CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 giugno 2018, n. 16650
Tributi – Agevolazioni fiscali – Legge n. 604 del 1954 – Acquisto terreno agricolo – Status di coltivatore diretto fin dalla data della stipula dell’atto – Mancata tempestiva allegazione del certificato definitivo – Decadenza dei benefici
Rilevato che
L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Puglia, n. 3222/27/16 dep. 19.12.2016, che in controversia su impugnazione di avviso di liquidazione per imposta di registro anno 2009, ha accolto l’appello di V.B.. La CTR, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato l’illegittimità della revoca delle agevolazioni di cui alla L 60/54, invocate nell’atto di acquisto di terreno agricolo registrato il 17/12/2009, per mancata presentazione del certificato dell’Ispettorato Provinciale Agrario nel termine previsto dalla legge, in quanto il contribuente era in possesso dello status di coltivatore diretto fin dalla data della stipula dell’atto, come risulta dal certificato rilasciato dall’IPA (in data 13.10.2013).
Il contribuente si costituisce con memoria.
Il Collegio autorizza la redazione della motivazione in forma semplificata.
Considerato che
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce violazione degli art. 3, 4, 5 L. 604/1954, ex art. 360 n. 3 c.p.c., in quanto per la fruizione dei benefici richiesti dalla legge per la piccola proprietà contadina è necessario documentare la sussistenza dei requisiti richiesti per mezzo del certificato definitivo dell’IPA, che il contribuente è tenuto a presentare nel termine di decadenza di tre anni dalla registrazione dell’atto.
Peraltro la CTP aveva accertato che non era stata inoltrata la richiesta del certificato all’Ipa di Foggia.
Il motivo è fondato, in base alla giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui in tema di agevolazioni tributarie, il contribuente che intenda fruire dei benefici previsti dalla legge 6 agosto 1954, n. 604, per la piccola proprietà contadina, e che all’atto della registrazione non ha prodotto il certificato previsto dall’art. 3 I. cit., è tenuto, ai sensi dell’art. 4, secondo comma, a presentare il certificato dell’ispettorato agrario attestante il possesso dei requisiti prescritti entro il termine, stabilito a pena di decadenza, di tre anni dalla registrazione dell’atto (Cass. n. 2941 del 07/02/2018; n. 15489/2016; Cass.n.16425/2015).
A tale principio non si è uniformato il giudice di appello, avendo per contro ritenuto che lo status di coltivatore diretto, di cui il contribuente era titolare fin dalla stipula dell’atto di compravendita, in base alla certificazione dell’IPA tardivamente depositata, fosse sufficiente ad integrare il diritto all’agevolazione. Ciò senza considerare la natura perentoria – ex art.4 L. 604/54 – del termine triennale per il deposito della certificazione attestante il possesso dei requisiti per godere della detta agevolazione, e in mancanza di prova sulla addebitabilità all’Ufficio del ritardo nel rilascio della documentazione (Cass. n. 5029/12).
Si tratta di indirizzo affermato anche da Cass. nn. 9159/10, 21980/14, e più recentemente richiamato sia da Cass. n.882/16, secondo la quale “l’intempestiva presentazione del certificato definitivo di cui alla L. n. 604 del 1954, art. 3, determina la decadenza dal beneficio fiscale, a meno che il contribuente non dimostri la circostanza che il ritardo nella presentazione del certificato sia imputabile alla condotta colpevole dell’amministrazione competente al rilascio del certificato stesso”; sia da Cass. n. 117/18, la quale – nel ribadire il principio – ha osservato altresì come la (solo apparentemente) diversa regola desumibile da Cass. nn. 11610/03, e 8326/14 (richiamate dal contribuente nella memoria), nel senso della possibilità di autonomo vaglio probatorio dei requisiti agevolativi da parte del giudice tributario, non valga in via generale, ma unicamente nel caso in cui la mancata tempestiva allegazione del certificato sia – appunto – dovuta alla comprovata inerzia della PA (così Cass. 2941/2018 cit.).
Il ricorso va pertanto accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito (ex art. 384 c.p.c., 2° comma c.p.c.), con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
In relazione alla peculiarità della fattispecie, vanno integralmente compensate le spese del processo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso cassala sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.
Compensa integralmente le spese del processo.
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