CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 gennaio 2019, n. 2230
Lavoratori nel settore minerario – Versamento all’INPS dei contributi previdenziali sulla quota di indennità di prepensionamento – Domanda
Rilevato che
la Corte d’appello di Caltanissetta con sentenza del 2 novembre 2016 ha respinto l’appello proposto da A.R. nei confronti di R.E.S.A.I.S – (…) s.p.a avverso la sentenza del Tribunale di Caltanissetta, con la quale era stata rigettata la domanda del medesimo, ex dipendente dell’I. s.p.a. e beneficiario di una indennità di prepensionamento ai sensi dell’art. 6 della legge reg. siciliana. 42 del 1975, tesa ad ottenere l’accertamento dell’obbligo della R.E.S.A.I.S. s.p.a., a versare all’INPS i contributi previdenziali sulla quota dell’indennità di prepensionamento incrementata a seguito della transazione stipulata tra R. s.p.a. e B., facendo seguito all’accordo regionale ed a quello integrativo rispettivamente del 5 novembre 1997 e dell’8 marzo 2000;
la sentenza impugnata, mutando i propri precedenti specifici, ritenuta l’interruzione del termine quinquennale di prescrizione dell’obbligazione contributiva volontaria accollata da R. s.p.a. in favore degli interessati, ha ritenuto il diritto estinto per effetto della sottoscrizione del verbale di conciliazione presso l’Ufficio provinciale del lavoro di Enna del 6 marzo 2007 in atti;
A.R. ha proposto ricorso per cassazione, fondato su quattro motivi illustrato da memoria;
R. s.p.a. ha depositato contro ricorso; anche l’INPS resiste con controricorso;
Considerato che
con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della legge regionale siciliana n. 42 del 1975 e succ. mod. ed integr., della I. n. 214 del 1982, della I. n. 105 del 1991, I. n. 222 del 2005, I. n. 47 del 1983, del d.P.R. n. 1432 del 1971 e degli artt. 11 e 12 disposizioni sulla legge in generale;
con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2114, 2115 e 2116 cod.civ.;
con il terzo motivo si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2113 cod. civ.;
con il quarto motivo, prospettato in via ipotetica e non reale in considerazione dell’esito diverso dal reale auspicato dall’appellante, denuncia la violazione e o falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ. posto che le spese avrebbero dovuto, in caso di esito vittorioso dell’appello, essere poste a carico di R. s.p.a.; in sostanza, con i primi tre motivi la sentenza è censurata: a) per aver attribuito effettiva natura volontaria alla contribuzione prevista dall’art. 6 della legge reg. sic. n. 42 del 1975 che invece costituisce obbligazione derivante dalla legge in quanto forma di diritto previdenziale dell’emergenza, affiancata al prepensionamento, alla cassa integrazione ed all’indennità di disoccupazione, in favore dei lavoratori del settore minerario siciliano; b) per aver attribuito natura retributiva anziché assistenziale all’indennità di prepensionamento percepita dal R.; c) in relazione all’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui la contribuzione volontaria avrebbe formato oggetto di conciliazione innanzi all’ufficio provinciale del lavoro;
i motivi, tutti connessi per l’unicità del tema e quindi da trattarsi in modo unitario, in conformità con i precedenti di questa Corte nn. 20016 del 2017; n. 23413 del 2017; n. 24350 del 2017, con i quali sono state disattese le ragioni di R. s.p.a., sono fondati; la questione si inserisce nel più ampio contesto delle norme regionali siciliane (leggi regionali nn. 42/1975, n. 23/1991, n. 8/1995, n. 5/1999) approntate per la tutela dei lavoratori nel settore minerario, dopo la soppressione dell’Ente minerario siciliano e di numerose società ad esso collegate, secondo le quali per i dipendenti in esubero in possesso di determinati requisiti di età o contributivi venne disposto il licenziamento con diritto alla corresponsione, fino al raggiungimento dell’età pensionabile, di un’indennità mensile per quattordici mensilità, pari all’80 per cento dell’ultima retribuzione percepita; ai sensi dell’art. 6, comma 4, della legge reg. n. 42/1975, rimasero <altresì a carico della regione gli oneri per l’assistenza sanitaria e per la contribuzione volontaria da parte degli interessati a fini pensionistici, nella misura massima consentita. La predetta indennità sarà rivalutata sulla base degli indici di contingenza riferiti alla misura dell’indennità stessa come sopra calcolata ovvero a meccanismi di adeguamento salariale al costo della vita che venissero stabiliti in sede nazionale in sostituzione di quelli vigenti>;
dunque, la stessa formulazione della norma cardine del peculiare sistema di tutela riconosciuto a questa categoria di lavoratori esprime iri modo evidente che l’assunzione dell’obbligo contributivo da parte dell’Assessorato, a cui è oggi subentrata la R. s.p.a. per effetto della l. reg. n. 4/2003, si struttura come ulteriore e distinta obbligazione rispetto alla corresponsione dell’indennità di prepensionamento e che non si confonde in essa; i profili dibattuti tra le parti e qui ancora rilevanti perché posti a base dei motivi di ricorso sono essenzialmente due: a) l’inclusione nell’oggetto delle transazioni stipulate del diritto ad ottenere la regolarizzazione contributiva sulla quota di adeguamento dell’indennità di prepensionamento percepita dal R., che pure ha costituito oggetto della transazione; b) la eventuale illegittimità della rinunzia alla contribuzione dipendente dalla natura obbligatoria e non volontaria della stessa;
il primo profilo assume carattere preliminare, non solo dal punto di vista logico e giuridico, ma anche perché la sentenza impugnata si fonda innanzi tutto sulla interpretazione dell’accordo transattivo e la questione della natura giuridica della contribuzione che assume rilievo solo eventuale è stata affrontata dalla Corte territoriale in quanto devoluta nel giudizio d’appello e solo a sostegno della prima ragione di decisione;
in materia di criteri interpretativi dell’atto di conciliazione, di indubbia natura negoziale, questa Corte di cassazione ha costantemente ritenuto (vd. da ultimo Cass. 11751/2015), che a norma dell’art. 1362 c.c. e segg., tale interpretazione si debba fondare principalmente sul significato desumibile dal tenore letterale del negozio, sia pure letto in connessione tra le varie parti dello stesso, mentre gli ulteriori canoni legali sulla interpretazione del contratti e quelli di interpretazione intervengono in caso che dall’applicazione di quello principale residui un dubbio; la Corte territoriale ha valutato che il tenore letterale dell’accordo in questione fosse chiaro nell’indicare come oggetto della rinuncia, in modo lato, qualsiasi diritto derivante dal pregresso rapporto di lavoro ivi compresi quelli contributivi, ritenendo pertanto che l’atto transattivo riguardi anche la materia dei connessi oneri previdenziali in quanto vi è <rinuncia… a qualsivoglia pretesa vantata o potuta vantare … che abbia titolo, anche indirettamente, nel rapporto di lavoro pregresso, nelle disposizioni della legislazione regionale in materia di trattamenti assistenziali e negli accordi collettivi per il personale>; è evidente che proprio dal contenuto della motivazione adottata si evince che il giudice d’appello abbia considerato il solo dato testuale, attribuendogli ampia valenza significante, e facondo dipendere l’esito di tale operazione dal riconoscimento della natura volontaria, ritenuta per ciò solo implicitamente disponibile attraverso negozio abdicativo, della contribuzione dovuta da R. s.p.a. per effetto di una sorta di accollo ex lege;
per questa via non si è neppure ritenuta rilevante la incidenza della posteriorità rispetto al primo atto abdicativo dell’art. 1 comma 268 della legge n. 266/2005 sulla base di calcolo della contribuzione, considerando già acquisito al patrimonio del lavoratore il diritto oggetto di abdicazione;
la motivazione addotta dalla sentenza impugnata è errata in quanto, a prescindere dai criteri utilizzati per interpretare l’accordo che non sono stati neppure censurati dal ricorrente, la stessa è inficiata da errore di diritto derivante dalla mancata considerazione della peculiare regolamentazione degli aspetti previdenziali relativi alla fuoriuscita occupazionale del personale cessato dal servizio presso le miniere siciliane introdotta dall’art. 6 della l. reg. Sic. n. 42 del 1975, il cui sistema di finanziamento fu posto a totale carico dell’Assessorato al lavoro della regione Sicilia all’uopo autorizzato a stipulare convenzione con l’Inps (art. 15 l. reg. Sic. n. 42 del 1975);
è evidente che la forma di prosecuzione volontaria della contribuzione di cui alla legge reg. Sic. n. 42 del 1975, per il meccanismo obbligato di applicazione alle posizioni contributive di ciascun lavoratore interessato dalla cessazione forzata dell’attività mineraria e per i contenuti specifici relativi al metodo di finanziamento posto a carico di un soggetto pubblico regionale in via esclusiva, diverge notevolmente dallo schema generale al cui interno si colloca I’ ordinario istituto della prosecuzione volontaria dell’assicurazione obbligatoria (disciplinata dal d.P.R. n. 1432/1971, cui ha fatto seguito la legge n. 47/1983 ed il capo III del decreto legislativo n. 184/1997 che ha disposto una armonizzazione della materia), posto che questa è normalmente legata ad una specifica autorizzazione rilasciata dall’Ente previdenziale a chi si trova in possesso dei requisiti richiesti ed è sul richiedente che ricade l’onere della contribuzione;
la fattispecie in esame realizza nella sostanza, anche se attraverso il rinvio operativo allo schema della prosecuzione volontaria propria del sistema generale, una ipotesi del tutto peculiare di assunzione pubblica dell’onere contributivo previdenziale scaturente dalla scelta di dismettere l’attività mineraria da parte della regione siciliana e ciò in ragione: a) dell’art. 14 del testo dello Statuto Siciliano che riconosce una competenza legislativa esclusiva della Regione entro i limiti territoriali della Sicilia in un serie di materie, tra cui lo stato giuridico ed economico del personale regionale, che in ogni caso non può essere “inferiore a quello previsto per i dipendenti dello Stato”, nel rispetto delle leggi costituzionali e delle riforme agrarie ed industriali deliberate dalla Costituente del popolo italiano; b) dell’art. 17 dello stesso Statuto, entro il limite dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato, e per soddisfare condizioni particolari ed interessi propri della Regione, fruisce di una competenza legislativa concorrente, fra l’altro, in materia di “legislazione sociale: rapporti di lavoro, previdenza ed assistenza sociale”, con l’ulteriore limite del rispetto dei “minimi stabiliti da leggi dello Stato”; la natura di obbligazione di diritto pubblico di carattere previdenziale totalmente generata dalla legge rende il diritto del lavoratore interno al complesso dei diritti previdenziali riconosciuti al medesimo e tutelati dall’art. 38 Cost., per loro natura distinti da quelli retributivi, direttamente o indirettamente, correlati al rapporto di lavoro, e ciò comporta, inevitabilmente, che non possa farsi rientrare la medesima obbligazione, in sé considerata, nell’ambito del patrimonio personale dell’ex lavoratore che dunque non può certo disporne con atti transattivi di alcun genere;
invero, la sentenza impugnata non ha neppure considerato che per la giurisprudenza di questa Corte di cassazione (Cass. n. 6221 del 2009; Cass. n. 2483 del 1971) gli atti di disposizione, ai quali si applica la disciplina dell’art. 2113 cod. civ., debbono attenere alle mere conseguenze patrimoniali del mancato o irregolare versamento dei contributi e non già all’obbligo in sé considerato gravante sul soggetto obbligato a corrispondere i contributi all’INPS, perché quest’obbligo non può mai venir meno per effetto di pattuizioni intercorse tra il soggetto obbligato al versamento della contribuzione ed il lavoratore, essendo queste espressamente travolte dalla nullità ex art. 2115 cod. civ. ed inoperanti nei confronti dell’ente previdenziale; la sentenza impugnata, contravvenendo ai principi sin qui esposti, va dunque cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Palermo che esaminerà la domanda proposta da A.R. alla luce delle superiori considerazioni secondo le quali l’atto transattivo stipulato presso l’Ufficio provinciale del lavoro di Enna, tra lo stesso lavoratore e R. s.p.a., non ha comportato l’estinzione del diritto ad ottenere che la base di calcolo dei contributi dovuti dalla Regione Siciliana, ora R. s.p.a., per la prosecuzione volontaria dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, vecchiaia e superstiti venga determinata dall’importo dell’indennità mensile effettivamente liquidata allo stesso ricorrente;
allo stesso giudice del rinvio è pure demandato di regolare le spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Palermo che regolerà le spese del giudizio di legittimità.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 settembre 2020, n. 20913 - La transazione contenuta nella conciliazione giudiziale che ha posto fine alla lite a suo tempo promossa dal ricorrente, è sottratta, in quanto perfezionatasi in giudizio, al regime della…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 14801 depositata il 10 maggio 2022 - La produzione dell'avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 11543 depositata l' 8 aprile 2022 - In tema di sospensione del giudizio per pregiudizialità necessaria, salvo i casi in cui essa sia imposta da una disposizione normativa specifica che richieda di attendere la pronuncia…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 03 maggio 2022, n. 13935 - In tema di giudizio per cassazione, l'onere del ricorrente, di cui all'art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., così come modificato dall'art. 7 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 27 giugno 2022, n. 20610 - In caso di riforma, totale o parziale, della sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di somme in favore del lavoratore, il datore di lavoro ha diritto a ripetere quanto il…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 maggio 2020, n. 9093 - Nell'ipotesi di cessione di ramo di azienda dichiarata inefficace su domanda del lavoratore ceduto venga giudizialmente accertato che non ricorrono i presupposti di cui all'art. 2112 cod.civ.,…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…
- L’indennità sostitutiva della mensa, non avendo na
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 7181 depositata…