CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 febbraio 2022, n. 6387
Tributi – IRPEF – Accertamento sintetico – Redditometro – Capacità contributiva del contribuente superiore a quella dichiarata – Disponibilità finanziarie insufficienti per far fronte alle spese
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle entrate, a seguito di invio di questionario informativo che era compilato e restituito dal contribuente, notificava a F.N. distinti avvisi di accertamento, n. T6301TL01726/2011, n. T6301TL01727/2011 e n. T6301TL01728/2011, tutti aventi ad oggetto Irpef, sanzioni ed accessori, in relazione agli anni d’imposta 2006, 2007 e 2008, e fondati sui medesimi presupposti.
L’Amministrazione finanziaria, infatti, aveva ritenuto accertata una capacità contributiva del contribuente superiore a quella dichiarata e, ai sensi dell’art. 38, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, ne aveva rideterminato sinteticamente il reddito, facendo applicazione del c.d. redditometro. In particolare l’Ente impositore rilevava che, nell’intero periodo, il contribuente aveva avuto la disponibilità di un appartamento, in proprietà esclusiva, di duecento metri quadri a Venezia, di un’imbarcazione di 99,50 metri lineari, di un’automobile e di ingenti polizze assicurative, oltre ad aver rimborsato rate di mutuo per l’importo di decine di migliaia di Euro, tenuto anche conto che nel medesimo arco temporale la moglie aveva dichiarato un reddito di Euro 74,00 annui.
1.1. Inoltre, le verifiche eseguite sui conti correnti bancari del F. rivelavano come egli non possedesse disponibilità finanziarie sufficienti per far fronte ai costi accertati per il sostentamento della famiglia ed il mantenimento dei beni. Il contribuente proponeva istanza di accertamento con adesione, che però sortiva esito negativo.
2. N.F. impugnava allora gli avvisi di accertamento innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Venezia, producendo documentazione ed allegando che i costi affrontati erano stati finanziati con disponibilità economiche precedentemente accumulate. La Ctp, riuniti i ricorsi, riteneva fondata l’opposizione proposta dal contribuente, in considerazione della documentazione che aveva prodotto, ed in conseguenza annullava gli avvisi di accertamento redatti a suo carico.
3. L’Agenzia delle entrate spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita in primo grado, innanzi alla Commissione tributaria regionale del Veneto, che accoglieva parzialmente l’impugnativa, riaffermando la piena validità ed efficacia dell’accertamento tributario ad eccezione, però, di quanto attiene alle sanzioni, che rimanevano annullate a causa della ritenuta obiettiva incertezza nell’interpretazione della normativa vigente in materia di accertamento sintetico del reddito.
4. Ha proposto ricorso per cassazione in relazione all’applicazione delle sanzioni, profilo in ordine al quale era rimasta soccombente in grado di appello, l’Amministrazione finanziaria, affidandosi ad un motivo di ricorso. Ha pure proposto ricorso per cassazione – incidentale, in quanto introdotto successivamente – N. F., affidandosi a cinque motivi di impugnazione. Il contribuente ha, con separato e successivo atto, anche proposto controricorso avverso il ricorso introdotto dall’Amministrazione finanziaria nei suoi confronti.
Ragioni della decisione
1. L’Agenzia delle entrate contesta, con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la falsa applicazione dell’art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere la Ctr erroneamente ritenuto che le sanzioni non potessero essere irrogate al contribuente, in conseguenza della ricorrenza di condizioni di obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della normativa applicabile.
2. Mediante il suo primo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., il contribuente censura la violazione dell’art. 23 Cost., e comunque l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in cui è incorso il giudice dell’appello per non aver rilevato la “illegittimità delle disposizioni, in tema di accertamento sintetico” (ric. inc., p. 4 s.).
3. Con il suo secondo motivo di ricorso incidentale, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., N. F. critica la violazione di articolo di legge non indicato, e comunque l’omesso esame da parte della Ctr di un fatto decisivo, per non avere il giudice dell’appello ritenuto l’illegittimità degli atti impositivi, “nelle parti in cui hanno ricompreso tra i beni indicatori di capacità contributiva, criteri precedentemente esclusi” (ric. inc., p. 7).
4. Mediante il terzo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., il contribuente lamenta la violazione di norme di legge non indicate (verosimilmente l’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, ndr), e comunque l’omesso esame da parte del giudice dell’appello di un fatto decisivo, per non avere la Ctr rilevato “l’illegittimità e l’inammissibilità del metodo “sintetico” per la determinazione del reddito imponibile così come assunto ed applicato dall’Ufficio” (ric. inc. p. 8). Tenuto conto che l’evoluzione della normativa in materia non prevede l’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di determinare il reddito del contribuente in forma sintetica qualora rinvenga uno scostamento del reddito denunciato rispetto al reddito presumibile, ne consegue che l’Agenzia delle entrate avrebbe dovuto necessariamente motivare sul perché, nel caso di specie, avesse ritenuto di procedere nelle forme dell’accertamento sintetico.
5. Con il suo quarto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., N. F. contesta la violazione di articolo di legge non indicato, e comunque l’omesso esame di un fatto decisivo in cui è incorsa la Ctr, per non avere il giudice dell’appello rilevato “l’infondatezza dell’accertamento per contraddittorietà” (ric. inc., p. 11).
6. Mediante il quinto strumento di impugnazione (indicato come n. 6), introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., il contribuente censura la violazione di norme di legge non indicate, e comunque l’omesso esame da parte del giudice dell’appello di un fatto decisivo, per non avere la Ctr correttamente ripartito l’onere della prova tra le parti.
7. Appare opportuno, per esigenze logiche e sistematiche, trattare prima i motivi di ricorso incidentale proposti dal contribuente, perché attengono alla invocata illegittimità dell’intero accertamento tributario effettuato nei suoi confronti e, ove dovessero essere accolti, renderebbero superfluo l’esame del ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria, che ha ad oggetto soltanto le sanzioni irrogate con l’atto impositivo.
Mediante il primo motivo di ricorso il contribuente contesta la decisione del giudice dell’appello, in relazione ai profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, per aver ritenuto applicabile la vigente normativa sull’accertamento sintetico del reddito, che però è incostituzionale.
Mediante il secondo strumento di impugnazione il ricorrente censura ancora, sempre in relazione ai profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, la decisione dei giudici di secondo grado per aver ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento in contestazione, sebbene avessero ricompreso tra i beni indicatori di capacità contributiva anche taluni precedentemente esclusi dalla normativa.
I due motivi di ricorso presentano ragioni di connessione, attenendo entrambi alla legittimità, anche costituzionale, della normativa sull’accertamento sintetico del reddito ratione temporis applicabile alla fattispecie, nonché alla sua interpretazione, ed appare pertanto opportuno trattarli congiuntamente.
Occorre premettere che i motivi di ricorso appaiono impropriamente formulati. Contestano infatti la violazione di legge ed il vizio di motivazione, senza esplicitare ciascuna delle censure proposte a quale vizio sia riconducibile, oppure chiarire le ragioni, ammesso che sia possibile, per le quali le medesime censure debbano ritenersi giustificate in ordine a tutti e due gli indicati parametri di legge. In proposito questa Corte di legittimità ha condivisibilmente statuito che “in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo … Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse“, Cass. sez. I, 23.10.2018, n. 26874. I motivi di impugnazione risultano pertanto, per larga parte, inammissibili.
I motivi di ricorso sono comunque infondati.
Questa Corte di legittimità ha già avuto occasione di chiarire, condivisibilmente, che “è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 38, commi quarto e ss., del d.P.R. n. 600 del 1973, nella formulazione anteriore alle modifiche introdotte dal d.l. n. 78 del 2010, conv., con modif., nella l. n. 122 del 2010, nella parte in cui consente l’accertamento con metodo sintetico mediante il cd. redditometro, con riferimento sia all’art. 23 Cost., poiché i relativi decreti ministeriali non contengono norme per la determinazione del reddito, assolvendo soltanto ad una funzione accertativa e probatoria, sia agli artt. 24 e 53 Cost., in quanto il contribuente può dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito accertato è insussistente ovvero costituito, in tutto o in parte, da redditi esenti o soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta” Cass. sez. V, 24.4.2018, n. 10037. Non si è mancato di specificare, peraltro che “in tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla rettifica, con metodo sintetico, del reddito complessivo delle persone fisiche, è legittima l’applicazione agli anni anteriori dei coefficienti presuntivi di reddito adottati ai sensi dell’art. 1 della legge n. 413 del 1991, posto che, rimanendo sul piano dell’accertamento e delle prove, l’applicabilità dei cosiddetti redditometri contenuti in decreti ministeriali emanati successivamente al periodo d’imposta da verificare deve ritenersi insita nell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973“, Cass. sez. V, 20.6.2001, n. 8372 (conformi, tra le altre, Cass. sez. V, 22.5.2002, n. 7499; Cass. sez. I, 15.12.1995, n. 12843).
Il primo ed il secondo motivo di ricorso risultano pertanto in larga parte inammissibili, e sono comunque infondati.
8. Con il suo terzo strumento di impugnazione N. F. lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa l’impugnata Ctr per non aver riscontrato il vizio dell’accertamento tributario, poiché il suo testo non riporta alcuna specifica motivazione sul perché l’Amministrazione abbia ritenuto di poter fare ricorso, nel caso di specie, all’accertamento sintetico mediante applicazione del c.d. redditometro.
In considerazione della natura delle ragioni di contestazione proposte dal ricorrente non possono che riproporsi le considerazioni sulla inammissibilità del motivo, indicate per esteso esaminando il primo ed il secondo motivo di ricorso incidentale, da intendersi qui integralmente riportate e, sinteticamente, perché è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione in relazione a profili incompatibili, rimettendo al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse.
Il motivo di ricorso proposto dal contribuente risulta inammissibile anche per un’altra ragione. Il ricorrente incidentale, infatti, non ha avuto cura di indicare nel suo ricorso per cassazione, quando, e mediante quali formule, abbia proposto le contestazioni in esame nel corso dei gradi di merito del giudizio, e come le abbia diligentemente coltivate. In conseguenza questa Corte di legittimità non è stata posta in condizione di valutare la tempestività e congruità delle censure proposte, prima ancora di andare a giudicare della loro decisività.
Tanto premesso il motivo di ricorso risulta anche infondato.
In questo giudizio, infatti, il contribuente, che pure lamenta un vizio di motivazione dell’atto impositivo, ha dato dimostrazione di aver ben compreso le contestazioni che gli sono state rivolte, ed ha infatti proposto complete e specifiche contestazioni, neppure potendosi trascurare che ha avuto anche accesso al contraddittorio preventivo con l’Amministrazione finanziaria, alla quale ha potuto richiedere ogni chiarimento.
Il motivo di ricorso deve essere comunque dichiarato inammissibile.
9. Mediante il quarto strumento di impugnazione il contribuente censura la decisione assunta dalla Ctr, in relazione ancora ai profili della violazione di legge e del vizio di motivazione in conseguenza dell’omesso esame di un fatto decisivo, per non aver rilevato “l’infondatezza dell’accertamento per contraddittorietà” (ric. inc., p. 11).
In considerazione della eterogenea natura delle ragioni di contestazione proposte dal ricorrente non possono che riproporsi le considerazioni sulla inammissibilità del motivo indicate per esteso esaminando il primo ed il secondo motivo di ricorso incidentale, da intendersi qui integralmente riportate, e sinteticamente riproposte esaminando il terzo motivo del ricorso incidentale.
Pure il quarto mezzo d’impugnazione proposto dal contribuente risulta inammissibile anche per un’altra ragione. Il ricorrente incidentale, infatti, non ha avuto cura di indicare, nel suo ricorso per cassazione, quando, e mediante quali formule, abbia proposto la contestazione in esame nel corso dei gradi di merito del giudizio, e come le abbia diligentemente coltivate. In conseguenza questa Corte di legittimità non è stata posta in condizione di valutare la tempestività e congruità delle censure proposte, prima ancora di provvedere a giudicare della loro decisività.
Tanto premesso, il contribuente mediante lo strumento di ricorso propone in realtà una serie di considerazioni, ad esempio relative all’età del ricorrente, al rilievo del complessivo reddito della famiglia, alla indisponibilità di fatto dell’imbarcazione, che attengono al merito del giudizio, e si tratta di censure che, come proposte, non possono essere esaminate dal giudice della legittimità.
Il quarto motivo di ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
10. Con il quinto motivo di ricorso incidentale, sempre proposto in relazione ai profili della violazione di legge e del vizio di motivazione per omesso esame di un fatto decisivo, il contribuente critica la decisione assunta dal giudice dell’appello per aver erroneamente ripartito l’onere della prova tra le parti, in particolare non attribuendo il giusto rilievo agli estratti conto bancari prodotti dall’odierno ricorrente incidentale.
In considerazione della eterogenea natura delle ragioni di contestazione prospettate dal contribuente non possono che riproporsi le considerazioni sulla inammissibilità del motivo indicate per esteso esaminando il primo ed il secondo motivo di ricorso incidentale, da intendersi qui integralmente riportate.
Anche il quinto motivo di ricorso incidentale risulta inammissibile anche per un’altra ragione. Il contribuente, infatti, non ha avuto cura di indicare, nel suo ricorso per cassazione, quando, e mediante quali formule, abbia proposto la contestazione in esame nel corso dei gradi di merito del giudizio, e come l’abbia diligentemente coltivata. In conseguenza questa Corte di legittimità non è stata posta in condizione di valutare la tempestività e congruità delle censure proposte, prima ancora di provvedere a giudicare della loro decisività.
10.1. Tanto premesso il contribuente, mediante lo strumento di ricorso propone in realtà una serie di considerazioni, ad esempio relative al totale stato di abbandono dell’imbarcazione, che però non importa certo l’assenza di costi, come invece allegato dal ricorrente, all’utilizzo di risparmi ed investimenti di una vita, che però non provvede ad illustrare ove risultassero depositati e come siano stati utilizzati, alla produzione integrale degli estratti conto bancari, che però non è spiegato neppure in quale misura, neppure su base annua, siano stati utilizzati per i prelievi utili a fornire la provvista necessaria per far fronte ai costi per il sostentamento della famiglia ed il mantenimento dei beni. Anche in questo caso, il contribuente domanda in definitiva di riesaminare il merito del giudizio, e propone pertanto censure che, come introdotte, non possono essere esaminate dal giudice della legittimità.
Anche il quinto motivo di ricorso incidentale risulta quindi inammissibile.
11. Mediante il suo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria censura la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la Ctr per aver erroneamente valutato che sussistessero le condizioni di obiettiva incertezza sulla normativa vigente ratione temporis che giustificano la non applicazione delle sanzioni.
Il giudice dell’appello scrive, sul punto, che “merita accoglimento la richiesta di annullare le sanzioni irrogate non apparendo congruo irrogare penalità che derivino da formule e parametri mutati nel tempo per essere adeguati al principio di reale capacità contributiva di cui rimane difficile la conoscenza e la comprensione” (sent. Ctr, p. 3).
Questa motivazione non appare condivisibile. Merita di essere ricordato, in proposito, che questa Corte di legittimità ha avuto recentemente occasione di ribadire che “in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, sussiste incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria ai sensi dell’art. 10 della l. n. 212 del 2000 e dell’art. 8 del d.lgs. n. 546 del 1992, quando è ravvisabile una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, riferita, non già ad un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata e neppure all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento a cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione“, Cass. sez. V, 1.2.2019, n. 3108.
11.1. Tanto premesso, la normativa applicata dall’Amministrazione finanziaria nell’accertamento per cui è causa, pertanto quella relativa all’accertamento sintetico del reddito mediante c.d. redditometro, di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, può risultare gravosa per il contribuente, e costituisce un significativo strumento di contrasto dell’evasione fiscale, ma non presenta profili di incertezza, del resto non evidenziati neppure dalla Ctr nella decisione in esame, o dal contribuente nel suo controricorso. La normativa in questione è stata esaminata in numerosissime pronunce giurisdizionali, anche della Corte costituzionale, e non si è ritenuto sussistano dubbi interpretativi; questa valutazione merita di essere confermata. Lo stesso contribuente del resto, occorre ribadirlo, ha dimostrato mediante le sue difese di avere ben compreso le contestazioni che gli sono state rivolte dall’Amministrazione finanziaria.
Occorre pertanto concludere che il motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate risulta fondato, e deve essere pertanto accolto per quanto di ragione.
12. In definitiva, il motivo di ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria deve essere accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, in applicazione del disposto di cui all’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., questa Corte di legittimità, decidendo nel merito, deve accogliere l’impugnazione proposta dall’Agenzia delle entrate, conseguendone che l’originario ricorso del contribuente deve essere interamente respinto, anche in relazione alle sanzioni irrogate.
Il ricorso incidentale proposto da N. F. deve invece essere rigettato.
13. Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni esaminate e del valore della controversia. Risulta anche dovuto, da parte del ricorrente incidentale, il versamento del c.d. “doppio contributo”.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso incidentale proposto dal contribuente; accoglie il ricorso principale proposto dall’Agenzia delle entrate, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, respinge l’originario ricorso introdotto dal contribuente anche in relazione alle sanzioni. Condanna F.N. al pagamento delle spese di lite in favore dell’Agenzia delle entrate, e le liquida in complessivi Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
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