoniale riconosciuta a favore del lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro e non essendo ricompresa nell’elencazione tassativa delle erogazioni escluse dalla contribuzione (cfr. in termini Cass. sez. 6 T n. 1232 del 2015; Cass. sez. 6 T n. 8915 del 2014);
che i giudici di merito non si sono dunque attenuti ai principi di cui sopra e, pertanto, la sentenza va cassata;
che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo;
che le circostanze che caratterizzano la presente vicenda processuale giustificano la compensazione delle spese del merito e la declaratoria di irripetibilità di quelle del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge il ricorso introduttivo, compensando fra le parti le spese del merito e dichiarando irripetibili quelle del giudizio di cassazione.
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