CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 gennaio 2019, n. 2181
Reddito d’impresa – Accertamento – Rettifica – Notificazione – Riscossione – Fatture per operazioni inesistenti
Rilevato che
la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato, alla società contribuente, un avviso di accertamento con il quale era stato rettificato il reddito di impresa per gli anni 2001, 2002, 2003 e 2004, recuperando a tassazione gli importi corrispondenti alle fatture per operazioni inesistenti emesse a favore della contribuente dalla società T.D. s.r.I., nonché, ai soci della medesima, un avviso di accertamento per il recupero dei redditi di partecipazione per i medesimi anni di imposta; avverso i suddetti atti impositivi avevano proposto ricorso la società ed i soci; la Commissione tributaria provinciale di Pavia aveva rigettato il ricorso della società rilevando che, per gli anni di imposta 2001 e 2002, la stessa di era avvalsa della dichiarazione integrativa di cui all’art. 9 della legge n. 289/2002 e che, per gli anni 2003 e 2004 non erano fondate le argomentazioni addotte a giustificazione della effettività delle prestazioni di cui alle fatture; la medesima Commissione tributaria, inoltre, aveva rigettato il ricorso dei soci, rilevando che gli stessi seguivano gli esiti del ricorso proposto dalla società; avverso le pronunce della suddetta Commissione tributaria provinciale avevano proposto separati appelli la società ed i soci contribuente;
la Commissione tributaria regionale della Liguria, previa riunione, ha parzialmente accolto gli appelli, in particolare ha ritenuto che:
con riferimento alla questione degli effetti della dichiarazione integrativa proposta dalla società, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 289/2002, relativamente agli anni di imposta 2001 e 2002, l’amministrazione finanziaria non aveva avanzato alcuna pretesa nei confronti della società, ma, per i medesimi anni, aveva fatto valere la pretesa nei confronti dei soci, per maggior reddito di partecipazione, non avendo gli stessi presentata analoga dichiarazione; pertanto, i soci non potevano avvalersi degli effetti della dichiarazione integrativa di condono tombale proposta dalla società; era fondato, in questo contesto, l’appello dei soci ai fini della concreta determinazione del reddito di partecipazione, dovendosi tenere conto del reddito determinato con la dichiarazione integrativa della società, non essendo lo stesso modificabile; andava respinto il motivo di appello relativo agli altri anni di imposta 2003 e 2004;
avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso dinanzi a questa Corte l’Agenzia delle entrate affidato a due motivi di censura; la società ed i soci sono rimasti intimati;
il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. S.D.M. ha depositato le proprie conclusioni, con le quali ha chiesto l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento del restante motivo;
Considerato che
con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., e dell’art. 57 del decreto legislativo n. 546/1992, nonché ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., per avere deciso relativamente alla pretesa di cui agli anni di imposta 2001 e 2002, nonostante che la domanda era stata proposta per la prima volta in appello ed avendo gli appellanti espressamente escluso che l’impugnazione aveva ad oggetto le suddette annualità;
il motivo è fondato;
dall’esame della pronuncia censurata si evince che l’amministrazione finanziaria non aveva avanzato alcuna pretesa nei confronti della società con gli avvisi di accertamento notificati alla medesima per gli anni di imposta 2001 e 2002, essendosi la stessa avvalsa del c.d. condono tombale, sicché la decisione della Commissione tributaria provinciale di rigetto del ricorso proposto dalla società ha avuto riguardo unicamente alle ragioni della pretesa fatta valere nei confronti della medesima unicamente per gli anni di imposta 2003 e 2004;
sotto il medesimo profilo, la pretesa fatta valere nei confronti dei soci era relativa al recupero dei redditi di partecipazione dei medesimi per tutte le annualità 2001, 2002, 2003 e 2004; dall’esame del motivo di ricorso di primo grado proposto dai soci, come riprodotto dalla ricorrente, si evince che gli stessi avevano contestato la legittimità della pretesa unicamente sotto il profilo della infondatezza nel merito della stessa, in particolare della esistenza delle operazioni di cui alle fatture emesse in favore della società contribuente dalla T.D. s.r.l. ed entro tali limiti doveva essere definito il thema decidendum;
dall’esame del suddetto ricorso introduttivo, d’altro lato, non è dato evincersi una ragione di censura relativa alla eventuale limitazione, nei propri confronti, della determinazione del reddito di partecipazione che tenesse conto del reddito della società come determinato in sede di dichiarazione integrativa presentata dalla medesima, profilo che attiene ad una diversa prospettazione di doglianza rispetto a quello che riguarda il merito della controversia, in quanto postula una diversa questione che non attiene alla infondatezza della pretesa, ma agli effetti della domanda di condono tombale proposto dalla società ai fini del recupero del reddito di partecipazione;
pertanto, la prospettazione, formulata in sede di appello, della efficacia in favore dei soci della suddetta domanda integrativa, deve essere considerata nuova rispetto al thema decidendum come sopra delineato;
peraltro, va altresì osservato che la stessa parte intimata aveva precisato, secondo quanto evincibile dall’atto di appello come riprodotto dalla ricorrente (vd. pag. 20 e 21 del ricorso), che l’impugnazione aveva avuto riguardo solo alle annualità 2003 e 2004, ciò sulla base dell’erronea considerazione che il giudice di primo grado avesse accolto la domanda relativa alla infondatezza della pretesa, nei confronti della società, e quindi dei soci, relativamente agli anni 2001 e 2002;
tale ricostruzione difensiva confligge con quanto sopra osservato in ordine al fatto che, nei confronti della società, non era stata fatta valere alcuna pretesa per i suddetti anni proprio in considerazione della presentazione della domanda di condono tombale, e che, preso atto di tale circostanza, il giudice di primo grado aveva rigettato il ricorso della società in relazione alla pretesa fatta valere nei confronti della medesima (per gli anni di imposta 2003 e 2004), nonché quello dei soci, per i redditi di partecipazione, per tutti gli anni di imposta ad essi contestati, quindi per gli anni 2001, 2002, 2003 e 2004;
ne consegue che la pronuncia in esame, avendo ritenuto di dovere valutare, nei confronti dei soci ed ai fini della determinazione del loro reddito di partecipazione, gli effetti della domanda integrativa di condono tombale presentata dalla società, si è pronunciata oltre i limiti del thema decidendum, in violazione dell’art. 112 cod. proc.
ne consegue l’accoglimento del ricorso, con assorbimento del secondo motivo, con il quale si è censurata la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 9 della legge n. 289/2002, dell’art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 917/1986, dell’art. 50 del decreto legislativo n. 446/1997 e dell’art. 1 del decreto legislativo n. 360/1998;
in conseguenza di quanto sopra, la sentenza va cassata nella parte relativa alla determinazione del reddito di partecipazione dei soci, e, non dovendosi procedere ad accertamenti in fatto, decidendo nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma secondo, cod. proc. civ. va rigettato il ricorso introduttivo proposto dai soci dinanzi al giudice di primo grado, con compensazione delle spese di lite relativamente ai precedenti grado di giudizio e condanna degli intimati al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio;
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata nella parte in cui ha deciso sul reddito di partecipazione dei soci, e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dai soci dinanzi al giudice di primo grado, con compensazione delle spese di lite relativamente ai precedenti gradi di giudizio e condanna degli intimati al pagamento delle spese di lite del presente giudizio che si liquidano in complessive euro 6.000,00, oltre spese prenotate a debito.
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